Eve, Bayonetta e le altre: quando la lotta alla sessualizzazione diventa una battaglia di cui si sono persi i confini

Galeotto fu Stellar Blade e chi lo produsse!

Eve Bayonetta e le altre quando la lotta alla sessualizzazione diventa una battaglia di cui si sono persi i confini

Galeotto fu Stellar Blade e chi lo produsse. L'action GdR dello studio di sviluppo coreano Shift Up è solamente la coda di un discorso che si trascina avanti da tempo e che soprattutto negli ultimi anni ha trovato ancora più eco: la sessualizzazione/oggettificazione del corpo femminile. Inutile negare che la campagna promozionale del gioco vertesse molto sul personaggio di Eve e sulle sue forme, a detta di alcuni messe talmente in evidenza al punto da focalizzare l'attenzione su quello, non su ciò che Stellar Blade ha da offrire: personalmente non l'ho ancora giocato, quindi non posso esprimermi in merito al gameplay, ma l'aspetto innegabilmente provocante di Eve balza all'occhio in un attimo.

Che problema ci sarebbe? Nessuno, se non fosse per il fatto che l'internet, tramite soprattutto i social media ma anche articoli online fortemente discutibili oltreoceano e non, ha ingigantito una questione sulla quale a mio parere si poteva passare sopra senza dedicarci più di un minuto. Non è facile dire dove sia cominciata, se da un pubblico che, esacerbato da un certo appiattimento del concetto di sensualità nelle produzioni più recenti, ha eletto Stellar Blade a proprio vessillo o dalle testate online stesse che hanno posto l'accento sul personaggio di Eve e sull'oggettificazione a uso e consumo dello sguardo maschile. Quale che sia stato l'innesco, prevedibilmente si è trasformata in una guerra tra poveri dove tuttavia non si può ignorare la pessima figura fatta da un certo tipo di giornalismo e firme che, nel web, sono note per avere degli evidenti doppi standard e basare molti dei propri pezzi – nonché post social – tanto sulla polemica quanto sulla glorificazione sterile. Non starò a fare nomi perché non è questo, o almeno non solo questo, il punto del discorso: certamente c'è la necessità che chi si occupa di informare sia in grado di farlo, persino quando scrive un editoriale che, per sua natura, contiene opinioni personali e dunque più o meno gradite. Sappiamo tutti che occorre generare click ma ci sono modi meno volgari di quelli che mi è capitato di leggere.

Eve, Bayonetta e le altre: quando la lotta alla sessualizzazione diventa una battaglia di cui si sono persi i confini

Perché tanto clamore?

Quello che mi chiedo io, da giocatrice e persona prima ancora che donna, è il senso di tutto ciò. Se all'inizio ho guardato con una certa curiosità al passaggio da eroi ed eroine (in particolare, essendo la rappresentazione femminile il centro nevralgico) ideali nella loro perfezione a personaggi con i quali è più facili relazionarsi esteticamente, adesso mi rendo conto che il continuo strizzare l'occhio degli sviluppatori o dei publisher a questa o quella parte è diventato stucchevole: si parla tantissimo di inclusività ma è proprio qui che io fatico a capire. In che modo vedere qualcuno di identico a me, sullo schermo, dovrebbe farmi sentire più partecipe alle sue avventure o più considerata? Essendo il videogioco una forma di escapismo, se proprio, io non vorrei ritrovare uno specchio della realtà, né dei miei eventuali problemi, per il solo gusto di inserirli: se voglio staccare dalla mia quotidianità, certo non mi aspetto di ritrovarla una volta accesa la console o il PC. A farmi sentire partecipe di un momento, una storia o dell'emotività di un personaggio dev'essere la messa in scena: quello che c'è sotto e li anima, non la patina sbiadita di una rappresentazione che non potrà mai accontentare tutti. A meno che un videogioco non voglia raccontare una situazione specifica e dunque farsi voce di qualcosa, come potrebbe essere Tell Me Why di Don't Nod che pure non ho sopportato proprio per la rappresentazione di parte di cui godeva il personaggio di Tyler, non c'è motivo per incollare ai personaggi etichette – estetiche o della personalità – che inaspriscono soltanto un contesto già di per sé precario figlio da un lato della paranoia del pubblico e dall'altro dell'opportunismo delle aziende.

È un discorso e un punto di vista complesso da spiegare, ma circoscrivendolo al corpo femminile e al concetto di sessualizzazione/oggettificazione, sono parametri impossibili da standardizzare e per questo da non prendere in considerazione a meno che non ci si trovi di fronte a casi davvero palesi. Qual è il confine che separa un corpo sessualizzato da uno “morigerato”?
I centimetri di pelle esposta? Le forme/curve più o meno abbondanti? Gli sguardi lascivi? Le movenze, intese sia come il semplice camminare che le acrobazie provocanti in stile Bayonetta?
E come facciamo a distinguere, noi che guardiamo senza aver ancora provato il gioco, se si tratta di una sessualizzazione consapevole o di una tanto per fare? In quanti, prima di giocare Bayonetta che oggi viene elevata a modello di donna in controllo della propria sessualizzazione, hanno potuto dire con certezza che fosse davvero così e non una scelta fatta semplicemente per attirare più pubblico?

Io per prima ho aspettato a giocarlo, convinta che fosse solo un Devil May Cry al femminile senza nulla che potesse farmi davvero piacere il personaggio oltre un'estetica che comunque apprezzavo. Perché, esattamente come Eve, il marketing di Bayonetta era tutto incentrato sull'aspetto e, nel caso specifico, sull'atteggiamento provocante della protagonista. Riguardate il trailer del 2008, inseritelo poi nel contesto odierno: siete sicuri che avremmo ottenuto una reazione diversa da quella di Stellar Blade? Io dico di no, perché attorno al corpo della donna si è creata una forma di isteria, appoggiata dalle già menzionate testate online e da alcuni esponenti sui social, che selettivamente sceglie cosa sia sessualizzato e cosa no su basi che ancora fatico a comprendere.

>

Non ci troveremmo, altrimenti, lodi sperticate al design dei personaggi di Hades II o verso quanto siano ninfomani i personaggi di Baldur's Gate 3. La sessualizzazione non è qualcosa che può essere stabilito a tavolino, non esiste un parametro che indichi quando fermarsi al di fuori di quello che porta qualsiasi prodotto a sfociare nel porno: Eve non è meno sessualizzata di Bayonetta, anzi direi che la seconda vince senza sforzo, è solo capitata in un periodo dove il corpo femminile non può essere sessualizzato e dove il modello di donna forte (o personaggio femminile positivo, dipende) è diventato uno stampino sul quale le grandi produzioni, principalmente occidentali questo va detto, basano negli ultimi anni i loro personaggi spesso senza offrire loro alcuna sostanza.
Non è l'aspetto estetico a fare di un personaggio chi è, al di là di un primo superficiale sguardo: quello serve a renderceli più o meno gradevoli in base a gusti che sono del tutto personali e, ancora, non possono ergersi a parametro collettivo. Io preferisco Afrodite di Stray Gods rispetto a quella di Hades II ma questo non rende il lavoro di Supergiant in qualche modo inferiore, o il futuro gioco meno gradevole. Esattamente come Eve non avrebbe dovuto essere fonte di dibattiti sterili, che pure Bayonetta – oggi ipocritamente celebrata – ha vissuto a suo tempo sebbene con molto meno fervore.

Una questione di percezione

A meno che non ci sia un'intenzionalità palese, la sessualizzazione e oggettificazione di un corpo femminile dipende da una percezione personale alla quale fa seguito il gradimento o il fastidio. Per restare nel discorso legato a Shift Up, io non gradisco il character design dei personaggi femminili di Goddess of Victory: Nikke per una semplice questione di armonia e proporzioni (al che potreste controbattere che ho vita difficile con la maggior parte delle produzioni coreane/giapponesi). Il seno così esagerato mi infastidisce per la sua assurdità, nient'altro, e a domanda sul fatto che siano o no sessualizzati rispondere di sì: lo sono, proprio come in modo diverso lo è stata Bayonetta  e lo è ora Eve. Questo perché la sessualizzazione, si torna sempre lì, non è standardizzata e si può esprimere in diversi modi, più o meno eleganti o provocatori senza che per questo siano denigratori verso le donne. Nikke risponde a un certo tipo di pubblico, Bayonetta a un altro, sempre soffermandoci sul lato estetico. Se poi i personaggi femminili di Nikke abbiano profondità e personalità non so dirlo, non è un gioco che fa per me e non sono intenzionata a provarlo al di là dell'aspetto dei personaggi.

Ci sono invece casi dove l'esagerata sessualizzazione non mi crea problemi, dopo magari un primo momento di straniamento: come in Dragon's Crown, di Vanillaware. Tutti i suoi personaggi sono sopra le righe esteticamente parlando, e passiamo da un estremo fortemente sessualizzato come la strega che mi fa sorgere non poche domande sulle leggi della fisica a un altro come quello dell'amazzone in cui il seno non è certo la prima cosa che si nota, pur essendo esposto. Maschi e femmine rispondono a una scelta stilistica quasi caricaturale, nella loro enfasi, e nemmeno troppo alla lunga ho smesso di interessarmene per continuare a divertirmi con un'esperienza che, se mi fossi fermata al semplice lato estetico, forse non avrei avvicinato nemmeno con un bastone.
Di contro ci sono anche situazioni à la Dead or Alive 6, dove la sessualizzazione è evidente ma la si accompagna con una serietà che poco si confà al contesto, specialmente se in momenti ritenuti appunto seri il focus resta sul seno di un personaggio o sulla fisica che lo muove. In quel caso me ne sono accorta e l'ho trovato fastidioso ma, di nuovo, non perché va a detrimento della donna bensì perché erano due aspetti in netto contrasto tra loro al punto da essere ridicoli. Né mi ha impedito di giocare fino alla fine, dando la giusta considerazione a un tentativo di serietà non del tutto riuscito.

Eve, Bayonetta e le altre: quando la lotta alla sessualizzazione diventa una battaglia di cui si sono persi i confini

Eve, Bayonetta e le altre: quando la lotta alla sessualizzazione diventa una battaglia di cui si sono persi i confini

Il discorso ovviamente si estende in modo simile anche ai personaggi maschili e, per quanto mi riguarda, ruota attorno a un unico concetto: il gradimento personale. Che come tale, non può essere elevato a paradigma. Ciò che piace a me non è detto piaccia a qualcun altro, esattamente come la mia concezione di sessualizzazione potrebbe non corrispondere a quella di qualcun altro. Almeno fin quando si resta nei parametri del buon senso e non si lanciano accuse a destra e a manca. In particolare in un contesto sociale, soprattutto statunitense al quale piace tanto dettare legge per altri su cosa sia moralmente accettabile e cosa no, che ben poco fa per combattere tale sessualizzazione. Dovremmo smetterla di parlare per vuoti slogan e tornare a lasciare liberi gli sviluppatori di fare il loro lavoro, senza scatenare ridicole battaglie ancor prima di avere conferma del valore di un gioco.