La recensione di Assassin’s Creed Shadows: Gli Artigli di Awaji – Un epilogo piuttosto "divisivo"
Il primo DLC ambientato sull’isola di Awaji chiude le vicende lasciate in sospeso, ma tra ripetizioni, missioni frustranti e un Yasuke poco incisivo rischia di lasciare l'amaro in bocca

Con Assassin’s Creed Shadows: Gli Artigli di Awaji, Ubisoft inaugura il primo DLC del capitolo ambientato nel Giappone feudale, un contenuto che si colloca al termine della campagna principale e che richiede di aver completato anche l’epilogo. È dunque un’espansione da endgame, concepita come prosecuzione naturale della storia, ma che porta con sé anche un carico di aspettative: molti giocatori si aspettavano risposte alle domande lasciate in sospeso dal finale del gioco base. L’uscita del DLC, sviluppato da Ubisoft Bordeaux (già responsabili di Mirage), è stata percepita fin da subito come più di un contenuto opzionale: qui si gioca un epilogo che alcuni hanno definito “il vero finale” dell’avventura.
Il nome stesso, Gli Artigli di Awaji, richiama l’isola che fa da teatro a questa nuova fase della lotta tra Assassini e Templari. Un territorio aspro e ostile, pieno di imboscate, pattuglie e tensione costante, dove il giocatore viene spinto in una dinamica di cacciatore e preda più marcata rispetto al gioco base. L’espansione promette quindi di coniugare due anime: da un lato la chiusura narrativa con la verità sulla madre di Naoe e i resti dell’Ordine in Giappone, dall’altro un gameplay che cerca di innestare qualche novità in una formula già collaudata.
Ma la domanda che accompagna questo contenuto è inevitabile: siamo davvero di fronte a un capitolo imprescindibile della saga o a una semplice estensione pensata per allungare l’esperienza di Shadows?

Assassin’s Creed Shadows: Gli Artigli di Awaji è un DLC che poteva fare meglio
Dal punto di vista narrativo, Assassin’s Creed Shadows: Gli Artigli di Awaji si presenta come la prosecuzione diretta degli eventi principali, ma resta prigioniero dell’ombra del finale incompleto del gioco base. La vicenda riprende il filo con la madre di Naoe e con la nuova fazione templare dei Senzokua, ma la risoluzione appare debole e poco incisiva: i dialoghi tra madre e figlia non trasmettono la carica emotiva attesa e persino la grande antagonista Yukari non riesce a imporsi come nemica memorabile.
La progressione narrativa segue uno schema già visto: tre luogotenenti da abbattere prima dello scontro finale. Sulla carta, Awaji introduce un elemento interessante, perché l’isola è ostile e piena di imboscate, e i nemici reagiscono in modo più aggressivo. Tuttavia questa dinamica, che avrebbe potuto rendere la campagna più tesa e coinvolgente, resta un’idea appena accennata, mai sviluppata fino in fondo.
Il confronto con gli altri DLC della “nuova trilogia RPG” è inevitabile. Odyssey aveva osato con Il destino di Atlantide, portando i giocatori in un contesto mitologico unico e sorprendente. Valhalla, pur con i suoi limiti, ha saputo proporre espansioni come L’assedio di Parigi, con un’identità storica forte e riconoscibile. Gli Artigli di Awaji non raggiunge né l’ambizione di Odyssey né il carisma storico di Valhalla: rimane ancorato a un intreccio più contenuto, quasi timido, che chiude formalmente le linee narrative ma senza imprimere un vero ricordo duraturo.
Quanto alla longevità, il DLC si attesta sulle 8-10 ore di gioco, variabili in base al tempo dedicato alle attività secondarie. Un valore che, pur onesto, rischia di lasciare una sensazione più di dovere completato che di avventura realmente appagante.
Il gameplay de Gli Artigli di Awaji aggiunge un po' di potenziale, largo al Bo!
Sul fronte del gameplay, Gli Artigli di Awaji alterna momenti in cui sembra voler sperimentare a tratti in cui rimane inchiodato al loop già noto di Shadows. L’apertura del DLC, con la breve sequenza in 2D che richiama i vecchi Chronicles, è un esempio di come la serie potrebbe concedersi più libertà creativa. Si tratta di un passaggio breve ma ispirato, che dimostra come Ubisoft sappia ancora sorprendere quando osa. Purtroppo, dopo questo incipit, il DLC ritorna su binari conosciuti: accampamenti da ripulire, templi da esplorare, torri da sincronizzare. È la stessa struttura già vista, solo su una mappa più piccola.
La vera novità è l’introduzione del Bastone, una nuova arma per Naoe con skill tree dedicato e tre posture distinte. Le combinazioni tra colpi alti, bassi e neutri permettono di spezzare la guardia degli avversari, destabilizzarli e creare aperture in fase offensiva. Non cambia radicalmente il combat system, ma riesce a rendere gli scontri più dinamici e a dare finalmente al personaggio un’alternativa tecnica e stilisticamente appagante. È uno degli aspetti meglio riusciti dell’espansione e, sebbene non rivoluzioni il gameplay, regala una ventata di freschezza.
Il livello di sfida è calibrato verso l’alto: gli avversari hanno livelli adattivi che possono toccare quota 55, e la densità di guardie, ronin e shinobi nell’isola di Awaji rende ogni spostamento carico di tensione. Ogni strada può trasformarsi in un’imboscata, con trappole, pattuglie improvvise e ronin pronti a bloccare il cammino. In questo contesto, alcune boss fight riescono a distinguersi: quella ambientata nella palude, in cui Naoe deve individuare una shinobi rivale sfruttando indizi sonori e inganni, è un raro esempio di scontro realmente stealth e una delle sequenze più memorabili dell’intero pacchetto.
A queste si aggiungono missioni di travestimento e pedinamento, che pur marginali restituiscono la sensazione di tornare a vivere da assassino, con un ritmo meno legato alla mera forza bruta e più orientato all’astuzia e all’infiltrazione. Peccato che questi momenti restino eccezioni: il cuore dell’esperienza continua a girare attorno al loop delle attività già visto nel gioco base.
Il punto critico rimane la gestione della progressione: la caccia ai dodici capitani legati al luogotenente Tomi si trasforma in un collo di bottiglia frustrante, senza indizi chiari e con il rischio concreto di bloccare il ritmo narrativo per ore. Una scelta che sembra più pensata per gonfiare artificiosamente la durata che per stimolare la creatività del giocatore.

Se Naoe guadagna un nuovo strumento versatile come il Bastone, Yasuke resta invece un personaggio quasi statico, con poche aggiunte rispetto al gioco base. La sua forza bruta continua a essere efficace nelle sezioni di combattimento aperto, ma la sensazione è che il personaggio sia rimasto schiacciato dalla ripetizione delle stesse meccaniche, prive di una reale evoluzione in termini di gameplay. Alcune boss fight, anzi, sembrano costruite per obbligare il giocatore a giocarci con esiti discutibili: scontri prolungati, avversari con barre di salute esagerate e pattern di attacchi basati su combo devastanti che riducono il divertimento a una serie di schivate infinite.
Questa scelta non solo appesantisce il ritmo, ma fa emergere un problema più ampio: Yasuke appare come un comprimario imposto più che come un co-protagonista. Il contrasto con Naoe è evidente: la shinobi gode di varietà e nuove opzioni, il samurai si ritrova invece intrappolato in un ruolo sempre meno stimolante. La progressione non premia abbastanza chi decide di investire tempo su di lui, e i momenti in cui il gioco forza la sua presenza finiscono per accentuare la sensazione di rigidità.
È un peccato, perché Yasuke aveva le carte in regola per diventare il simbolo di una potenza diversa, complementare allo stealth di Naoe. Invece, nel contesto del DLC, sembra quasi un freno: più che esaltare la diversità dei due protagonisti, il gameplay mette in luce lo squilibrio. E quando le sezioni a lui dedicate diventano frustranti o mal calibrate, l’impressione è che si tratti di un’occasione mancata, una zavorra che riduce l’impatto complessivo dell’espansione.
Ambientazioni un po' troppo familiari in Assassin’s Creed Shadows: Gli Artigli di Awaji
Dal punto di vista visivo, Gli Artigli di Awaji non si discosta in maniera sostanziale dal gioco base (qui la recensione): l’isola è affascinante e ben costruita, ma non introduce elementi davvero capaci di differenziarla dal resto del Giappone già esplorato in Shadows. Spiagge battute dalle onde, scorci di foreste intricate e paludi nebbiose creano un paesaggio suggestivo, ma la sensazione è quella di muoversi in un territorio che, se non fosse per la mappa ridotta, potrebbe tranquillamente appartenere a una qualsiasi delle regioni precedenti.
Sul fronte tecnico, la novità principale è l’aggiornamento delle cutscene a 60 fps su PC, che contribuisce a rendere le sequenze più fluide e integrate con il resto del gameplay. Tuttavia, questo miglioramento non riesce a mascherare le debolezze delle animazioni facciali, ancora troppo rigide e plastiche per un titolo di questa scala. La mancanza di motion capture avanzato si percepisce in modo netto, e vanifica parte del peso emotivo che certe scene avrebbero potuto trasmettere.
In termini di direzione artistica, Ubisoft conferma la sua capacità di costruire scenari ampi e suggestivi: basta fermarsi a osservare un tramonto sul mare o la foschia che avvolge un villaggio per ritrovare quella bellezza contemplativa tipica della saga. Eppure, manca il colpo d’occhio unico che renda l’isola di Awaji un luogo iconico, capace di distinguersi nella memoria dei giocatori. Non c’è un equivalente di Atene o di Parigi: Awaji è semplicemente un’altra tappa, ben realizzata ma senza quell’identità che ti spinge a ricordarla nel tempo.
Versione Testata: PC
Voto
Redazione

Assassin's Creed Shadows
Assassin’s Creed Shadows: Gli Artigli di Awaji lascia una sensazione contrastante. Da un lato propone un’ambientazione suggestiva, un’arma capace di rinfrescare il combat system e alcune missioni che richiamano lo spirito più autentico della saga. Dall’altro però rimane ancorato a schemi già visti, con sezioni frustranti e un epilogo che sembra più un dovere che una conquista. È un contenuto che completa l’esperienza, ma raramente riesce a elevarla davvero oltre il compitino.

