Aileen: storia di una serial killer: un true crime d'ordinanza su Netflix

Il documentario ci accompagna a scoprire la vera storia della serial killer Aileen Wuornos, già raccontata nel film Monster (2003) con Charlize Theron. Su Netflix.

di Maurizio Encari

Difficile ormai trovare un nuovo documentario a tema serial killer che abbia effettivamente qualcosa di nuovo da dire. Ciò nonostante il true crime, sia nelle sue forme di repertorio che negli adattamenti romanzati, continua a conquistare il pubblico del mercato streaming e a dominare le classifiche Netflix, con variazioni più o meno riuscite.

È proprio in questo contesto apparentemente saturo ma a conti fatti sempre redditizio che si inserisce Aileen: storia di una serial killer, diretto da Emily Turner e prodotto dalla BBC Studios Documentary Unit in collaborazione con NBC News Studios. Un'operazione che si promette di riesaminare il caso di Aileen Wuornos, la serial killer donna che tra il 1989 e il 1990 uccise sette uomini in Florida, a quasi quarant'anni di distanza dai fatti, tramite materiale d'archivio inedito e nuove interviste. Un'operazione competente ma emotivamente ambigua, che oscilla tra l'intento dichiarato di dare complessità alla figura di Wuornos, e arrivare o meno a comprenderla, e la tentazione persistente di sfruttarne la storia per quel baraccone mediatico che il film stesso dichiara di voler mettere alla berlina.

Aileen: mostro o vittima?

All'inizio della visione ritroviamo immagini sgranate, che riprendono Aileen Wuornos in manette, nel braccio della morte in attesa della sua condanna. È il 1991 e l'America sta facendo i conti con una serial killer donna, una prostituta assassina che sovverte tutti gli stereotipi di genere legati all'omicidio seriale. I titoli dei giornali la trasformano immediatamente in un personaggio da tabloid, ma i cento minuti del film intendono consegnarci un'altra storia.

Chi era davvero Aileen Wuornos prima che il sistema giudiziario, i media e la cultura popolare la trasformassero in un mostro? È questa la domanda che la regista cerca di affrontare, provando a costruire un ritratto stratificato attraverso interviste audio con chi l'ha conosciuta, filmati di repertorio e soprattutto le parole della stessa Wuornos, registrate in diverse fasi della sua vita e del processo che l'ha vista protagonista.

Nata nel Michigan nel 1956, abbandonata dalla madre, adottata dai nonni alcolisti (anche se lei nega questa versione), stuprata quando era soltanto adolescente e rimasta incinta di un bambino dato in adozione, cacciata di casa e costretta a prostituirsi per sopravvivere. È un curriculum vitae dell'orrore che il documentario presenta con dovizia di dettagli, tessendo un contesto che dovrebbe aiutarci se non a giustificare quanto meno a capire le cause di comportamenti psicotici fuori dal normale.

Questione di equilibrio

Non era semplice va detto approcciarsi a una vicenda indagata già in diverse occasioni passate: in pochi forse avranno visto i documentari di Nick Broomfield (Aileen Wuornos: The Selling of a Serial Killer del 1992 e Aileen: Life and Death of a Serial Killer del 2003) ma la trasposizione per il grande schermo Monster (2003) ha visto addirittura la protagonista Charlize Theron, lì irriconoscibile, essere premiata con l'Oscar, arrivando quindi a un ampissimo range di pubblico.
Qui si opta per una struttura che alterna cronologia biografica, analisi del procedimento giuridico, versioni con personaggi chiave e riflessioni meta-narrative sulla società americana.

Non sempre queste varie anime e suddivisioni dialogano efficacemente tra loro, creando un montaggio che a tratti sembra più una collezione di segmenti che un'opera coesa e scorrevole, limitando di fatto l'impatto emozionale e scioccante che un racconto così drammatico dovrebbe avere sullo spettatore.