La recensione di Dear me, I was..., visual novel al confine col cinema

Lettere da un futuro passato

La recensione di Dear me, I was..., visual novel al confine col cinema

Care lettrici e cari lettori di Gamesurf,

Come state? Spero che questa mia missiva vi trovi bene. Molto più probabilmente vi troverà in vacanza, ma pensarci davanti alla tastiera mi distoglie da quello che è il vero motivo di questo carteggio. 

Vi scrivo infatti per farvi una domanda: vi è mai passato per la mente di scrivervi una lettera da soli? Di ripensare alla versione di voi che ormai è imprigionata nel passato e volerla raggiungere con due righe per raccontargli com’è andata? Se la risposta è sì, vi siete scappati l’idea per un videogioco, perché prima di voi è arrivato Taisuke Kanasaki con Dear me, I was…, titolo annunciato da Arc System Works nel proprio Showcase di inizio giugno e portato a fine luglio in esclusiva su Nintendo Switch 2. 

Dear me, I was… Taisuke Kanasaki

Probabilmente, dopo aver letto l’introduzione vi sarà comparsa in volto una domanda: ma parliamo proprio di Arc System Works? Gli stessi dei picchiaduro? Quelli della saga Guilty Gear? Ma quelli che hanno fatto Dragon Ball FighterZ? No, dai, stanno lavorando a Marvel Tokon: Fighting Souls per Sony, impossibile. Invece sì, sono proprio loro. O meglio, un manipolo di autori che hanno ottenuto dai loro boss l’autorizzazione a dedicarsi a un progetto di nicchia, lontano per atmosfere e trame a ciò che lo studio è abituato a proporre al proprio pubblico. 

La recensione di Dear me, I was..., visual novel al confine col cinema

Dietro Dear me, I was… c’è prima di tutto il già citato Taisuke Kanasaki, art director entrato nella famiglia di Arc System Works quando lo studio ha inglobato al suo interno alcuni elementi di Cing, compagnia indie con in curriculum una discreta lista di apprezzate visual novel. E l’influenza dei fuoriusciti da Cing nel tempo si è vista sotto forma di una serie di esperienze narrative realizzate da Arc System Works anche per sfruttare il talento di Taisuke Kanasaki nel genere a lui più congeniale, l'avventura narrativa appunto. Chase:Cold Case Investigations - Distant Memories e Hotel Dusk: Room 215, entrambi usciti per 3DS, sono due ottimi esempi di titoli diretti da Taisuke Kanasaki e premiati col riconoscimento tanto dalla critica, quanto dal pubblico. 

Dear me, I was…, dunque, è l’ultima e delle fatiche di Taisuke Kanasaki, nonché quella che porta al confine più estremo il concetto di visual novel, spingendo il videogioco verso il suo limite minimo di interattività per modellarlo nel medium a lui più necessario per raccontare la storia che ha in mente. 

Una vita come tante

Dear me, I was… è la storia di una donna, una giovane donna che cresce e invecchia. attraversando negli anni lutti, piccoli momenti di felicità, delusioni, allontanamenti e riavvicinamenti, qualche sporadica leggerezza. una vita ordinaria che ambisce a diventare straordinaria attraverso gli strumenti utilizzati per narrarla. E che a Taisuke Kanasaki (accompagnato dal director Maho Taguchi e dal producer Ryoehi Endo) interessi soprattutto raccontare si capisce abbastanza presto, sia perché il gioco non si perde in lungaggini, ma dice tutto quello che deve dire in un’onestissima ora e mezza scarsa, sia perché come già detto in apertura, l'interattività è ridotta davvero al minimo.

La recensione di Dear me, I was..., visual novel al confine col cinema

Di fatto quello che si svolge davanti agli occhi dello spettatore è un film animato, con saltuari momenti in cui un cursore appare a video segnalando all’utente la necessità di compiere un’azione (sempre intuitiva) per far avanzare il racconto. La colazione è il punto di partenza di ogni capitolo, una soluzione elegante per mostrare senza il bisogno di parole lo scorrere del tempo del racconto. Dopo di che, quel che viene presentato a video è una sequenza di immagini, una sorta di fumetto con qualche animazione, attraverso cui viene raccontata senza l’uso di parole la vita della protagonista. 

I toni sono delicati, in sintonia coi colori pastello che dominano il racconto, quasi rarefatti, in sintonia con una sensibilità abituale in questo genere di narrativa orientale e più nello specifico giapponese. Quella di Dear me, I was… è una storia comune, di crescita attraverso il lutto e la delusione, di belle persone nel momento sbagliato, una vita probabilmente non tanto dissimile da quella di chi sta dall’altra parte dello schermo. L’assenza di parole rende ogni scena sfumata, i significati leggeri come piume, le interpretazioni accennate: al di là del senso complessivo dell’opera, ciascuno ci vedrà prospettive diverse nei singoli eventi, a seconda della propria predisposizione o esperienza. 

La recensione di Dear me, I was..., visual novel al confine col cinema

Personalmente, probabilmente non dispongo della sensibilità adatta affinché Dear me, I was… risuonasse sulle giuste corde, però sono disposto a riconoscere all’avventura narrativa di Arc System una forte coerenza autoriale e artistica, oltre al prezzo contenuto. Il videogioco è bello perché è vario, e se c’è posto per tutti è ancora più bello. 

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