The Giver, il mondo di Jonas

Continua l'incessante ricerca dell'industria cinematografica americana di una nuova saga che inchiodi il target adolescente al cinema e, parallelamente, si allunga la scia di vittime sacrificate sull'altare del blockbuster seriale. Purtroppo The Giver é l'ennesimo corpo agonizzante, ucciso dall'urgenza di trovare il prossimo adattamento letterario capace di imporsi nei gusti del pubblico per più capitoli. Fan inviperiti, pubblico occasionale annoiato, botteghino piatto: questo l'esito del tentativo dei Weinstein di entrare nel florido ma imprevedibile comparto degli adattamenti young adult.

The Giver, il mondo di Jonas


Se da una parte il lettore appassionato vive nel terrore che la sua saga del cuore sia la prossima a venir sottoposta ad un adattamento approssimativo e superficiale, dall'altro é comprensibile perché, dopo i successi di Harry Potter, Twilight e Hunger Games, le major puntino ad accaparrarsi i diritti di opere che vantano più tomi all'attivo (quindi più film e più incassi) e un fandom agguerrito su cui contare per i primi, cruciali giorni di proiezione.

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Il problema é che "The Giver - il mondo di Jonas" - tetralogia pressoché sconosciuta in Italia ma famosissima negli Stati Uniti - é solo vagamente assimilabile al recente filone di young adult distopici. Pubblicato nel 1993, quando il concetto di YA nemmeno esisteva, é un racconto inizialmente utopico del mondo in cui il dodicenne Jonas vive, una società senza conflitti né disuguaglianze, fondata sull'aiuto reciproco tra cittadini. Quando Jonas viene designato come prossimo raccoglitore di memorie ottiene il privilegio e il dovere di apprendere dall'anziano Donatore ("the giver", appunto) i particolari di quella storia umana antecedente alla formazione dell'utopia e sconosciuta ai suoi concittadini. Jonas comincia quindi a comprendere il prezzo altissimo pagato dagli ignari abitanti per l'apparente serenità che regola le loro vite.

La pellicola segue più o meno il medesimo percorso e, a giudicare dal livello produttivo, tenta un approccio serio e curato alla sua fonte. Peccato che ogni sforzo (fra cui quello di Jeff Bridges, sostenitore della prima ora, protagonista e produttore) venga vanificato dal tentativo maldestro della sceneggiatura di avvicinare la storia al modello giovane eroe VS società repressiva di "Hunger Games" e "Divergent". Così il protagonista diventa un adolescente, interpretato da un incolore venticinquenne (!) Brenton Thwaites, più concentrato sulle sue turbe ormonali scatenate dalla magnetica Odeya Rush che sulle terribili azioni che I suoi familiari e amici non sanno di compiere giornalmente.

La sceneggiatura é il peccato originale del film, ambiziosa nel voler apportare cambiamenti importanti ma impacciata e banalotta nel farlo. Cancellando l'inconsapevole perpetuarsi delle logiche distopiche a livello collettivo nel tentativo di trovare un facile cattivo (interpretato da una parrucatissima Meryl Streep) finisce per indebolire ulteriormente la già debole logica interna della storia. Appesantito da inutili spiegoni e da alcune scelte di casting disorientanti (Katie Holmes? Taylor Swift??), il film finisce per rimarcare le incoerenze della fonte letteraria, scimmiottando successi con cui ha poco da spartire e risultando piatto, noioso, poco originale.

Peccato non si sia puntato sull'originalità della storia e se ne siano svilite la carica allegorica e le tematiche più controverse, puntando tutto sui misteri da svelare in eventuali sequel, che fortunatamente appaiono ad oggi improbabili.

The Giver, il mondo di Jonas