Diablo IV, Stagione 11: il ritorno della narrazione, il Paladino e la nuova rotta verso Mephisto
Tra Doni Divini, Santificazione e il ritorno dei Maligni Minori con Azmodan, Blizzard prova a rendere la stagione più “piena” e a preparare Lord of Hatred, in uscita il 28 aprile 2026

Con l’annuncio di Diablo IV: Lord of Hatred (uscita prevista 28 aprile 2026), Blizzard sembra voler rimettere al centro un punto che negli ARPG moderni viene spesso trattato come accessorio: una linea narrativa riconoscibile, capace di creare suspense e di dare un senso di progressione anche quando il gioco, per sua natura, si basa su cicli stagionali che si ripetono praticamente all'infinito.
In questo caso però, a differenza del terzo capitolo del franchise, Blizzard ha voluto aggiungere elementi di contorno mirati, cercando di cavalcare i contenuti stagionali inserendoci anche elementi di storia, così da far progredire la storia del mondo e creando un contesto riconoscibile per garantire al giocatore la voglia di tornare a Sanctuarium. Da quando abbiamo accolto lo Spiritborn tra le classi giocabili, abbiamo visto anche tornare a galla una minaccia piuttosto intrigante rappresentata da uno dei Primi Maligni, cioè Mephisto.

In termini semplici, si è passati da una narrazione che poteva essere percepita come “contenuto di contorno” a un percorso più diretto, in cui alcuni eventi e alcune rivelazioni hanno rimesso Mephisto al centro dell’orizzonte, facendo prendergli il posto del compianto Diablo.
In questa chiave, Lord of Hatred si presenta come un passo successivo coerente: se il ciclo precedente ha fatto riaffiorare il Primo Maligno e ha riportato la saga su un binario più compatto, i cicli stagionali e l’espansione in sè sembrano voler capitalizzare quel lavoro e trasformarlo in una campagna che non si limita a offrire “un altro capitolo”, ma prova a organizzare l’esperienza attorno a un antagonista che funziona bene proprio perché non è soltanto un bersaglio finale.
Mephisto, per definizione, non è il tipo di nemico che vive solo nello scontro conclusivo: è un agente narrativo che agisce tramite logoramento, contaminazione, conflitto tra alleati, tensione tra ciò che si desidera e ciò che si è disposti a sacrificare per ottenerlo. Mi sembra quasi di essere tornato a rileggere la trilogia delle Guerre del Peccato, e verso Blizzard ho solo da recriminare il fatto che dovrebbero scrivere molte più linee di dialogo nel gioco e molti più libri.
È in questo quadro che la Stagione 11 assume un ruolo più interessante del solito: non soltanto una parentesi di meccaniche, ma un possibile ponte tra ciò che è stato riesumato e ciò che potrebbe essere il nuovo sviluppo di una storia che ormai ha compiuto più di vent'anni.
Il ritorno del paladino: la classe perfetta per scontrarsi contro Mephisto
L’arrivo della classe Paladino in Diablo IV è interessante soprattutto se lo si guarda con la lente di Diablo II, perché è lì che questo archetipo ha fissato una grammatica molto precisa, e non parlo solo di estetica o nostalgia, ma proprio di come ti faceva giocare. Nel secondo capitolo del franchise il Paladino era, prima di tutto, un personaggio di “supporto”: non viveva soltanto di colpi in mischia, ma di una logica di aiuto e controllo che ruotava attorno alle aure, cioè potenziamenti attivi e costanti che cambiavano la presenza del personaggio sul campo.
In Diablo IV l’impostazione è un po' diversa, ma impara dal passato per riscrivere in termini moderni tutte quelle build che abbiamo consumato nel gioco. La prima che mi viene in mente è la Hammerdin, ma oggi troviamo anche interessanti rotation che puntano sul riflettere semplicemente il danno oppure sul tenere il controllo del campo con abilità AoE. Le abilità, quindi, non sono la copia carbone delle aure di Diablo II, ma la loro evoluzione naturale dentro un sistema più dinamico. È una differenza importante, perché chiarisce che non stiamo parlando di un ritorno 1:1 della classe così com'era, ma di un prodotto che ha subito un'evoluzione prendendo qualcosa anche dal Crociato di Diablo III.
La sensazione è che Blizzard abbia scelto di riprendere il Paladino proprio perché è un simbolo immediato del mondo di Diablo II, e perché si aggancia bene a un ciclo in cui torna centrale Mephisto, quindi a una fase della saga che vuole riprendere un tono più cupo e più “serio”. E se devo dirla nel modo più semplice possibile, è questo che rende il Paladino interessante: non solo perché è una classe che molti volevano, ma perché, quando funziona, ti fa percepire una cosa che Diablo II faceva benissimo: farti sentire dentro un mondo vivo e reattivo.

Cosa funziona davvero nella Stagione 11: sistemi che si parlano, progressione più pulita e contenuti che dialogano tra loro
La Stagione 11 funziona quando smette di essere una parentesi separata dal resto di Diablo IV e diventa, invece, una stagione che rimette ordine: non si limita ad aggiungere una meccanica “nuova”, ma prova a far sì che il tempo speso abbia più continuità, più senso di avanzamento e meno sensazione di ripetizione fine a sé stessa. Il punto di partenza più evidente è la rielaborazione della progressione degli oggetti, dove Tempra e Rifinitura vengono finalmente rese leggibili anche per chi non vuole studiare sistemi come se fossero un regolamento: la prima riguarda la personalizzazione, cioè scegliere che tipo di potenziamento applicare, la seconda riguarda la crescita “di prestigio”, cioè portare un oggetto verso una versione più alta e più solida di sé.
Sulla Tempra, la differenza concreta è che non stai più inseguendo una lotteria: ora selezioni l’affisso che vuoi applicare tramite una Ricetta di Tempra e lo ottieni in modo diretto, accettando un compromesso chiaro, cioè che l’oggetto può avere un solo affisso temprato, con la possibilità che sugli oggetti ancestrali quel temprato venga persino elevato a Affisso superiore. Il fatto che le Cariche di Tempra si possano ripristinare senza limiti cambia anche il tono dell’esperienza, perché la personalizzazione non è più un tentativo a fondo perduto, ma un lavoro che puoi rifinire finché non senti di aver trovato la combinazione giusta. La Rifinitura, invece, segue un percorso più lineare e “misurabile”: è basata sulla qualità dell’oggetto e aumenta danni base, armatura o resistenze, oltre a migliorare gradualmente i valori degli affissi, fino al limite massimo, dove puoi tentare l’ultimo salto con un bonus Spedizione principale che potenzia in modo importante un affisso; e qui la scelta di permettere il ricalcolo senza azzerare la qualità già ottenuta evita quella frustrazione tipica da ARPG in cui senti di aver buttato via ore per un singolo esito sbagliato. Anche l’aumento degli affissi base sugli oggetti non unici, da tre a quattro, va nella stessa direzione: rende più credibile la ricerca del pezzo “giusto” e prepara il terreno a un sistema come la Santificazione, che chiede un gesto definitivo e quindi ha bisogno, prima, di darti oggetti che valga davvero la pena “chiudere”.
Accanto agli oggetti, la stagione lavora sul combattimento in un modo meno appariscente ma più utile, perché rivede il comportamento dei mostri e il peso degli affissi per rendere gli scontri meno prevedibili: i nemici hanno ruoli più chiari, reagiscono in modo più dinamico, e gli élite che generano servitori che ereditano parte dei loro affissi alzano la pressione in modo semplice ma efficace, dato che ti costringono a leggere la situazione invece di trattare ogni gruppo come un bersaglio da spazzare via senza pensarci. Qui il risultato non è “più difficile” in senso assoluto, è più coerente: il gioco ti chiede attenzione quando serve, e questo fa sì che la crescita del personaggio venga percepita come reale, perché se il mondo non reagisce, anche l’aumento di potere perde valore.
Il terzo elemento, quello che rende la Stagione 11 più viva del solito, è il ritorno dei Maligni Minori come presenza distribuita e riconoscibile nelle attività, con Azmodan che completa il quadro: non sono più soltanto nomi da evocare in un contesto separato, ma influenze che entrano nelle modalità di gioco e ne cambiano ritmo e priorità, così che tu abbia un motivo pratico per alternare contenuti diversi invece di fare sempre e solo la stessa cosa. Azmodan diventa un boss mondiale permanente e può anche essere evocato in un punto specifico, con ricompense legate all’Essenza Corrotta, mentre Duriel e Belial entrano in modo più organico nei loro contesti, Marea Infernale e Fossa, e Andariel trova spazio nella Città Sotterranea, con meccaniche e ricompense che spingono a rientrarci. È un incastro semplice da capire anche per chi legge: non è “un’attività in più”, è un modo per far dialogare attività già esistenti, dando loro una ragione di essere nel percorso stagionale.

Su questa struttura si appoggiano i Doni Divini di Hadriel, che hanno un pregio raro: si spiegano in due righe e poi si capiscono giocando. Ogni Dono ha una ricompensa e due varianti, una Corrotta e una Purificata, quindi la scelta è concreta, più rischio con un effetto negativo oppure più sicurezza con un effetto positivo, e il potenziamento progressivo crea un incentivo naturale a ruotare tra contenuti diversi. In pratica, non fai più solo Fossa o solo Marea Infernale “perché conviene”, ma alterni attività con un obiettivo leggibile, e questo, in un ARPG stagionale, vale più di molte promesse.
Quando poi vuoi chiudere il cerchio sull’equipaggiamento, entra la Santificazione come ultimo gradino: può aggiungere un bonus, elevare un affisso, introdurre affissi speciali, perfino radicare poteri molto rari, ma lo fa con una regola seria, perché l’oggetto diventa non modificabile, quindi è una scelta da fare quando senti che il pezzo è davvero quello giusto, non quando stai ancora sperimentando. E, sullo sfondo, la ristrutturazione della progressione stagionale tramite il Grado della Stagione rende il percorso più ordinato, con ricompense funzionali e obiettivi scanditi, mentre i cambiamenti a difesa e guarigione provano a dare più peso alla sopravvivenza: qui è importante chiarire una cosa per il lettore, perché il termine può confondere, la Tempra citata prima riguarda il potenziamento degli oggetti, mentre la Tempra come caratteristica difensiva è un indicatore che riassume, in modo più immediato, quanta “tenuta” reale ha il personaggio dopo le mitigazioni.
Versione Testata: PC

Diablo IV
La Stagione 11 mostra un Diablo IV più consapevole: meno trovate isolate e più sistemi che si parlano, tra Doni Divini, Santificazione e ritorno dei Maligni Minori con Azmodan. La progressione degli oggetti diventa più leggibile e più gratificante, perché Tempra e Rifinitura riducono la sensazione di “lotteria” e rendono più chiaro quando un pezzo merita davvero di essere chiuso. Il Paladino riaccende l’immaginario classico e porta pubblico, ma apre anche un tema delicato: se la potenza percepita supera troppo quella delle altre classi, si rischia di accorciare l’esperienza e falsare i confronti. Il vero banco di prova sarà mantenere varietà e comprensione, non soltanto velocità di crescita.


