Ultimate Spider-Man 1 Sposato con Figli: Hickman e Checchetto reinventano Peter Parker nella nuova era della Marvel Collection - La Recensione

Nel mondo del fumetto supereroistico, è raro che un rilancio riesca davvero a sorprendere. Le formule si conoscono, i personaggi anche, e l’illusione del cambiamento spesso dura lo spazio di un’uscita. Ma Ultimate Spider-Man – Sposato con Figli ha qualcosa di diverso. Non solo perché segna il ritorno ufficiale dell’etichetta Ultimate – a ventitré anni dalla sua nascita – ma perché lo fa con un approccio che mette da parte ogni nostalgia. Questa nuova serie, scritta da Jonathan Hickman e disegnata da Marco Checchetto, riparte da Peter Parker, sì, ma non da quello che conosciamo. Qui non c’è spazio per l’adolescente pieno di dubbi: c’è un uomo, un padre, un marito. E nel momento in cui la sua quotidianità si intreccia con l’eroismo, inizia davvero qualcosa di nuovo.
Il volume raccoglie i primi sei capitoli di questa nuova interpretazione e segna una delle evoluzioni più intelligenti e mature del personaggio. Non solo per ciò che racconta, ma per come lo fa. Hickman costruisce un mondo coerente, attento al tempo che scorre – reale, non simbolico – e alle conseguenze che ogni scelta comporta. Il lettore si ritrova così dentro una storia che non cerca di stupire a ogni pagina, ma che si prende il tempo necessario per farsi capire, per costruire relazioni credibili, per ridefinire cosa significhi oggi essere Spider-Man. Il fumetto, in fondo, resta uno dei pochi media capaci di fare tutto questo: cambiare pelle, restando fedele a se stesso; parlare a lettori di ieri e di oggi con la stessa voce, ma nuove parole. Ed è proprio questo il valore di Sposato con Figli: dimostrare che anche i miti possono crescere, senza perdere ciò che li ha resi grandi.
Essere Peter Parker, come reinventare un personaggio iconico
La forza di questa nuova incarnazione di Ultimate Spider-Man non sta solo nel cambio di status del protagonista, ma nel modo in cui quella trasformazione diventa racconto. Hickman non cerca la sorpresa a ogni costo, né si affida al richiamo facile della nostalgia. Al contrario, costruisce una narrazione solida, paziente, in cui la nascita di Spider-Man non è un fulmine a ciel sereno, ma il frutto di un lento processo di coscienza. Peter Parker non è ancora un eroe. È un uomo. È un padre. È qualcuno che ha scelto una vita tranquilla, e che si ritrova – senza volerlo – al centro di una rete più grande di lui. Il tempo scorre come nel nostro mondo, mese dopo mese, e con esso si muove anche il racconto: la tensione cresce, le relazioni si evolvono, e il lettore assiste non a una storia d’azione, ma a una storia di transizione.
Tra gli elementi più sorprendenti di questo rilancio c’è il ritorno di May “Mayday” Parker, la figlia di Peter e Mary Jane. Figura già apparsa in versioni alternative del Marvel Universe – basti pensare al suo ruolo nelle conclusioni di Civil War e Secret Wars – qui la ritroviamo in una forma inedita: non più simbolo di speranza o epilogo ideale, ma parte integrante del presente. Il suo sguardo innocente, curioso, a volte inquietantemente lucido, restituisce un’umanità che spesso nei supereroi viene sacrificata. E proprio nella dinamica familiare si gioca gran parte dell’identità della serie. Hickman non scrive solo la storia di un eroe che torna, ma quella di un uomo che lotta per restare ciò che è diventato.
Il dualismo tra Peter e Spider-Man è il centro emotivo del racconto. Non sono due lati della stessa medaglia, ma due realtà ancora divise, quasi incompatibili. Peter è consapevole del mondo che lo circonda, ma ancora riluttante a esserne travolto. Spider-Man, al contrario, è una figura che incombe, una possibilità che si fa strada poco a poco, insinuandosi nelle sue decisioni, nei suoi silenzi, nei suoi sensi di colpa. Quando finalmente le due identità iniziano a convergere, non c’è euforia né leggerezza: c’è la paura concreta di perdere ciò che si ama, la consapevolezza di quanto sia fragile l’equilibrio conquistato. In questo senso, la serie non aggiorna Spider-Man: lo riumanizza. Lo restituisce al lettore non come simbolo, ma come persona. E in un mercato narrativo che spesso preferisce la posa all’introspezione, questo è forse il gesto più rivoluzionario.
Una visione che supera il vecchio universo Ultimate
Sin dalla prima pagina, è chiaro che Ultimate Spider-Man punta a una regia visiva diversa. Marco Checchetto – già apprezzato su Daredevil e Punisher – mette in scena un mondo fatto di inquadrature studiate, scelte cromatiche essenziali e una narrazione grafica che non cerca l’eccesso, ma la precisione. Le sue tavole sanno alternare con naturalezza la tensione e la quiete, i momenti d’azione e quelli più intimi, senza mai perdere coerenza. C’è un rispetto quasi cinematografico per lo spazio, per la distanza tra i personaggi, per i vuoti e le pause. E quando la storia decide di fermarsi a cena in famiglia, o di restare per qualche tavola nello sguardo curioso di May, è lì che Checchetto dà il meglio di sé: nell’invisibile, nella cura dei gesti, nei dettagli che non chiedono didascalie.
Il suo design del nuovo Spider-Man è altrettanto significativo. La tuta non urla modernità, ma la suggerisce: è funzionale, sobria, con accenti tecnologici che non tradiscono l’essenza del personaggio. Lontana dagli eccessi delle versioni futuristiche o corazzate, questa nuova uniforme sembra pensata per un uomo che ha bisogno di agire, ma non di imporsi. È un abito da lavoro più che un’armatura. E proprio per questo, funziona.
Nel quarto numero, il testimone passa a David Messina, che si inserisce senza strappi nel linguaggio visivo della serie. Il suo tratto, più morbido e rotondo, accompagna perfettamente una narrazione più domestica e dialogata. Non c’è rottura, ma integrazione: come se anche graficamente il racconto sapesse quando rallentare, quando respirare. La palette resta coerente, con toni spenti, terrosi, lontani dalla saturazione dei prodotti più mainstream, a conferma della volontà di restituire realismo e quotidianità anche attraverso il colore.
Tutto questo funziona perché alle spalle c’è una visione chiara e autoriale, orchestrata da Jonathan Hickman. Il suo approccio, già noto per l’ampiezza progettuale e la coerenza interna delle trame, qui si piega al ritmo della vita quotidiana. Non c’è voglia di stupire, ma di costruire. Ogni tavola, ogni scambio, ogni silenzio è parte di una progettazione più grande, che non si limita a scrivere una serie, ma a dare forma a un nuovo universo narrativo, in cui lo stile è sostanza. Ed è questo, forse, il dettaglio che più colpisce: la sensazione di essere di fronte a un’opera che non improvvisa nulla, ma che non rinuncia, nemmeno per un attimo, all’umanità dei suoi personaggi.
Se vi piacciono i multiversi, questo volume fa al caso vostro!
Ultimate Spider-Man – Sposato con Figli non è solo un’ottima lettura: è un punto d’ingresso ideale per chi vuole riscoprire il personaggio senza affrontare decenni di continuity, ma anche per chi conosce Peter Parker da sempre e ha voglia di guardarlo da un’angolazione diversa. Questa serie non impone un reset forzato né pretende di rivoluzionare per stupire: sceglie invece una strada audace e controcorrente, raccontando l’origine di Spider-Man non come evento fondante, ma come processo lento, umano, credibile. Peter non è l’eroe perfetto, ma un uomo in cammino, e proprio per questo riesce a dire qualcosa di nuovo.
Il volume si fa apprezzare per la coerenza narrativa, per la cura del disegno, per la capacità di alternare momenti di quiete e tensione senza mai rompere il tono generale. Ma soprattutto, si distingue per il modo in cui riesce a parlare al presente, trattando temi come la genitorialità, il peso delle scelte, la necessità di riscoprirsi senza annullare ciò che si è. In questo senso, il rapporto tra Peter e i suoi figli – e in particolare con la piccola May – è stato una delle sorprese più belle del volume. Non è un semplice dettaglio narrativo, ma un elemento vivo, quotidiano, che aggiunge profondità autentica al personaggio. E devo ammettere che, da padre, leggere quei momenti ha avuto un effetto diretto: mi ci sono ritrovato. Ho percepito lo stesso istinto di protezione, la stessa difficoltà nel bilanciare presenza e responsabilità, quella tensione familiare che rende ogni scelta più vera. È raro che un fumetto riesca a toccare corde così personali, ed è anche per questo che questa nuova incarnazione di Spider-Man merita attenzione.