Speciale The I-Land
L'isola di Netflix fatta di citazioni e... delusione
Se siete capitati in questo articolo in cerca di motivi che vi spingano a iniziare "The I-Land", la nuova miniserie Netflix uscita il 12 Settembre, siete sul sito sbagliato. Non abbiamo intenzione di mentirvi, The I-Land è un prodotto mediocre per cui non vale la pena perdere del tempo, anche se si tratta solamente di 7 episodi (sperando non decidano di farne una seconda stagione...). Nelle prossime righe vi spiegheremo perché.
Una citazione dopo l'altra
Se Lost, Hunger Games e Westworld avessero un figlio, questo sarebbe The I-Land. Ma con dei genitori così, quanto mai potrà essere difficile creare la propria identità e diventare una miniserie di successo? Cominciamo dalla trama. Dieci sconosciuti si risvegliano su un'isola deserta, senza alcuna memoria del loro passato o di come siano arrivati lì. Ognuno di loro trova accanto a sé uno o più oggetti utili alla sopravvivenza o che potrebbero rivelare indizi sulla loro attuale condizione e, sull'etichetta della loro camicia, c'è ricamato il loro nome. Questo inizio ci aveva entusiasmato e avevamo quasi perdonato all'autore le tre citazioni di Lost inserite solo nei primi venti minuti del primo episodio, ma la fiamma si è spenta praticamente subito, proseguendone la visione. Anche l'idea di un qualcosa un po' libro-game, un po' survival game ci intrigava molto, ma niente. Lo show scritto da Anthony Salter è un continuo citare lì, ispirarsi là, senza mai arrivare a nulla di concreto. In scena troviamo personaggi bidimensionali, con storie di uno spessore inesistente e caratterizzazione sottovalutata e banalizzata in quelli che sembrano gli stereotipi della società in cui viviamo. La protagonista, Chase, è quella con il background meno interessante di tutti, eppure a lei viene dato più spazio su schermo, ponendo così in ombra e in secondo piano storie e vite di gran lunga più interessanti. La serie ti accoglie a braccia aperte parlando di sopravvivenza, mistero e sci-fi per poi inciampare nei suoi stessi buchi di trama, narrazioni interrotte e mai riprese, personaggi abbandonati e dialoghi discordanti con la scena stessa.
Scarso su tutti i fronti
Non possiamo davvero dirvi di più senza spoilerare l'intera serie, anche se vi basterebbe guardare i trailer rilasciati dalla stessa Netflix per rovinarvi quel poco di suspance creata ad inizio show. Il cast è composto da semi-sconosciuti che, purtroppo, non riescono a spiccare sullo schermo se non per poche ed intense sequenze (Kate Bosworth, la Lois Lane di Superman Returns, è tra le poche che riescono a dare davvero vita al suo personaggio) e ci sentiamo quasi più soddisfatti con i giovani attori di 3%. É davvero difficile trovare dei punti di forza di cui parlarvi, semplicemente perché beh... non ce ne sono (...forse giusto la durata dell'opening). Il finale avrebbe anche potuto stupirci ma si è trascinato dietro così tanti errori di sceneggiatura che non ha fatto altro che aumentare l'amaro in bocca lasciato dall'intera serie. Persino le riflessioni morali e sociali che la serie ci vuole ispirare vengono trattate con banalità e superficialità, nonostante siano temi importanti e seri per il nostro tempo. Insomma, un "boh" dall'inizio alla fine, condito da colpi di scena - magari anche d'effetto eh - che nascono e muoiono per scioccare lo spettatore, ma senza una vera ragione d'esistere. Povera Taylor, abbandonata dagli sceneggiatori su Terra-II... Altro che Occhi del Cuore!
Cara Netflix, spiace dirlo, ma questa volta hai davvero toppato.