FIFA 18

Siamo agli ultimi minuti di gioco. Mignolet lancia lungo con le mani direttamente sui piedi di Coutinho. Lo stop è perfetto e smista subito al centro, dove trattengo la palla il tanto giusto per far salire la squadra. Con la coda dell’occhio vedo l’inserimento di Philippe sulla fascia sinistra. Mi giro e calcio verso di lui. Ho un po' di fortuna e la palla gli arriva praticamente addosso e mentre lui salta il difensore, corro verso il centro dell’area. Lui mi vede, sono libero, crossa alla perfezione ma è un po' bassa. Decido in un millesimo di secondo: chiudo gli occhi e mi tuffo verso la palla. Spero. Colpisco qualcosa, sento il rumore della palla che accarezza la rete: il rumore più bello del mondo. Sento la folla che esulta, i compagni che corrono verso di me, il portiere avversario che impreca. Abbiamo vinto la coppa. Ho vinto la coppa. E ora posso alzarmi dal divano.

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La seconda “puntata” del Viaggio inserito in Fifa 18 è meraviglioso e dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che inserire una struttura narrativa (o storytelling come direbbero quelli bravi) in un qualsiasi tipo di gioco, riesce a dare nuova linfa anche a un prodotto che altrimenti sarebbe un “semplice” gioco di calcio. Intendiamoci: Fifa 18 è una figata. Punto.  Se alla base non ci fosse un gioco solido, migliorato in ogni sua parte e divertente, nessuna struttura narrativa, per quanto raffinata e “avvolgente” potrebbe mai funzionare. Invece “Il Viaggio” è la classica ciliegina sulla torta. Migliorabile, certo, perfezionabile in alcune meccaniche e con ampi margini su cui lavorare ma per me, da due anni, Fifa è un nuovo capitolo della carriera di Alex Hunter. E non solo, come abbiamo visto quest’anno.

EA è stata infatti davvero molto scaltra nell’inserire all’interno della trama diversi “turning points” che ti consentono di prendere strade alternative, controllare altri giocatori, confrontarti con altri campionati e campioni “reali”. Tutta una serie di paletti che non solo ti fanno domandare “e se avessi fatto in un altro modo?”, ma che ti spingono anche a tornare indietro, verificare altre strade, tentare altre carriere. Le regole sono semplici: allenati bene, gioca al meglio e non fare lo stronzo. O almeno, non troppo. L’equilibrio psico/fisico del giocatore è ben delineato, i rapporti con i compagni di squadra e con il mister è proposto in modo credibile, per quanto ovviamente previsto da variabili non umane. Ci sono gli infortuni, le vite personali, le pressioni esterne, le amicizie importanti, gli intrighi di mercato.

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Il dedalo di interviste, colloqui con il mister e con i compagni di squadra, la possibilità di avvalerti della collaborazione di un top player (che tu stesso puoi scegliere) ma che potrebbe essere anche un tuo antagonista, sono tutte attività che formano un’esperienza di gioco davvero totale e che ti costringono (ma qui la costrizione è davvero piacevole) a superare prove e allenamenti che altrimenti non avresti mai fatto. Ammettiamolo: sono davvero pochi quelli che affrontano sul serio tutti quei mini giochi del cavolo tra un caricamento e l’altro: “Se devo imparare a giocare sul serio, preferisco imparare direttamente sul campo”. E’ questo il pensiero collettivo. E invece no: Il Viaggio ti prende per mano e ti rende “digeribile” anche cose che non faresti mai e che, almeno per me, sono servite a essere meno scarso di quello che sono.

E poi c’è il coinvolgimento del campo, dove c’è la mia responsabilità di giocatore nei confronti dei miei compagni (non controllo mai tutto il team ma solo il mio player), e quella responsabilità la sento. Se sbaglio mi arrabbio, se non mi passano la palla cerco di smarcarmi meglio, se il mio compagno sbaglia un filtrante decisivo vorrei attaccarlo al muro. Se segno, esulto. E non è la stessa cosa che mi accade quando a gioco a Fifa “normale”, meno che mai con FUT, che personalmente non sopporto (ma è un limite mio, intendiamoci). Così invece è un’altra cosa. Lo so che è un po' prendersi per i fondelli e lo so che non è come essere in campo, non mi illudo, ma è la prospettiva migliore, stando sul divano.

E il futuro potrebbe essere ancora migliore. Il viaggio di Hunter potrebbe portarlo anche in altri campionati. Quest’anno l’abbiamo visto volare negli USA (paraculata geniale per aumentare la fanbase a stelle e strisce), ma sarebbe potuto rimanere in Inghilterra per poi tentare la carriera in Spagna, Germania, o Francia. L’anno prossimo ci potrebbe essere anche l’Italia nel mirino e, finalmente, giocare la Champions League (o il suo surrogato, dal momento che EA non detiene i diritti) e con il mondiale alle porte, potrebbe anche esserci un’aggiunta al Viaggio per portarlo a giocare per la sua nazionale.

Insomma, brava EA, sei riuscita a migliorare un prodotto già perfetto e renderlo appetibile anche per chi cerca qualcosa in più al “solo” gioco di calcio. E, ovviamente, buon Viaggio a tutti.

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