S.T.A.L.K.E.R.: Legends of the Zone Trilogy Enhanced – un cult che ritorna in auge con una versione restaurata - La Recensione
La trilogia di S.T.A.L.K.E.R. torna in versione enhanced su PC e console: un aggiornamento tecnico parziale che porta con sé memorie, contraddizioni e polemiche

Dopo anni passati a circolare in forma instabile tra patch, mod e configurazioni complicate, la trilogia originale di S.T.A.L.K.E.R. trova finalmente un punto d’approdo moderno. Legends of the Zone Trilogy – Enhanced raccoglie Shadow of Chornobyl, Clear Sky e Call of Pripyat in un’unica edizione disponibile anche su console, con supporto nativo per Xbox Series X|S, PlayStation 5 e Steam Deck, accessibilità migliorata e un comparto tecnico aggiornato quanto basta per riportare il giocatore dentro la Zona, senza addolcirne i bordi.
GSC Game World ha rivisto interfaccia, HUD e sistema d’inventario, introducendo nuove modalità grafiche, filmati pre-renderizzati in 4K, illuminazione globale, supporto a mouse e tastiera su console e una gestione delle mod centralizzata tramite Mod.io. Nessuna rivoluzione, ma una modernizzazione pragmatica che mira a rendere questi tre titoli più fruibili e meno ostili, pur conservandone il cuore duro, la struttura libera e quella tensione viscerale che ha reso la Zona un culto.
È un pacchetto che non grida al miracolo, ma che offre una porta d’ingresso concreta e funzionale, soprattutto per chi vuole (ri)scoprire un’opera che ha sempre preferito l’inquietudine all’euforia. Perché S.T.A.L.K.E.R. non è mai stato un gioco facile da amare. E oggi, pur con qualche compromesso, continua a non esserlo.
Un mondo che racconta senza parlare: come funziona la narrazione in STALKER: Legends of the Zone Trilogy Enhanced
Nel cuore della trilogia S.T.A.L.K.E.R. non c’è una trama lineare da seguire, ma un mondo da osservare, da interpretare, e se vogliamo persino da temere. La Zona non è un semplice fondale precostruito: è il vero centro narrativo dell’esperienza, il fattore che unisce i tre capitoli pur con approcci e protagonisti differenti. È un ambiente che comunica per sottrazione, in cui la storia non viene spiegata ma dedotta da ciò che si vede, si ascolta e si subisce.
In Shadow of Chornobyl, il giocatore veste i panni del "Marked One", un personaggio privo di memoria e identità. L’obiettivo – trovare e uccidere Strelok – è più un pretesto che una missione nel senso stretto della parola. La vera forza del gioco sta nell’incertezza: non sai chi sei, dove sei, né chi ti circonda, e tutto va guadagnato passo dopo passo. La narrazione non prende il giocatore per mano: si limita a posizionare indizi nel mondo, lasciando a noi il compito di ricomporli.
Clear Sky, prequel del primo capitolo, cambia tono. Introduce un protagonista con un nome, Scar, e una struttura narrativa più ordinata, con fazioni, missioni che seguono una logica gerarchica, e una Zona Contaminata osservata quasi come fenomeno scientifico (un po' come Chernobylite, vi ricordate?). L’impatto narrativo si riduce, e la tensione viene in parte sostituita da dinamiche di controllo del territorio. È un capitolo meno enigmatico, più filoguidato, ma anche meno potente in termini evocativi.
Con Call of Pripyat, GSC Game World recupera parte dell’identità perduta. Il protagonista è un militare sotto copertura, mandato a indagare su una missione fallita. Nonostante il quadro più chiaro, la narrazione rimane fortemente ambientale. Le scelte su cosa fare, dove andare e come comportarsi sono lasciate al giocatore, che costruisce la propria esperienza come in un’indagine libera, fatta di incontri, deviazioni e intuizioni. È il capitolo più maturo dal punto di vista del bilanciamento tra struttura narrativa e libertà.
In tutti e tre i casi, S.T.A.L.K.E.R. rinuncia alla narrazione cinematografica classica. Non ci sono cutscene elaborate, colpi di scena orchestrati o personaggi indimenticabili costruiti a tavolino. C’è invece una Zona viva, che cambia e si fa leggere. Ogni missione, ogni oggetto trovato, ogni comportamento degli NPC contribuisce a una storia che non viene raccontata, ma che accade. E spesso accade fuori campo, mentre il giocatore è impegnato a non morire.
Questo tipo di narrazione funziona solo se siete disposti a cambiare approccio. La Zona non si attraversa passivamente, anzi, tutto il contrario: vi mette alla prova. Non vi accoglie, non vi guida, non vi consola con indicatori o scelte morali predefinite. Reagisce a ciò che fate, o a ciò che non fate, e vi costringe a mantenere un equilibrio costante tra prudenza e necessità.
Sopravvivere è sempre una scelta: gameplay lento, letale e spietato
Legends of the Zone Trilogy – Enhanced non riscrive le regole del gameplay, e anzi mantiene inalterato quel mix ruvido di sparatutto, esplorazione e gestione delle risorse che ha reso la trilogia un caso unico. Non è un gioco pensato per accompagnare il giocatore per mano, ma al contrario è un gioco che vi chiede di stare attenti a ogni passo. Le mappe sono vaste, non c’è viaggio rapido, l’inventario ha limiti di peso, le anomalie sono imprevedibili e i nemici non perdonano. Eppure, proprio per questo, ogni scontro, ogni artefatto recuperato, ogni traversata a piedi acquista un peso specifico non indifferente.
Il sistema di fazioni è uno degli elementi più interessanti, soprattutto in Clear Sky, dove il mondo reagisce in modo dinamico alle scelte fatte: appoggiare un gruppo può significare farsi nemici altri due, con ripercussioni tangibili su alleanze, equipaggiamento e missioni disponibili. In Call of Pripyat, il sistema si fa più sfumato e naturale, lasciando che l’interazione avvenga sul campo, con meno regole e più tensione.
Le sparatorie mantengono un'impostazione essenziale, ma efficace: il rinculo è marcato, soprattutto nelle armi automatiche, e ogni colpo richiede un buon controllo del respiro e della posizione per essere preciso. L’assenza di assistenze evidenti e la dispersione balistica, più accentuata in movimento o in piedi, spingono a giocare in modo ragionato, privilegiando il fuoco controllato e le coperture. Il sistema non ambisce al realismo simulativo, ma restituisce comunque una sensazione di instabilità coerente con l’ambientazione e con l’equipaggiamento a disposizione. Le hitbox sono punitive, il combattimento è sempre rischioso, e il consumo di risorse obbliga a pensare prima di sparare. Anche questo è gameplay: imparare a non combattere quando non serve, perché ogni ferita ha un costo.
Nel complesso, giocare a S.T.A.L.K.E.R. oggi significa accettare un ritmo più lento e riflessivo. Non ci sono segnalini a guidarti, e anche i compiti più semplici – come trovare un rifugio o completare una consegna – possono trasformarsi in incubi logistici. Ma è proprio in questo attrito che la trilogia costruisce la sua identità: non ti regala nulla, e per questo ogni successo è reale.
Dal punto di vista tecnico, la nuova edizione introduce migliorie marginali ma utili: HUD più leggibile, ruota delle armi, supporto ai controller e mappa leggermente più chiara. Funziona? Sì. Ma il cuore del gameplay resta quello di un’altra epoca. Spigoloso, poco accomodante, ma perfettamente coerente con l’universo che rappresenta.
Versione Testata: Xbox Series X
Voto
Redazione

S.T.A.L.K.E.R.: Legends of the Zone Trilogy
S.T.A.L.K.E.R.: Legends of the Zone Trilogy – Enhanced Edition ripropone tre esperienze cardine della scena PC, aggiornandole quel tanto che basta per renderle accessibili anche su console. Non è un remake né una reinvenzione, ma un modo per preservare il valore di un’opera dura, immersiva e ancora oggi capace di coinvolgere. La Zona resta protagonista: ruvida, crudele, indimenticabile. E per chi non l’ha mai vissuta, questa è una porta d’ingresso più che legittima.