Princess Peach: Showtime, la semplicità che intrattiene – Recensione Switch

La recensione della nuova avventura made in Nintendo con protagonista la principessa Peach, un titolo pensato per i più giovani ma con più di una freccia al suo arco

di Jacopo Retrosi

Ci eravamo lasciati con la demo di Princess Peach: Showtime! fiduciosi che il titolo dovesse ancora ingranare, che ci fosse più carne al fuoco rispetto a quello che i due elementari livelli introduttivi sembravano sottendere, e invece dopo aver provato il gioco completo le nostre perplessità trovano purtroppo conferma: la nuova opera di Good-Feel e Nintendo si rivolge ad un pubblico di giovanissimi, e ha poco da spartire con i pezzi da novanta di cui pullula la libreria di Switch. Niente exploit per la principessa del Regno dei Funghi, dunque, ma non tutto il male viene per nuocere; Princess Peach: Showtime! è comunque un prodotto della casa di Kyoto e in quanto tale è stato curato nei minimi particolari. Facile, sì, ma non superficiale; vediamo come. 

Stranamente la demo non consente di importare i salvataggi nella versione integrale. Poco male, si è rivelata un’ottima occasione per tentare di nuovo la sorte con le prove della Pasticciera e intascare qualche gemma luminosa extra; contemporaneamente me n’è scappata una con la Spadaccina, ma questo è un altro discorso. Il recupero di tutte le gemme nei singoli livelli è probabilmente la parte più ardua del titolo, dato che alcune sono nascoste davvero bene oppure sono bloccate dietro particolari requisiti di completamento; scovarle tutte al primo tentativo non è affatto semplice, data anche la carenza indizi a riguardo.

Fatto sta che una volta tornati a quello che sarebbe dovuto essere il nostro punto di partenza, ecco fare capolino i nuovi costumi per la principessa. Sono 10 in totale, e ognuno è caratterizzato da 3 livelli in tema, uno propedeutico, uno avanzato, e uno in compagnia (previo opportuno salvataggio) dello Splendì a cui abbiamo soffiato l’abito. 30 scenari non sono moltissimi (più boss di fine piano), e complice la scarsa difficoltà basta veramente poco per arrivare ai titoli di coda (diciamo che superare le 10 ore è grasso che cola). Vero, i livelli si rigiocano volentieri in virtù della caccia alle gemme (anche se alcuni sono migliori di altri, ci arriveremo a breve) e una volta completata la campagna si sbloccano una serie di sfide aggiuntive, ma a meno che non siate completisti incalliti è improbabile che Princess Peach: Showtime! vi tenga incollati allo schermo a lungo dopo l’epilogo. 

Princess Peach: Showtime, il gameplay: it's showtime!

Tornando ai livelli, le meccaniche uniche di ciascun costume ne determinano sensibilmente il ritmo e la formula di gioco; tutto sempre molto semplice, all’acqua di rose, ma di certo la varietà non manca. Essenzialmente ne distinguiamo tre macro-tipi: gli stage di natura action, in cui si tende spesso a menare le mani e a far saltare in aria cose, come nel caso di Spadaccina, Kung Fu e Supereroina, quelli platform, legati perlopiù all’interazione con l’ambiente, come Ninja, Ladra Mascherata e Cowgirl, e quelli “gimmick”, che prediligono minigiochi e prove di abilità, come Pasticciera, Detective, Pattinatrice e Sirena.

Le prime due categorie sono piuttosto divertenti, per quanto banali, poiché si ha il controllo diretto dell’azione e vengono proposte numerose varianti sul tema, la terza invece è un po’ più statica e dalla qualità altalenante. In particolar modo abbiamo trovato poco appetibili i livelli della Pattinatrice, per via delle pessime collisioni di acrobazie e piroette, e del Detective, a causa di “enigmi” alla Dora l’esploratrice tra il soporifero e l’imbarazzante; meglio Sirena e Pasticciera, soprattutto per le idee mostrate in scena, anche se complessivamente non siamo oltre gli standard di un minigioco degno di un Mario Party a caso (e lo dice un fan della serie NdR). 

Lo sistema di controllo basato su soli due tasti funziona: Peach risponde bene agli input e ci sono un sacco di contesti che consentono di variare la formula senza alterare il semplice schema. Come la Spadaccina può eseguire un rapido contrattacco contrastando un attacco nemico o saltando al momento giusto, oltre ad usare i suoi fendenti, similmente la Supereroina può sferrare i suoi pugni in sezioni a scorrimento in stile shmup, mentre la Ladra Mascherata può usare la sua frusta per stordire i nemici, aggrapparsi ad appositi appigli oppure attivare congegni; Princess Peach: Showtime! è pieno di trovate di questo tipo, mitigando una base minimale con un canovaccio creativo e variegato.

Princess Peach: Showtime, il lato tecnico: un mondo di luci e cartone

Creatività che emerge soprattutto dal punto di vista scenografico, visto che gran parte degli elementi a schermo sono realizzati in modo da sembrare oggetti di scena, per l’appunto, con tanto di backstage accessibile dalle botole sopra cui ci si deve mettere in posa. I riflettori puntati sui punti di interesse, nastri azzurri in movimento a indicare le onde dell’oceano, le nuvole di cartoncino appese ad un filo... Stilisticamente il titolo Good-Feel è un piccolo spettacolo, anche se a nostro dire potevano osare ancora di più sotto questo quest’aspetto. Come nell’anteprima, ribadisco che le transizioni potevano essere più ispirate rispetto alla schermata nera proposta, e non sempre gli oggetti con cui si può interagire sono “finti”, rovinando un po’ l’immersione. Minuzie, comunque, rispetto alla portata e alla cura del lavoro complessivo. 

Quanto alle performance, il gioco utilizza l’Unreal Engine 4, e sappiamo quanto Switch lo digerisca maluccio. Il colpo d’occhio è buono e simula il classico template delle altre opere Nintendo, ma i caricamenti piuttosto lunghi e gli occasionali cali di frame rate e di risoluzione ne tradiscono le origini. Nulla di grave, specialmente in modalità fissa, ma siete avvisati.

Eclettica come il gameplay, la colonna sonora propone dozzine di brani allineati al setting del momento, per una scaletta variopinta e piena di motivetti orecchiabili, che vi terranno compagnia durante le sessioni. Nulla di eclatante sotto questo punto di vista, ma si lascia ascoltare volentieri.