Nessuno ci ha visti partire su Netflix: il dramma messicano basato su una storia vera

La protagonista lotta per riavere i figli rapiti dal marito nella comunità ebraica messicana degli anni '60. Miniserie Netflix in cinque episodi tratta dal memoir di Tamara Trottner.

di Maurizio Encari

Messico, 1964. Valeria Goldberg è una giovane madre ebrea intrappolata in un matrimonio combinato - e senza amore - con Leo Saltzman, figlio un potente uomo d'affari a capo di una delle famiglie più influenti della comunità ebraica locale. Le nozze sono state architettate dai rispettivi genitori, con il rapporto tra i due sposi caratterizzato da freddezza emotiva e incomprensioni crescenti. Nonostante la nascita dei loro figli, Tamara e Isaac, che rappresentano l'unico elemento di felicità, la loro unione rimane solo sulla carta.

In Nessuno ci ha visti partire scopriamo all'inizio del film come l'uomo abbia deciso, su spinta dell'oppressiva figura paterna, di rapire i bambini e condurli con sé all'estero per sottrarli al controllo della madre. Il motivo verrà ben presto svelato, dovuto al tradimento di lei con il cognato, il marito della sorella di Leo. Una redazione extraconiugale che rischiava di provocare uno scandalo di grosse proporzioni e che porterà i due coniugi a una serie a fuggire e inseguirsi per mezzo mondo, con l'incolumità e la psiche dei piccoli che si ritrova profondamente scossa da quella situazione a dir poco complessa tra i genitori.

Il gioco della verità

I cinque episodi di Nessuno ci ha visti partire sono tratti dal memoir autobiografico Nadie nos vio partir di Tamara Trottner, che all'epoca degli eventi realmente accaduti aveva appena cinque anni. L'autrice ha raccontato in quelle pagine tormentate, diventate un grande successo soprattutto in patria, la propria esperienza di bambina strappata alla madre e portata non in uno ma in più Paesi stranieri, sotto la bugia che la donna li aveva intenzionalmente abbandonati perché non li amava.

Alle redini del progetto, distribuito in esclusiva nel catalogo di Netflix, troviamo Lucía Puenzo, stimata regista e sceneggiatrice argentina apprezzata dal pubblico cinefilo per film come XXY (2007) e The German Doctor (2013), che qui funge da showrunner nonché dietro la macchina da presa di due puntate.

Ma lo script, per circa tre ore e mezza di durata complessiva, non funziona del tutto: pur trattando una storia innegabilmente drammatica e basandosi su figure esistenti, opera una selezione emotiva dei vari personaggi che risulta fondamentalmente raffazzonata sul piano narrativo ed emotivo. Si giustificano troppo certi errori mentre se ne condannano altri senza appello, sbilanciando sin da subito il tono sulla missione di Valeria, pur co-colpevole come i suoi familiari più stretti di quanto sta capitando. Ovviamente Leo si assume delle responsabilità ben più gravi, ma il tono accusatorio sembra dimenticare le premesse alla base di certe traumatiche scelte.

Un contesto poco realistico ma ben realizzato

Le conseguenze dell'adulterio da parte di lei, in una società come quella degli anni Sessanta ben più retrograda, vengono rese in maniera ben più che patinata, presentate come atto di emancipazione piuttosto che di un tradimento dalle conseguenze devastanti per tutti i coinvolti, bambini stessi in primis. Dall'altra parte, Leo viene dipinto come una figura debole e succube di quel padre-padrone, un uomo incapace di pensare autonomamente che agisce unicamente per compiacerlo, in un insieme profondamente sbilanciato. Si lasciano da parte le contraddizioni per concentrarsi su un femminismo di facile presa, ma di poca sostanza.

Sul piano tecnico, Nessuno ci ha visti partire è indubbiamente un'operazione ben realizzata, con una ricostruzione storica accurata e dettagliata, con costumi, scenografie e ambientazioni che ci accompagnano in giro per il mondo. La fuga infatti condurrà i protagonisti in Francia, in Italia, in Sudafrica e addirittura nei kibbutz israeliani, evitando anche qua argomenti spinosi e contemporanei in favore di una superficie alquanto scontata.

Il formato limitato - cinque puntate da circa 50 minuti ciascuna - dovrebbe garantire una narrazione densa e priva di tempi morti, portando però al contempo a delle semplificazioni eccessive e a degli sviluppi narrativi che sembrano troppo rapidi o convenienti, per quanto o meno attinenti con la veridicità di quanto successo effettivamente.