Viewfinder - l'importanza dei punti di vista - Recensione PlayStation 5

Viewfinder è arrivato su PlayStation 5 e PC, ecco la nostra recensione

Viewfinder  limportanza dei punti di vista  Recensione PlayStation 5

Quando Viewfinder è stato presentato per la prima volta ai The Game Awards del 2022 ha attirato fin dal primo momento le attenzioni di critica e dei giocatori.
Ciò che ha colpito tutti è stato come il primo titolo sviluppato da Thunderful Games puntasse a prendere uno dei generi più antichi del settore videoludico, quello dei puzzle game, puntando a stravolgerlo del tutto.

Sono passati 8 mesi da quella presentazione e Viewfinder è finalmente arrivato in tutta la sua completezza su PC e PlayStation 5 e a prima vista sembra che il titolo del piccolo studio di sviluppo svedese sia riuscito a stupire tutti con un’avventura che nella sua semplicità riesce a ritagliarsi uno spazio tutto suo.

Viewfinder - l'importanza dei punti di vista - Recensione PlayStation 5

L’idea del Game Director Matt Stark era quella di creare un gioco che fosse accessibile e attraente per tutti, soprattutto a chi non è mai andato matto per i puzzle game, e per raggiungere tale obiettivo, Thunderful Games ha basato Viewfinder su due pilastri: gameplay e comparto tecnico.


Ciò non deve però far pensare che il comparto narrativo del titolo non sia in grado di raccontarci una buona storia; questa fa il proprio lavoro restando sullo sfondo delle nostre azioni e connettendo i vari momenti del gioco nel modo giusto, senza mai prendersi troppo l’attenzione e senza mai riuscire a creare dei veri e propri climax narrativi, complice anche il fatto che il racconto della trama è affidato a messaggi registrati, diari e post-it messi in giro per le varie mappe.

I pastelli sono di tanti colori diversi

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Avviato il gioco ci troviamo sin da subito in azione, non vi è infatti alcun filmato che ci dia un’idea del contesto o che ci racconti chi stiamo impersonando.
Sin da subito il gioco ci invita a padroneggiare le due principali feature legate al gameplay: la capacità di alterare la realtà intorno a noi attraverso l’utilizzo di fotografie e disegni e la possibilità di tornare indietro nel tempo al fine di riparare ad eventuali errori commessi.

Il gioco si struttura in brevi livelli, una settantina in tutto contando quelli facoltativi, e durante i primi ci troveremo a cercare delle fotografie sparse in giro e a utilizzarle per modificare l’ambiente circostante con l’obiettivo di raggiungere una pedana per il teletrasporto che ci porta alla prossima location.

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Livello dopo livello e location dopo location, scopriamo che non siamo i primi ad aver messo piede in questo luogo, ma che altre persone ci sono passate prima di noi, addirittura stabilendosi, costruendo abitazioni e vivendo parte della propria vita lì.
Dalle note sparse in giro riusciamo a carpire che le varie persone già passate di lì stavano cercando di studiare qualcosa, tuttavia c’è qualcosa che ci sfugge, quasi come se ci mancasse un pezzo.

Mentre ci troviamo a risolvere il puzzle di turno, qualcosa di strano accade: le foto raccolte cominciano a non funzionare come dovrebbero e una serie di distorsioni ci portano altrove: nel mondo reale.

I colori pastello che tanto ci hanno accompagnato e coccolato lasciano il posto a una palette rossa che viene spezzata solo dal grigiore dei grattacieli.
Il cambiamento climatico sta distruggendo il mondo, le piante e gli alberi sono scomparsi e la quantità di ossigeno è bassa.

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Diventa chiaro che quel mondo pastelloso non è altro che una simulazione - un metaverso - dove gli studiosi che ci hanno preceduto si sono rifugiati con la speranza di trovare una soluzione al cambiamento climatico.

Ecco quindi che la trama comincia a diventare chiara: Il nostro compito è scoprire se gli scienziati che hanno calcato la simulazione prima di noi sono effettivamente riusciti a creare qualcosa e, in caso positivo, capire se possa essere utilizzato per risolvere il problema del cambiamento climatico.

Una volta tornati nella simulazione si unirà a noi CAIT; una IA a forma di gatto che ci guiderà durante i vari livelli. Come un moderno “Stregatto”, CAIT sembra conoscere molte cose sul posto in cui ci troviamo ma non condivderà alcuna notizia con noi a meno che non l’abbbiamo già scoperta.

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CAIT ci farà notare che ogni nuova location che andremo a scoprire è stata creata e abitata da un fondatore - una delle persone che si trovavano lì all’inizio - e presenta una serie di puzzle da risolvere, più una serie di puzzle facoltativi.

Nel visitare la terza location avremo accesso a una macchina fotografica istantanea, che amplierà i nostri metodi d’approccio e sarà la nostra miglior compagna durante il resto dell’avventura.
La terza location sarà anche quella dove la lore di Viewfinder si fa più interessante poiché il gioco comincia a darci qualche informazione in più rispetto a quanto vissuto dai vari personaggi che hanno abitato il mondo simulato prima di noi.

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L’apoteosi della trama giunge alla penultima location, dove i colori pastello acquisiscono tinte più cupe e il sole lascia lo spazio a una incessante pioggia. 
Durante l’esplorazione dei puzzle della penultima location faremo delle scoperte importanti ai fini della trama e per la comprensione delle avventure di chi ci ha preceduto.

Il tutto culmina nel passaggio verso l’ultima location dove ci troveremo a usare tutto quanto abbiamo imparato durante l’intero gioco in un finale mozzafiato che forse accelera bruscamente in quanto a velocità e difficoltà, ma tuttavia riesce a inserirsi bene nel contesto narrativo del gioco.

Un gameplay semplice ma divertentissimo

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Come detto, il pezzo forte di Viewfinder è il gameplay e possiamo tranquillamente dire che Thunderful Games ha fatto centro.
Prendere un genere complesso come quello dei puzzle games, con centinaia, se non migliaia di titoli, e provare ad inserirsi creando qualcosa di nuovo era una sfida ardua che avrebbe potuto tranquillamente portare gli sviluppatori a incappare in qualche errore.

Eppure Viewfinder porta con sé una formula che funziona, nonostante sia composta di poche dinamiche, divertendo il giocatore e ponendo delle solidissime basi su cui lavorare per il futuro in caso di un sequel.

Il gioco accompagna per gradi il giocatore portandolo per mano alla scoperta delle varie possibilità per poi lasciargli libertà totale di sperimentare.
Ecco quindi che ci troveremo a dover giocare con le prospettive, fotocopiare delle nostre foto, rompere pareti con dei disegni trovati in giro e tanto altro ancora.

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Il livello di difficoltà cresce gradualmente. Se inizialmente i puzzle sono molto semplici e intuitivi, man mano che si va avanti nella storia, questi diventano sempre più complessi - anche perché il gioco tenderà a porre dei limiti al potere del giocatore, il quale dovrà pensare a modi nuovi di oltrepassare i vari ostacoli.

Il sistema funziona benissimo poiché rende il gioco mai ripetitivo nelle sue meccaniche, tenendo il giocatore sempre attento e spronandolo a provare e riprovare apprcci nuovi.Il gameplay funziona nella sua semplicità anche grazie alla longevità del gioco.
Per terminare la storia di Viewfinder sono necessarie 5 ore, che possono diventare 7 se si decide di concludere i vari puzzle facoltativi e raccogliere tutti i collezionabili.

Il titolo è solo in single player e non prevede alcuna funzione per il multyplayer online. Questa è forse l’unica nota dolente riguardante il gameplay del gioco. 
Le dinamiche del titolo si sposano alla perfezione con la possibilità di risolvere dei puzzle in compagnia dei propri amici, tuttavia il team di sviluppo ha preferito concentrarsi sulla sola modalità single player.

Life in technicolor 

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Altro pilastro su cui si basa Viewfinder è il suo comparto tecnico.
Il titolo di Thunderful Games porta il giocatore in un mondo coloratissimo che attira da subito l’attenzione del giocatore.

Ogni location ha un proprio stile e punta a rappresentare un sentimento diverso. 
Se infatti la location costruita da Aarhon, uno dei 4 scienziati che hanno vissuto la simulazione prima di noi, invita alla calma, offrendo una palette arancio e verde, diversa è la sensazione che trasmette la location appartenente a Mirren, che con la sua palette grigia e la pioggia perenne, trasmette un forte senso di delusione.

Tuttavia, parlare di un unico stile grafico non rende giustizia a Viewfinder. 
Saltare da un’immagine all’altra significa anche trovarsi a passare da un mondo disegnato a matita a uno che ricorda i cartoni animati degli anni 70, oppure potremo ritrovarci nel disegno di un bambino o aprire un ponte elevatoio di un castello pixelloso.

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La presenza di stili sempre diversi rende il gioco dinamico e soprattutto mai noioso. Inoltre l’avere a disposizione tantissimi stili grafici permette anche di giocare con la prospettiva delle immagini al fine di creare combinazioni divertenti.

Inoltre, il passaggio da uno stile grafico all’altro avviene senza alcun caricamento permettendo quindi al giocatore di sentirsi totalmente immerso nel bellissimo mondo creato da Thunderful Games.

Il comparto sonoro fa il suo lavoro egregiamente restando sempre in sottofondo e senza mai attirare troppo l’attenzione. 
Gli effetti sonori sono ben fatti, come il cinguettio degli uccelli in prossimità degli alberi oppure dei corvi e della pioggia che puntano a trasmettere un senso di malinconia - riuscendoci egregiamente.
Il doppiaggio in inglese è ben fatto e risulta naturale; da sottolineare anche una buona traduzione dei sottotitoli in italiano.

Viewfinder è un must play 

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Viewfinder è una vera e propria perla che si ritaglia uno spazio tutto suo in uno dei generi più vecchi della storia dei videogiochi. 
Il titolo diverte grazie ai suoi pilastri fondanti: un gameplay dinamico e sempre vario e un comparto grafico che spinge il giocatore a fermarsi ad ammirare i vari scorci.
Thunderful Games ha portato sul mercato un titolo che nel suo piccolo alza l’asticella nel modo di creare videogiochi, invitando gli altri sviluppatori a tentare nuove strade e nuovi approcci al gameplay.

La trama di Viewfinder prova a toccare una tematica attuale, quella del cambiamento climatico, senza mai però riuscire a prendersi la scena. 
Questo per via dell’assenza di personaggi carismatici, o di personaggi fisici in generale, e anche per l’assenza di veri colpi di scena o di un climax nella narrazione degli eventi.

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Viewfinder va inteso come un'avanguardia di quello a cui possono e dovrebbero puntare i videogiochi nei prossimi anni.In un momento in cui le produzioni Tripla A si rifugiano nella loro comfort zone, come Assassin’s Creed Mirage o EA Sports FC 24, Viewfinder ci mostra come lavorare su nuovi approcci paga -  e sia chiaro, nonostante il gameplay di Viewfinder sembri semplice, la enorme lista di persone mostrata nei titoli di coda dà un’idea dell’enorme lavoro dietro il titolo.

Insomma, il primo lavoro di Thunderful Games ci ha stupito in positivo e non possiamo fare altro che attendere le loro prossime creazioni.

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Viewfinder

Versione Testata: PS5

8

Voto

Redazione

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Viewfinder

Viewfinder arriva sul mercato con il duplice obiettivo di divertire una platea ampia, fatta tanto da chi ama i puzzle game quanto da chi non ne ha mai toccato uno in vita sua, e di portare una ventata di novità sul mercato. L’obiettivo è centrato; il gioco non annoia e introduce sempre nuove meccaniche.Unici due nei dell’esperienza sono una trama che mai decolla veramente, finendo per fungere solo da collante tra un livello e l’altro, e l’assenza del multiplayer che si sarebbe sposato alla perfezione con la struttura dei puzzle. Nel complesso buonissima la prima per Thunderful Games. Aspettiamo con ansia il prossimo gioco.