Edens Zero: un adattamento videoludico ambizioso ma zavorrato da limiti strutturali - La Recensione
Il nuovo action RPG di Konami prova a portare l’universo di Hiro Mashima nel mondo videoludico con fedeltà e ampi contenuti, ma tra ripetitività e problemi tecnici si ferma a metà strada

Il panorama dei videogiochi tratti da opere anime e manga è da sempre un terreno complesso: per ogni adattamento che riesce a catturare la forza narrativa e visiva del materiale originale, ce ne sono molti altri che faticano a superare lo status di prodotti derivativi o, peggio, di semplici operazioni commerciali. In questo scenario si colloca Edens Zero, trasposizione videoludica dell’opera di Hiro Mashima, autore già noto per Rave Master e soprattutto per Fairy Tail, serie che ha definito l’immaginario shnen di una generazione. Non sorprende quindi che l’annuncio di un titolo dedicato a Edens Zero abbia generato curiosità, soprattutto per la promessa di un action-RPG con elementi open world.
L’attesa, però, è stata segnata da scetticismo: la storia recente degli adattamenti anime dimostra quanto sia difficile coniugare fedeltà all’opera di partenza e qualità ludica. Basti pensare alla serie Naruto Storm di CyberConnect2, spesso citata come esempio virtuoso per la capacità di trasformare la narrazione in spettacolo interattivo, o, al contrario, a prodotti meno riusciti come il titolo dedicato a Fairy Tail sviluppato da Gust, incapace di valorizzare un cast amato come quello del manga. In questo contesto, Edens Zero si proponeva come banco di prova: un universo narrativo con solide basi e un fandom appassionato, ma meno iconico rispetto a Fairy Tail e quindi più difficile da consolidare sul mercato videoludico.
Il risultato finale si presenta come un’opera ambivalente, in bilico tra intuizioni interessanti e limiti strutturali evidenti. Da un lato, il titolo si pone come obiettivo quello di puntare su un gameplay accessibile e personalizzabile, offrendo persino una base capace di attirare sia neofiti sia appassionati. Dall’altro lato, invece, troviamo un impianto tecnico datato e una gestione frettolosa della trama, che finiscono per tradire le aspettative dei fan.

Edens Zero presenta personaggi interessanti a cui non viene resa giustizia
La narrazione di Edens Zero su PC rappresenta uno dei punti più delicati dell’adattamento, perché sulla carta possiede tutte le premesse per conquistare. La campagna principale, organizzata in dieci capitoli, copre circa undici volumi e mezzo del manga di Hiro Mashima: abbastanza per introdurre Shiki, Rebecca, Happy e il resto dell’equipaggio, ma troppo poco per restituire la complessità e l’intensità emotiva che contraddistinguono l’opera originale. Il risultato è quello di un riassunto accelerato, una sequenza di episodi selezionati e compressi che, pur seguendo fedelmente gli eventi principali, sacrificano atmosfera, respiro e pathos.
Il primo incontro tra i protagonisti su Granbell è il simbolo di questa differenza. Nel manga e nell’anime si trattava di una scena che mescolava ironia e tenerezza, capace di creare immediata empatia con il pubblico; qui viene ridotta a un passaggio rapido, che non riesce a trasmettere la stessa energia. La struttura dei capitoli segue uno schema fisso e ripetitivo: arrivo su un pianeta, breve cutscene, sequenza di combattimenti in aree lineari e scontro con un boss finale. Una formula che nelle prime ore può apparire funzionale, ma che con il progredire del racconto diventa meccanica, trasformando un viaggio che avrebbe dovuto celebrare la scoperta e l’esplorazione in un percorso scandito da routine.
Il problema è accentuato dall’uso costante di cutscene statiche, che invece di ampliare la narrazione si limitano a riassumere eventi con montaggi veloci. Momenti potenzialmente memorabili, come l’ingresso in scena di Elsie Crimson o l’approfondimento sul passato di Homura, perdono spessore e vengono ridotti a sequenze prive di partecipazione. È una scelta che contrasta con quanto visto in altri adattamenti, come Naruto, dove le scene chiave venivano trasformate in esperienze spettacolari e interattive. Edens Zero, al contrario, si limita a replicarle in forma ridotta, senza mai sfruttare appieno le potenzialità del videogioco come medium narrativo.
In questo quadro emergono però alcuni momenti positivi. Le scene opzionali di bonding a bordo della nave Edens Zero offrono uno dei pochi spazi in cui i personaggi riescono a respirare. Non sempre incentrate su Shiki, queste brevi interazioni restituiscono sfumature interessanti. Sono piccoli frammenti che, pur collocati ai margini della trama principale, riescono a dare vita all’equipaggio e a rafforzare il legame con il giocatore, suggerendo ciò che il titolo avrebbe potuto essere se avesse dato più spazio a questi momenti.
Dal punto di vista della longevità, il gioco offre un quantitativo di ore che sulla carta risulta convincente: circa una ventina di ore per completare la campagna principale e un ulteriore decina dedicate a missioni secondarie ed esplorazioni. Tuttavia, la qualità di questi contenuti extra non è proporzionata alla quantità. La maggior parte delle quest si limita a incarichi ripetitivi — eliminare gruppi di nemici, raccogliere materiali, scattare foto — senza ricompense realmente appaganti né legami narrativi forti. Questo fa sì che l’open world, pur apparendo pieno di attività, trasmetta la sensazione di un mondo costruito più per riempire che per arricchire.

Un buon sistema di combattimento, penalizzato però da tante problematiche
Il cuore di ogni action-RPG risiede nel suo gameplay, ed è qui che Edens Zero cerca di costruire la propria identità, oscillando tra buone idee e limiti strutturali evidenti. Il sistema di combattimento si sviluppa attorno a un modello classico, con attacchi base, combo, abilità speciali e mosse potenziate dall’Ether Gear, l’energia che alimenta i poteri dei protagonisti. Sulla carta, la formula è solida e ricca di possibilità ma poi, nella pratica, si alternano momenti di divertimento immediato ad altri segnati da monotonia e scarsa varietà.
Ogni scontro avviene in arene chiuse, attivate al momento dell’ingaggio con i nemici. Le prime ore mettono subito in evidenza i difetti più marcati: i colpi di Shiki, ridotti a una sequenza di tre o quattro attacchi ripetuti, restituiscono un senso di button mashing che penalizza il ritmo. Gli avversari si limitano a restare immobili o a tentare azioni con scarso ingegno, facili da interrompere o prevedere. Il risultato è che il giocatore si trova a sconfiggere un nemico dopo l'altro senza mai percepire una reale sfida, al punto che persino i boss di metà gioco possono essere affrontati senza dover ricorrere a pozioni o strategie particolari.
Tuttavia, con il progredire della campagna, il sistema rivela alcune qualità. La possibilità di switchare in tempo reale tra quattro personaggi permette di sperimentare con combinazioni e approcci differenti. Shiki, con i suoi pugni gravitazionali, può lanciare i nemici in aria, aprendo a combo devastanti se seguito da Rebecca, capace di colpire a distanza con le sue pistole. Weisz, dotato del potere "Machina Maker", aggiunge un approccio tattico grazie alle torrette, mentre Homura offre uno stile basato sulla precisione e sulla velocità della lama. Ogni personaggio non solo ha abilità peculiari, ma un vero e proprio set di mosse distintivo, che invita a comporre strategie dinamiche. Quando queste interazioni funzionano, il combattimento si avvicina a un puzzle d’azione, con possibilità di concatenare attacchi e sfruttare status alterati per massimizzare l’efficacia.
Un’altra meccanica interessante è l’Overboost, un potenziamento temporaneo che incrementa attacco, difesa e resistenza allo stordimento, sbloccando mosse speciali aggiuntive. Il suo utilizzo, legato a una barra che si riempie progressivamente, introduce una dimensione gestionale che premia la pianificazione: scegliere quando attivarlo può fare la differenza nei momenti più difficili. Allo stesso modo, lo skill tree permette di personalizzare la crescita dei personaggi, sbloccando nuove abilità e potenziamenti che incentivano la progressione (che comunque risulta davvero molto lenta).
Le boss fight rappresentano i momenti migliori del sistema di combattimento. Pur non raggiungendo l’impatto spettacolare dei grandi action giapponesi, riescono a introdurre varietà con pattern più elaborati e mosse ad area che costringono a prestare attenzione. Alcuni scontri, come quello contro il Knight Gear Mage, restituiscono la sensazione di affrontare una minaccia concreta, capace di mettere alla prova il giocatore. Sono però eccezioni in un quadro generale che rimane troppo sbilanciato verso la semplicità.
Un limite evidente è l’assenza di animation canceling: una volta avviata un’animazione, non è possibile interromperla per schivare o reagire, lasciando il personaggio vulnerabile e generando frustrazione, soprattutto nelle prime ore. A questo si aggiungono i problemi della telecamera, spesso troppo ravvicinata o lenta nel seguire i movimenti, che riduce la leggibilità degli scontri. Anche l’IA dei nemici risulta incoerente: a volte iperattiva e caotica, altre volte completamente passiva, trasformando i combattimenti in una sequenza priva di tensione e troppo altalenante.
Il sistema di progressione è arricchito da una vasta gamma di equipaggiamenti e personalizzazioni. Oltre settecento pezzi di equipaggiamento e accessori consentono di modificare sia l’aspetto estetico dei personaggi sia le loro statistiche, introducendo una dimensione strategica alla personalizzazione. Questo elemento riesce a dare varietà, anche se spesso le differenze tra equipaggiamenti sono minime e rischiano di trasformarsi in puro collezionismo estetico. Interessante invece la possibilità di potenziare la nave Edens Zero, reclutando personaggi che sbloccano nuove funzioni e strutture a bordo: dalla cucina, che garantisce bonus temporanei, fino alle sale per minigiochi e relax.
Ed è proprio qui che emergono le contraddizioni più marcate. Il gioco offre numerose attività secondarie — cucinare, affrontare minigiochi, gestire le sale della nave, esplorare Blue Garden — ma poche di esse riescono a incidere davvero sul gameplay. I minigiochi sono semplici e ripetitivi, la cucina garantisce bonus marginali, e le missioni secondarie cadono nella monotonia. Si tratta di contenuti che arricchiscono in termini di quantità, ma non sempre di qualità, lasciando la sensazione di un mondo costruito più per trattenere il giocatore che per stimolarlo.

Edens Zero ha ottime performance su PC, ma non basta
Dal punto di vista tecnico e visivo, Edens Zero lascia una sensazione di ambivalenza: da un lato la sua veste cromatica vivace e l’impostazione artistica coerente con il manga e l’anime riescono a creare un impatto immediatamente riconoscibile, dall’altro le limitazioni del motore grafico e la mancanza di accorgimenti moderni finiscono per appesantire l’esperienza.
Partendo dalla grafica pura, i modelli dei personaggi principali sono curati e fedeli al materiale originale, con una resa che evidenzia in particolare i dettagli dei costumi e delle espressioni più marcate. Tuttavia, l’animazione facciale appare spesso rigida e poco naturale, con labiali che non sempre seguono la recitazione vocale e una gestualità limitata a schemi ripetitivi. Se confrontata con altri adattamenti anime di ultima generazione — come Dragon Ball Z: Kakarot o i titoli di CyberConnect2 legati a Naruto e Demon Slayer — la produzione Konami mostra una certa arretratezza tecnica, come se fosse rimasta ancorata a standard di due generazioni fa.
La resa degli ambienti soffre della stessa discontinuità: alcune zone spaziali e scenari planetari restituiscono un buon senso di verticalità e ampiezza, specie in Blue Garden con i suoi rilievi e l’esplorazione aerea, mentre molte aree della campagna principale risultano piatte, lineari e poco ispirate, costruite su schemi rettangolari che danno un’impressione di spazi abbozzati più che realmente vissuti. Anche gli effetti particellari legati agli attacchi Ether funzionano in termini di leggibilità, ma non brillano per spettacolarità.
Sul fronte prestazionale, i riscontri variano a seconda della piattaforma. Su console di nuova generazione, il gioco presenta cali di framerate nelle aree più ampie e fenomeni di pop-in delle texture, mentre su PC la situazione appare più solida. Testato con una RTX 4060Ti, il titolo gira senza problemi tecnici evidenti, mantenendo un framerate stabile anche nelle fasi più concitate. Tuttavia, resta un limite che pesa soprattutto per chi utilizza configurazioni moderne: Edens Zero non supporta nativamente l’ultrawide. Ciò significa che, anche su schermi 21:9, il gioco viene forzato al 16:9 con bande nere laterali permanenti. Una mancanza che riduce l’immersività e che, per un titolo uscito in piena epoca di schermi panoramici, appare anacronistica.
Un capitolo a parte merita l’aspetto audio, che rappresenta una delle vere eccellenze del comparto tecnico. La colonna sonora orchestrale, ripresa e ampliata rispetto all’anime, riesce a trasmettere un senso di avventura epica, alternando momenti corali a tracce più leggere e spensierate. Il doppiaggio giapponese originale garantisce qualità interpretativa, anche se limitato da cutscene statiche e dialoghi testuali, mentre le frasi di battaglia — ripetute fino alla saturazione — rischiano di diventare invadenti. Alcuni problemi di bilanciamento del mix audio, già segnalati dagli utenti, fanno emergere discrepanze tra effetti sonori e voci, con picchi improvvisi in alcune abilità.
Voto
Redazione

Edens Zero
In definitiva, Edens Zero è un titolo che alterna momenti di autentico fascino ad altri di evidente trascuratezza. La fedeltà al materiale originale, la colonna sonora orchestrale e l’ampiezza del cast giocabile riescono a creare un’esperienza che, a tratti, cattura davvero l’attenzione. Tuttavia, il combat system ripetitivo, la scarsa varietà dei nemici e un comparto tecnico arretrato finiscono per gravare su un progetto che ambiva a portare il manga di Hiro Mashima in una dimensione videoludica solida.
Chi è già fan della saga troverà un adattamento dignitoso, capace di regalare qualche soddisfazione; chi vi si avvicina per la prima volta potrà coglierne il lato leggero e avventuroso, ma dovrà accettare compromessi significativi in termini di gameplay e resa visiva. Nonostante tutto, resta un’opera che mostra potenziale e che lascia sperare in sviluppi più maturi in eventuali seguiti.


