La legge di Lidia Poët finalmente ingrana: la recensione della stagione 2
Cosa ci aspetta nei nuovi episodi de La legge di Lidia Poët
La prima stagione de La legge di Lidia Poët non mi era affatto piaciuta. Era eccessiva: troppo forzata, troppo esibita…Troppo italiana, come direbbe Stanis La Rochelle in Boris.
La prima stagione era ricca di incongruenze e di citazioni mal riuscite, inclusa quella tratta da Via col vento sul modo in cui Lidia (Matilda De Angelis) e Jacopo (Eduardo Scarpetta) si conoscono. Si cercava a tutti costi il modo di stupire lo spettatore, di provocarlo e di catturarne l’attenzione.
La seconda stagione, dal 30 ottobre su Netflix, è un’altra storia.
La trama de La legge di Lidia Poët 2
Ora che conosciamo non soltanto i protagonisti, ma anche l’ambito narrativo in cui si muovono, il contrasto fra il passato di fine Ottocento e una colonna sonora estremamente moderna risulta molto più efficace.
Un uomo si nasconde nell’ombra mentre una serie di omicidi identici (che rimandano ai crimini di Jack Lo Squartatore) tengono alta l’attenzione sulla trama della stagione.
Ritroviamo il Professor Lombroso nel corso delle indagini, in una stagione in cui la dose di umorismo aumenta: si alternano sequenze molto serie a momenti di leggerezza e battute. Quasi sempre grazie al personaggio di Enrico.
Impossibile non notare un’assonanza: Lidia sembra essere diventata la Jessica Fletcher della situazione, ovvero colei che, quando arriva - per esempio a un matrimonio - finisce per trovarsi sempre dove ci scappa il morto…
Resta qualche piccolezza a cui si deve passar sopra (per esempio l’uso del termine “avvocata” a fine ‘800, fatto inverosimile), ma gli episodi scorrono via. I migliori sono il primo e l’ultimo, il sesto, che preannuncia a un seguito con un cambio d’ambientazione.