Malice: una serie thriller priva di identità
Sei episodi su Prime Video che vedono Jack Whitehall nei panni di un tutor privato, che insinua in una ricca famiglia per loschi scopi. Con David Duchovny e Carice van Houten.

Nel prologo, che poi sarebbe in realtà l'epilogo, Adam Healey, giovane e affascinante tutor britannico, viene fermato alla dogana di un aeroporto americano e informato che qualcosa di terribile è accaduto al suo ex datore di lavoro, il benestante uomo d'affari Jamie Tanner. Adam non si finge particolarmente sorpreso e scopriremo ben presto il perché. Non lascia molto all'immaginazione l'inizio di Malice, in un racconto che si muove poi a ritroso in quel lungo flashback che costituisce l'intero insieme a venire.
La sceneggiatura ci riporta infatti indietro di alcuni mesi, per mostrarci come si sia effettivamente arrivati a questo punto e il perché, seguendo Adam mentre si insinua nella famiglia Tanner durante una vacanza sull'isola greca di Paros. Jamie e sua moglie Nat sono una coppia snob e non esistano a ostentare la loro ricchezza, indole che hanno trasmesso anche ai loro tre figli delle età più disparate. Adam viene assunto proprio come tutor per uno di loro, ma i padroni di casa ignorano che dietro quella facciata affabile il ragazzo nasconda qualcosa di inquietante e pericoloso...

Malice: più inganno che malizia
C'è una mancanza di idee in Malice che spaventa, ben più di quell'ingessato villain interpretato da un qui anonimo Jack Whitehall. Ma ancor peggiore, sembra che questa sia una scelta voluta, giacché raramente negli ultimi tempi si è vista una narrazione così svogliata che forza continuamente la mano affinché si compila il subdolo piano di colui che a conti fatti è l'effettivo villain della storia, nonostante le labili motivazioni introdotte per giustificare le sue azioni.

La nuova serie Prime Video in sei episodi creata da James Wood, autore inglese già dietro la scrivania di Decline and Fall, vorrebbe aggiornare un topoi classico dell'outsider che si introduce in una famiglia di ricconi con lo scopo di destabilizzarla dall'interno, ma non riesce nel suo intento adottando strade spesso maldestre e/o improbabili.
Il difetto fondamentale diventa chiaro già nella prima mezzora: Malice non ha alcun interesse a mantenere vivo il mistero e la relativa suspense riguardo alle intenzioni di Adam. Non solo ci viene mostrato fin dall'inizio che qualcosa di brutto accadrà a Jamie, togliendo così l'effetto tensivo in attesa di quella resa dei conti che avviene anche sin troppo tardi, ma il vocabolario scurrile che il "cattivo" usa di nascosto ci fa comprendere la psicopatia di un personaggio che è una vera e propria mina vagante. Peccato che se ne accorgano tutti tranne le sue vittime, che risultano talmente accondiscendenti e ingenue da rasentare la parodia e da meritarsi quanto prossimo a loro capitare.
Nomi dietro e davanti
Whitehall, comico londinese noto principalmente per i suoi spettacoli di stand-up e per parti leggere, si ritrova alle prese con il suo primo ruolo drammatico da protagonista e si dimostra totalmente inadeguato a gestire certi toni umorali, rischiando in più occasioni come di apparire un'involontaria caricatura. Demeriti senza dubbio da condividere con lo stanco script, che riesce a sprecare anche attori di carisma e amati dal pubblico come David Duchovny, leggendario Fox Mulder di X-Files, e Carice van Houten, la Melisandre de Il trono di spade.

I registi Mike Barker e Leonora Lonsdale, che si alternano dietro la macchina da presa, confezionano una serie esteticamente gradevole, sfruttando soprattutto il fascino esotico delle location greche per le puntata girate nella casa delle vacanze, con il contesto urbano di Londra invece ripreso senza particolare personalità. Ma in questa messa in scena discretamente canonica non c'è un tentativo di trovare un linguaggio distintivo, un'angolazione originale o un guizzo stilistico e/o autoriale. È tutto tanto competente quanto piatto e già visto.
L'impressione, anche a costo di ripeterci come nell'analisi di altre serie recenti, è che anche qui si sia allungato a dismisura del materiale narrativo che sarebbe bastato sì e no per un film di due ore, ad essere generosi, in sei puntate da cinquanta minuti l'uno, puntando proprio sulla dabbenaggine dei Tanner per far sì che Adam continui ad agire indisturbato, quando qualsiasi persona sana di mente si sarebbe fatta delle domande e avrebbe tranquillamente compreso lo stato delle cose.

Malice cerca a volte di essere un thriller psicologico serioso, con scene di tensione e momenti di minaccia palpabile per quanto messi in scena gratuitamente. In altre occasioni si vira invece verso la commedia nera, con dialoghi e situazioni al limite del grottesco. Ma queste due anime non dialogano mai veramente, creando un'esperienza di visione profondamente schizofrenica e incoerente, fino a quel finale frettoloso e che non dà un minimo di soddisfazione, qualsiasi "parte" si decida di tifare nel corso della stagione.
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Rating: TBA
Nazione: USA
Voto
Redazione

Malice
Una serie thriller senza mordente, che annega sotto il peso della propria mediocrità di fondo. Malice vede un giovane tutor che nasconde qualcosa conquistare la fiducia della famiglia per la quale presto servizio, salvo pian piano mettere in atto il suo subdolo piano di vendetta. Peccato che le motivazioni siano pressoché inconsistenti per dar vita a una situazione di questo genere, spingendo quasi a tifare per coloro che, sulla carta, si dovrebbero meritare tale punizione. Jack Whitehall, adatto a toni leggeri, non ha il carisma adatto per il villain, tanto che le intuizioni più felici arrivano dal personaggio, pur nevrotico e scostante, di un David Duchovny che gigioneggia come può nei panni della presunta "vittima" sacrificale.












