Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

La recensione dell’action-adventure di Myrkur Games, production value alle stelle per un ambizioso AA che cade nelle solite falle del mercato mainstream 

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota - Recensione PS5

Echoes of the End è l’opera di debutto di Myrkur Games. Il team islandese propone un’esperienza che esalta la bellezza dei panorami locali, strizzando l’occhio ai lineari action-adventure tipici della settima generazione di console. La presentazione è impressionante per un progetto di tale portata, ma l’illusione s’infrange al primo salto fuori dai binari, per un pacchetto deludente dal punto di vista narrativo e inconsistente da quello ludico. Ma andiamo con ordine.

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

La storia di Echoes of the End prende piede in un universo fantasy di stampo medievale. Vestiremo i panni di Ryn, una Vestigia, un gruppo ristretto di umani in grado di utilizzare la magia e interagire con le Egide, enormi cristalli che (credo, non sono mai troppo chiari a riguardo NdR) stabilizzano gli elementi naturali e mantengono attivi i congegni di un’antica civiltà ormai scomparsa. Queste Egide in pratica rappresentano l’ultimo baluardo contro gli assalti del solito impero cattivo, le cui mire di espansione ancora mi sfuggono. Da quel poco che riusciamo a carpire non sembrano interessati alla tecnologia sepolta tra le rovine, e tutte le aree che visitiamo sono brulle, inospitali e piene di mostri. Contenti loro...

Ad ogni modo, durante un giro di ronda Ryn s’imbatte in un plotone d’infiltrazione imperiale, che sta manomettendo le Egide usando la propria Vestigia, Zara. Le due combattono, ma Ryn viene sconfitta, e suo fratello Cor rapito, perché agli imperiali pare serva una “guida”. La nostra protagonista si mette quindi in marcia assieme allo studioso Abram per sventare il piano malvagio e salvare il fratello. Come premessa ci può stare, ma il copione non si schioda molto dal punto di partenza.

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

Per un titolo che si definisce “cinematografico” ci sono un sacco di buchi in cui non succede assolutamente nulla. Dopo aver chiarito l’obiettivo nel prologo, ha inizio un lungo e verboso inseguimento di queste forze imperiali, che per qualche motivo ci sono sempre davanti, nonostante scaliamo montagne, tagliamo per grotte infestate e apriamo barriere millenarie. Dove cappero lo fanno passare ogni volta ‘st’esercito se il percorso è uno e ci passano solo acrobati e Vestigi!? Poi alla fine li raggiungiamo e per qualunque motivo siamo obbligati a una deviazione, li perdiamo di vista e il ciclo ricomincia.

L'intreccio di Echoes of the End pare più una checklist di posti da visitare che una trama coesa. Tutte le location sono bellissime, per carità, ma sono collegate narrativamente come lo sono i mondi di un Super Mario Bros. a caso. La storia in sé invece non convince. Ryn è il classico stereotipo moderno della donna “forte e indipendente”: scorbutica, condiscendente e perennemente imbronciata. Educazione e circostanze? Verissimo, ma non c’è davvero altro a delinearne il personaggio, e il suo unico punto in sospeso, il trito e ritrito complesso paterno, si risolve dal nulla per grazia degli spettri della Forza, che la aiutano a capire cose (e il fatto che pensi a Boris scrivendo questo non è positivo NdR).

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

Abram è già più interessante per via della sua conoscenza del mondo di gioco, che gli consente di riempire i silenzi tra una traversata e l’altra. Il suo background e la sua crescita non sono proprio una novità, mentre gli immancabili commenti sarcastici e le one-liner tra i due annoiano dopo un po’. I cattivi dal canto loro... esistono. Sono cattivi e fanno cose da cattivi, manco si prova a giustificarli e ogni tentativo di dialogo è abbastanza sterile. Escono pure di scena senza troppe fanfare, così, de botto.

Echoes of the End dura qualcosa come 10-15 ore, e comunque non riesce a mantenere una linea uniforme lungo tutta la sua durata, non solo a livello narrativo, ammiccando a destra e a manca per poi perdere pezzi strada facendo. Le interpretazioni sono eccellenti, ma il materiale con cui devono lavorare lascia veramente a desiderare. Il potenziale c’era, le idee pure, ma è stato preferito intraprendere la via più facile, propinando un risultato estremamente generico.

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

Sul profilo ludico, il titolo Myrkur Games si dimostra altrettanto eclettico, con annessi i pro e i contro del caso. L’avventura si configura all’avvio come il vostro tripla A di quartiere, tra strettoie per cambiare area, sezioni scriptate, e quelle sequenze “panoramiche” obbligate, con il passo che si riduce ad una camminata lenta e la telecamera che si concentra sull’orizzonte per farti ammirare qualcosa che avrei notato benissimo da solo. Senza contare la presenza del solito partner comandato dall’IA per aprire cancelli, oltrepassare dislivelli e attivare congegni a distanza, oltre che dare chiacchiera.

Francamente se Ryn avesse trovato una sorta di guanto elettrico Abram non servirebbe nemmeno, anche perché i livelli non sembrano studiati per ospitare persone "normali”, visto che il più delle volte lo vediamo volare verso il prossimo checkpoint con un rampino magico (manco Spider-Man dell’era PS1), oppure si teletrasporta direttamente al nostro fianco quando non guardiamo. Immagino che all’epoca in cui il gioco venne concepito (lo sviluppo è stato bello lungo) andavano di moda The Last of Us e God of War, quindi doveva avere una spalla da affiancare al protagonista.

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

Stavo già sbadigliando dopo dieci minuti, ma poi Echoes of the End introduce una componente puzzle-platform, sulla scia dei Prince of Persia di sesta generazione, e si comincia un po’ a respirare. L’interazione con l’ambiente è limitata e le azioni sono molto guidate, ma spostare casse in giro e ruotare ponti per creare un percorso per noi o il nostro collega è piuttosto interessante.

Ogni capitolo ha inoltre l’ardire di presentare una nuova meccanica per aggiungere pepe all’esperienza. Non tutte convincono appieno, ma la varietà non manca di certo, tra soffitti magnetici, pareti e ponti illusori, e cumuli di sabbia che si appiccano al muro e puoi manipolare per creare piattaforme. Il level design, tra l’altro, si premura di espandere a dovere ogni concetto, proponendo sfide via via più complesse. C'è da dire però che come assetto può stancare alla lunga, poiché ogni meccanica è esclusiva di quel particolare capitolo, la vedremo applicata sempre nella medesima location prima di essere abbandonata per sempre, e alcune parti si trascinano un po’ troppo.

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

Non è esattamente il titolo in cui mettere alla prova riflessi o materia grigia, ma da questo punto di vista svolge un buon lavoro nell’intrattenere lo spettatore. Purtroppo tra una traversata e l’altra si è costretti a sguainare la spada, e qui cominciano i problemi. Il combat system è il tallone di Achille di Echoes of the End. Sulla carta abbiamo un modello in terza persona che unisce combo all’arma bianca più abilità magiche e schivate con i-frame (no, non è un soulslike). Finché abbiamo mana disponibile è (quasi) sempre uno spasso, perché possiamo scagliare via i nemici, buttandoli di sotto oppure facendoli scontrare tra di loro, o ancora lanciargli oggetti raccolti da terra, creare vortici e altre amenità. Poi tocca recuperare carburante a suon di fendenti, e lì emerge più di qualche crepa.

Da dove partire? Soldati e mostri attaccano tutti insieme, accalcandosi, eppure nonostante gli ampi movimenti di Ryn i nostri colpi non ne beccano più di uno per volta. Poco male, abbiamo stamina infinita per rollare fuori dalle scatole o girargli intorno, ma in tal caso si fa la conoscenza di un tracking degno di Elden Ring (in negativo) e tiratori con l’aimbot. A questo aggiungiamo che dopo un paio di danni i nemici decidono di ignorare lo stagger e menare attraverso i nostri attacchi, rendendo impossibile eseguire le tecniche più complesse e buttando al macero l’intero albero delle abilità legate al combattimento in mischia. Vero, possiamo pure noi continuare a colpire in mezzo alle botte e curarci regolarmente drenando il primo malcapitato a portata, ma è tutto campato per aria, non c’è uno straccio di finezza.

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

Abbiamo un counter, le cui tempistiche cambiano come l'oroscopo (meglio non farci affidamento), il lock manuale si perde spesso per strada, oppure inquadra bersagli a caso, e sono abbastanza sicuro che il gioco “mangi” gli input di tanto in tanto. Non si riesce mai a passare da spada a magia e viceversa in modo fluido, provare ad approcciarlo come un action "serio" è un suicidio. Ne conseguono orde avvilenti, nonostante il potenziale di un Dark Messiah moderno, e boss fight lunghe e frustranti, a dispetto di pattern elementari. L’early game è la fase peggiore, poi si va a migliorare con l’acquisizione di nuove skill, tuttavia le occasioni in cui ci si diverte davvero in battaglia sono poche.

Tornando al discorso longevità, le già menzionate 10-15 ore alternano dunque attimi narrativi senza particolare mordente, salti nel vuoto, “parkour” ed enigmi ambientali intriganti, sebbene poco impegnativi, e un sistema di combattimento raffazzonato. Servizievole, ma nulla che ricorderò negli anni a venire. Una modalità New Game+, per apprendere tutte le abilità e fare bordello dal principio, o un selettore dei capitoli, per recuperare i collezionabili mancanti, non ci sarebbero dispiaciuti. Considerato il ritmo però non ho tutta questa voglia di una seconda run...

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

Dal punto di vista tecnico, Echoes of the End è un gioiellino. Gli scenari ricreati con l’Unreal Engine 5 sono tratteggiati con cura ed estremamente realistici; atmosfere, effetti speciali ed illuminazione non sono da meno (eccetto delle fiamme in bassa risoluzione e scattose nell’ultimo capitolo, se le saranno scordate). Non avrebbe guastato a mio avviso qualche area più “fantasy”, rispetto ai paesaggi naturali, ruderi e grotte più o meno già visti altrove. C’è da dire poi che il gioco è un corridoio scriptato, pieno di muri invisibili e poco propenso a lasciarsi esplorare. Un fermacarte, insomma, ma molto bello. Niente male anche i modelli dei personaggi e le animazioni facciali, sebbene Ryn nei primi piani talvolta abbia degli strani spasmi che la fanno sembrare più infastidita del solito. Esilarante, se non altro.

Su Steam ho letto numerose recensioni negative riguardo prestazioni claudicanti, ma almeno su PS5, in modalità Performance, il titolo Myrukur Games regge botta senza incertezze. Ricordatevi solo di spegnere il motion blur, tende a “spalmare” le texture durante i filmati. Quanto a bug, il gioco ha il vizio di crashare quando si smanetta con le impostazioni grafiche. Scendendo dalla barca capita di cascare nelle texture, e se si è abbastanza “curiosi” si riescono a superare le barriere architettoniche e ad incastrarsi nei muri. La possibilità di riprendere dall’ultimo checkpoint avrebbe fatto comodo. Infine, in merito al comparto audio, ho già elogiato l’ottimo doppiaggio in inglese. La colonna sonora invece adotta i sempreverdi brani orchestrali dal sapore epicheggiante. Funzionali sul momento, ma poco memorabili.

Echoes  of the End, il rimbombo di una stanza vuota – Recensione PS5

Echoes of the End

Versione Testata: PS5

6

Voto

Redazione

echoes-of-the-end-recensione.jpg

Echoes of the End

Ambizioso, ma senza grinta, Echoes of the End prova a imporsi facendo il verso ai big del settore, ma risulta fiacco e poco coinvolgente. Il colpo d’occhio è ineccepibile, e la componente puzzle-platform ha i suoi guizzi, ma vengono portati giù da una storia priva di direzione e un sistema di combattimento da rivedere. L’utilizzo dei poteri magici di Ryn regala grandi soddisfazioni, ma quando non sono al centro dell'attenzione il gioco si affloscia, per un’esperienza che diverte a tratti e pecca di rifiniture. Il potenziale c’è, ma rimane inespresso. Dategli una chance se vi piacciono le avventure dal piglio narrativo, ma aspettatevi qualche grattacapo.

Iscriviti alla Newsletter

Resta aggiornato sul mondo Gamesurf: anteprime, recensioni, prove e tanto altro.

ISCRIVITI