Fuoco e cenere sul red carpet italiano di Avatar: le interviste al cast “infuocato” del film di James Cameron
Dal red carpet italiano di Avatar: Fuoco e Cenere, gli attori del film raccontano set, personaggi e il lungo viaggio che ha portato al terzo capitolo della saga.
Fiammate che si alzano lungo tutto il red carpet, vapore che fuoriesce dalla sommità di un vulcano alto fino alla cupola di vetro dell’atrio del cinema Arcadia di Melzo: per il debutto italiano di Avatar: Fuoco e cenere, Pandora ha preso forma a pochi chilometri da Milano in un’anteprima nazionale di alto livello. Un allestimento spettacolare, pensato per restituire fin dall’ingresso l’immaginario di questo nuovo capitolo della saga di James Cameron e trasformare la première in un vero grande evento a tema “fuoco e cenere”.
A Milano è arrivato il cast americano del film, riunito per raccontare Fuoco e cenere e il lungo viaggio che ha portato alla nascita del terzo capitolo di Avatar. Sul tappeto rosso si sono ritrovati i volti storici della saga, come Sam Worthington e Stephen Lang, accanto alle nuove leve entrate nel franchise da giovanissime e oggi cresciute insieme ai loro personaggi. Una presenza corale che racconta bene la natura di Avatar: un progetto che attraversa gli anni, le tecnologie e le vite di chi lo interpreta.
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Durante gli incontri con la stampa, gli attori hanno ripercorso il lavoro sul set, l’evoluzione dei personaggi e i ricordi legati a un’esperienza durata anni, tra performance capture, riprese in Nuova Zelanda e un coinvolgimento fisico ed emotivo fuori dal comune. Dal rapporto tra Trinity Jo-Li Bliss e Oona Chaplin nella costruzione della nuova villain Varang, alle riflessioni sulla complessità morale dei personaggi e sull’idea di cinema come esperienza immersiva, ecco cosa chi ha raccontato il cast di Avatar: Fuoco e cenere sul red carpet del film.
Jack Champion sulle riprese “da umano” in Nuova Zelanda
Quando il mio personaggio era Na’vi, nel secondo film, ho lavorato per due anni in performance capture insieme al cast: eravamo tutti lì, completamente immersi in questa tecnica recitativa e tecnologia così particolare
Poi sono andato in Nuova Zelanda per girare praticamente tutte le parti in live action che si vedono in questo film. Invece di essere in uno spazio grigio, eravamo su veri set: su un palco con muschio vero, erba vera, tronchi su cui potevo fare parkour. Avevo una parrucca, il costume, il perizoma.
La differenza più grande, per me, è stata non avere altri attori con cui recitare direttamente, a parte la troupe, che è stata incredibile nel darmi il massimo supporto. Ho dovuto recitare basandomi sulle performance che gli altri avevano fatto anni prima, con James che mi aiutava a “dialogarci” mostrandomela su un iPad. Quindi spesso recitavo con pupazzi o palline da tennis come unico riferimento. È un lavoro che sviluppa tantissimo l’immaginazione interiore.
Avevo freddo praticamente ogni giorno. Però impari a conviverci. Il corpo umano è incredibile, è adattabile. Appena il mio corpo ha capito che ero in un ambiente freddo ogni giorno, per qualche motivo ha iniziato a “scaldarsi” da solo. Ho iniziato quasi a sentirmi più calda, e alla fine mi sono semplicemente abituata.

Stephen Lang su cosa significhi interpretare un villain
Più un personaggio è complesso, più è interessante da interpretare. Più è complicato, più ampia è la tavolozza, più colori puoi usare per raccontarlo, e questo lo rende stimolante sia per un attore sia per il pubblico.
Se ho un desiderio, è quello di non essere facile da amare né da odiare nei panni del Colonnello Miles Quaritch. Non so se il pubblico amerà di più il personaggio in questo terzo film, e non è qualcosa che lui o io stiamo necessariamente cercando, ma sono curioso di conoscere le reazioni.
Credo però che il personaggio presenti un certo livello di carisma e che abbia sempre avuto qualità molto apprezzabili. È un leader efficace, guida dal fronte dell’azione, dimostra coraggio, è leale rispetto alla sua specie e ai suoi sottoposti. Sono caratteristiche che non vanno sottovalutate.
Sam Worthington sull’università del pubblico di Avatar
Non credo ci sia alcuna differenza quando si parla di Avatar tra una nazione e l’altra, tra Stati Uniti e resto del mondo. Speriamo di aver raccontato una storia universale, un film che parla di connessione tra esseri anche molto diversi,di come siamo tutti uniti su questo pianeta, ed è un tema che, spero, risuoni ovunque.
Forse è per questo che, quando viaggio per il mondo, non importa dove mi trovi – Milano, Australia, America, Indonesia – m’imbatto sempre in qualcuno che ha visto Avatar o che ne è stato in qualche modo toccato. Speriamo di poter continuare a mantenere viva questa connessione.

Bailey Bass su chi sia James Cameron per la Gen Z
Quando si dice che Avatar è qualcosa di diverso da qualsiasi altro film, non ci si riferisce soltanto ai progressi tecnologici. Quello è il lavoro di James Cameron, è ciò che fa meglio. La vera differenza sta nella connessione emotiva: abbiamo un tempo enorme da trascorrere con i personaggi e questo li rende più reali rispetto a quelli di molti altri film. Sono entusiasta che il pubblico torni al cinema per scoprire cosa accade quando i clan Na’vi affrontano la distruzione.
Parlando dell’esperienza del cinema per le nuove generazioni, credo sia fondamentale che registi e creatori continuino a rompere i confini, ad aprire nuove porte e a raccontare storie che non abbiamo mai visto prima. Siamo su questo pianeta da moltissimo tempo e ci sono ancora tante storie da raccontare. Hollywood non è finita: si tratta solo di dare le opportunità giuste alle persone giuste, e Jim continua a farlo attraverso il cast che sceglie.
Una delle cose che amo di più di Avatar è lavorare in un ambiente così inclusivo, con tante persone di colore davanti e dietro la macchina da presa. La saga ci permette di vedere raccontate storie molto diverse all’interno di un universo vastissimo, ed è questo che la rende qualcosa di davvero speciale.
Trinity Jo-Li Bliss sulla cattiva del film Varang
Stamattina in conferenza stampa parlavamo di empowerment femminile, ed è un tema che trovo davvero bellissimo. In Avatar: Fuoco e cenere non ci sono solo guerriere “dal lato giusto”, ma anche dal lato opposto, e credo che il pubblico sarà entusiasta di scoprire questo nuovo clan, quello della Cenere, e questa nuova antagonista.
Varang è un personaggio che odi amare e ami odiare allo stesso tempo: tutto è intrecciato, ed è proprio questo a renderla così magnetica. È una figura potentissima e, ogni volta che è sullo schermo, non riesco a distogliere lo sguardo.
Come attrice e come persona, ho adorato lavorare con Oona Chaplin, che interpreta Varang. È un’attrice incredibile: il modo in cui riesce a passare dall’essere una spalla su cui piangere a diventare la persona che ti spezza il cuore è straordinario. Conservo con affetto tutti i ricordi del lavoro con lei e non vedo l’ora che il pubblico possa finalmente scoprire Varang e la sua furia, perché è qualcosa di davvero travolgente.
























