Jak 3

Jak 3
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E la PS2 gettò a terra le sue carte: tris d'assi. Tre platform, tutti d'altissimo livello, che corrispondono ai nomi di Ratchet and Clank: Up your Ursenal, Jak 3 e Sly 2: La banda dei ladri, tutti rigorosamente in ordine qualitativo decrescente. E' un agone agguerrito, perché la vittoria si stabilisce al fotofinish e le differenze a livello di merito sono quasi trascurabili: l'ignaro compratore si trova di fronte a tre prodotti che hanno davvero tanto da dire, mentre le tasche si imbarazzano su dove indirizzare i preziosi dindarelli in questo novembre delle meraviglie. Un tempo pronunciammo codeste parole: "Il panorama videoludico PS2 non vanterà certo i migliori platform della storia, ma alzi la mano chi gli contesta il fatto di non averne a sufficienza". Ritiriamo quanto detto, la musica è cambiata e i tre si sfidano sulla pista di ballo a suon di trovate, mentre Mario e Blinx li osservano mestamente, sorseggiando un cocktail al bar.


"Don't call me platform". Anche i Naughty Dog non si esimono dal mettere in scena uno spettacolo eclettico, che lascia il giocatore senza un attimo di fiato tra una Parigi Dakar nel deserto e il recupero di vari uomini durante una tempesta, una gara a cavallo di un lucertolone e un volo su un aliante con destinazione la bocca di un vulcano, una sfida nell'arena e altre sezioni strettamente platform, con salti di piattaforma annessi e connessi. L'analogia col diretto avversario R&C:UYU (senza dimenticare il prodotto Sucker Punch) risiede sostanzialmente nell'abbracciare più e più tipologie videoludiche, unificandole in un sol prodotto al fine di variegare l'esperienza e non invitare il giocatore alla sagra del già visto. L'abuso sfrontato di gameplay poliedrici in tutti e tre i platform poco sopra menzionati è dovuto alla collettiva attrazione per la pluralità di stili, alla comune ripugnanza per i titoli ripetitivi e la necessità di prodotti vari e articolati, che non addormentino il fruitore con la ciclica proposizione dei soliti schemi, la cui ripetitività andrebbe ad assumere la stessa mansione del conteggio pecorile. E buonanotte a tutti.

Jak 3 tiene svegli dimostrandosi vario e articolato, prendendo in prestito meccaniche di gioco dai più svariati generi e proponendo quell'inesauribile verve comica dei protagonisti rintracciabile oramai in tutti i platform di ultima generazione. Qualche risata è sempre ben accetta. L'evolversi del gioco differisce sostanzialmente dal lavoro Imsomniac, vuoi per costrizioni dovute alla storyboard, vuoi perché, laddove R&C predicava la mania del collezionismo ai fini del potenziamento dell'armamentario, Jak è spedito di missione in missione, senza sosta, senza possibilità di ripetersi. L'abbozzato GTA style, che dovrebbe garantire libertà al giocatore, tradisce le aspettative incanalando Jak 3 nella corsia della linearità in cui passerà buona parte del proprio tragitto. Fortuna vuole che a salvare la baracca arrivi la cavalleria, quella già accennata varietà di fondo che sballotterà il protagonista da una parte all'altra della città in un crescendo di situazioni esplosive.


Se il prodotto Imnsoniac Games enfatizzava oltremodo i combattimenti grazie a un arsenale ricco di armi e sparatorie eccezionali degne dei più acclamati shooter, il prodotto Naughty Dog si dimostra un platform corsaiolo, dove l'uso sistematico di vari mezzi si rivelerà una delle tantissime carte vincenti che il croupier pescherà dal mazzo. E' indubbio che mettendo troppa carne al fuoco, il rischio sia quello che qualche pezzo venga un po' scotto. Alcune idee discrete sono solamente abbozzate, altre, che nei titoli concorrenti sono meglio sviluppate, vengono qua inserite quasi per fare presenza, come la possibilità di usare il secondo personaggio (Daxter) o sfidare orde di nemici in arene dall'esigue dimensioni. Ma si può chiudere un occhio, perché il titolo partorito da Jason Rubin (e ci viene difficile credere ch'egli non abbia dato un contributo importante in questo terzo capitolo) si sforza dannatamente per diversificare il più possibile l'esperienza di gioco grazie ad abili trovate, astute e a volte originali, altre volte meno saporite. Jak è lì, inscatolato in meccaniche preconfezionate, ora a bordo di una ruspante dune-buggy nel deserto, ora che scivola tra rampe scoscese manco fosse in Indiana Jones e il Tempio Maledetto, ora capace di stupirci con la sua nuova capacità di rallentare il tempo o come quando si improvvisa Michael J. Fox e fluttua sul jetboard: oddio, nulla di eclatante, soprattutto dopo aver terminato tre capitoli di SSX e due di Amped, ma è l'ennesima carta vincente che i programmatori pescano dal mazzo.

Una gestione più consona della telecamera avrebbe giovato non poco all'esperienza ludica nelle fasi dei combattimenti, invero insapori sia per l'andamento degli scontri, sia per l'imbarazzante armamentario fornito. E' denotabile già dopo i primi passaggi che i maggiori sforzi dei programmatori non sono stati convogliati nel sistema di combattimento, quanto nell'aggiunta di alcune novità che potessero dar senso alla presenza di un nuovo capitolo negli scaffali dei negozi. Ora Jak si arricchisce dei poteri della luce, con cui avrà modo di rallentare il tempo per passare tra lame rotanti o ponti che si frantumano, ricaricare la propria energia vitale o utilizzare uno scudo. Apprezzabile il tentativo di aggiungere nuove capacità al nostro eroe per diversificare le fasi strettamente platform, ma se Jak 3 ci ha colpiti in positivo, è bene ribadire che lo ha fatto non certo per queste banali aggiunte.


Un platform moderno anche nella difficoltà, calibrata su un livello medio lievemente più alto rispetto ai suoi diretti concorrenti, in un'avventura architettata in modo da non lasciare mai il "povero" giocatore intrappolato nello stesso punto, mai nella condizione di dover ripetere lunghe sequenze di gioco e col persistente utilizzo dell'autosave atto a evitargli possibili frustrazioni. Al fruitore del prodotto, quasi coccolato e vezzeggiato nonostante la sua missione di salvare il mondo, non rimane che portare a termine l'avventura tutta d'un fiato, senza problemi di sorta. E' la logica alla base dei videogiochi attuali, che ci vede tutti ridimensionati al rango di giocatori occasionali, togliendoci mordente e sfida. Come se un pugile sul ring potesse riposarsi e rimettersi in sesto ad ogni ripresa, magari facendosi pure un bagno caldo. Tuttavia, una cosa dev'essere ben chiara: il prodotto Naughty Dog non tradisce mai il principio primo di ogni videogioco, divertire. Questo non è poco.

La trama, che contiene alcuni elementi esplicativi importanti ai fini della buona comprensione della trilogia, non brilla certamente per l'intreccio di fondo e si dipana in modo da dotare, di tanto in tanto, il nostro Jak dei nuovi poteri della luce. I due protagonisti, ingiustamente scacciati da Haven City e lasciati a marcire nel deserto, troveranno nella città di Spargus un sicuro rifugio, per essere poi costretti a salvare per l'ennesima volta il destino dell'umanità. Come si evince da quanto detto finora, i programmatori si sono concessi poche leggerezze a livello di giocabilità, e il discorso può essere esteso al reparto strettamente tecnico. Graficamente siamo su ottimi livelli, la PS2 gestisce un numero di poligoni altissimo senza incertezze e ci regala texture di fattura sopraffina, il tutto condito da splendide animazioni. Peccato per una telecamera non all'altezza della situazione, su cui tuttavia si può chiudere serenamente un occhio. Il sonoro è anch'esso curatissimo, sia perché le musiche si sposano perfettamente con l'atmosfera, sia perché i dialoghi completamente in italiano sono doppiati alla perfezione, dando giustizia ai siparietti comici imbastiti dai due protagonisti. Da Gamesurf è tutto.

112
Jak 3
8

Voto

Redazione

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Jak 3

Piacevole e appassionante, tanto da strappare applausi, il prodotto Naughty Dog propone l'ormai abituale gameplay eclettico che miscela sapientemente stili, generi e trovate, tanto da renderne difficile l'inserimento in una data categoria videoludica. Un titolo poliedrico che non getta mai il giocatore nel limbo della ripetitività e che, soprattutto, non tradisce mai il principio primo di ogni videogioco che si rispetti: divertire. Già questo non è poco.