Napoleon, recensione: l’imperatore di Scott è troppo vecchio, in tanti sensi

## Troppo vecchio, in tanti sensi: Scott sa girare le scene di battaglia, ma nel suo Napoleon manca il perché e il come Napoleone cambiò il corso della storia. La recensione.

Napoleon recensione limperatore di Scott è troppo vecchio in tanti sensi

Napoleon non è un bel film ma la colpa, stavolta, è solo marginalmente di Ridley Scott. Come avvenuto per The Last Duel, 88enne regista inglese dimostra di essere totalmente a suo agio con l’imponenza, la complessità, la vastità di certi passaggi che hanno fatto la storia e che lui gestisce alla perfezione su grande schermo. Siano i terreni ghiacciati e insidiosi di Austerlitz, sia la grande piana percorsa da pioggia e vento di Waterloo, quando si fa la storia con le armi, i cavalli, i cannoni e le baionette Ridley Scott sa raccontarla con imponenza e precisione con immagini e movimenti di camera.

Il suo Napoleone, sul campo di battaglia, mette a buon frutto i milioni che Apple ha messo a disposizione per questa imponente produzione storica. Altrove, nei gabinetti di governo e a letto con Giuseppina, le cose si complicano parecchio. Il caveat è noto: il primo montaggio del film durava 4 ore, poi ridotto a 2 ore e 38 minuti per non trasformare l’esperienza di visione in sala in un sequestro di persona. I bonapartisti scottiani sostengono che si senta che il film abbia dei buchi, dei tagli, sia ridotto e snellito. Anche considerando l’enormità e la complessità della figura titolare, è comunque sconcertante che in 2 ore e 38 minuti si fatichi a dire qualcosa di Bonaparte uomo ma soprattutto politico e stratega.

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L’intento della sceneggiatura di David Scarpa sembra essere quello di smitizzare il condottiero, umanizzare la leggenda, ricordandone limiti, insicurezze, fortune, mancanze. Tuttavia, il risultato finale suona perfino reazionario, da nuovo Ancien Régime, che dimostra di essere sordo all’impatto che Bonaparte ebbe sui destini e sul futuro dell’intero continente.

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Com’è il Napoleone di Ridley Scott

Considerando l’età del suo interprete Joquin Phoenix (49 anni), verrebbe da immaginarsi che questo film si concentri sull’ultima fase di vita del condottiero. Napoleone morì a poco più di 51 anni, trascorrendo gli ultimi 6 in esilio sull’isola di Sant’Elena, poco più di uno scoglio “a 100 miglia dalla costa del continente africano”.

Invece Napoleon è un film biografico di stampo classico, che ci mostra un giovane soldato 20enne che assiste alla morte di Maria Antonietta e nei successivi 30 compie un’incredibile scala al potere sfruttando le incertezze della rivoluzione e poi aderendo alle stesse logiche ereditarie e dinastiche della monarchia appena calpestata. Napoleone incoerente, furbo, arrivista.

Scarpa racconta un giovane ventenne che ancora prova terrore sul campo di battaglia e non comprende per nulla il cuore della donna che amerà per tutta la vita, Giuseppina (Vanessa Kirby). Le sue insicurezze travestite da boria avrebbero senso se ci fosse un 20enne credibile davanti a noi, un uomo che profuma ancora di ragazzo che decide di sposarsi con una donna più anziana di lui di sei anni, un matrimonio, due figli. Invece abbiamo un Phoenix corrucciato e col labbro all’infuori, che fa apparire Napoleon un caso patologico, dimostrando ampiamente il doppio degli anni che dovrebbe avere. Stesso problema per Kirby, che non può essere la moglie matrona, oggi diremmo un po’ cougar, che lo ama e lo fa soffrire, sembrando ed essendo ben più giovane di lui.

Napoleon, recensione: l’imperatore di Scott è troppo vecchio, in tanti sensi

Non è una mera questione anagrafica, anche se quando si parla di figure così illustri, non può essere evitata. Non c’è l’energia, l’arroganza e la rozzezza del 20enne corso in Phoenix, anzi, c’è davvero poco in generale. Un po’ perché l’attore è poco ispirato, un po’ perché la sceneggiatura prende una scorciatoia molto brusca per provare il suo punto. L’intento è smitizzare Napoleone, in una prospettiva molto inglese, molto extra-europea, che vede in Napoleone un avversario da sconfiggere, un ordine (classista) da ristabilire.

Che con la sua ambizione borghese e il suo arrivismo populista Napoleone abbia fatto prosperare certi ideali della Rivoluzione francese, abbia dato un altro bello scossone all’aristocrazia e abbia messo in crisi il sistema ereditario di potere di mezza Europa, anticipando le dittature militari e il populismo di certi dittatori carismatici, passa completamente sopra la testa del film. Una pellicola con una scrittura semplicistica, così miope, puerile, che per smitizzare una leggenda gli nega caratteristiche senza cui è impossibile capire la parabola di Napoleone. Senza discorsi alle truppe, senza ovazioni del popolo, senza il fascino del seduttore e la mente acuta dello stratega, non si capisce come Napoleone sia riuscito a governare la Francia e a spaventare l’Europa per quindici e più anni.

La campagna d’Italia, gli ideali nazionali italici alimentati e poi traditi? Meno di una nota a piè di pagina. Paolina? Assente non giustificata. Il rapporto con le truppe? Appena accennato. Il risultato è dunque la biografia di un uomo che ingrassa, diventa burbero e vanitoso, conquistando incidentalmente la Francia e un pezzo d’Europa, vincendo battaglie ma perché, come? L’assedio di Tolone, la vittoria a Austerlitz, la campagna di Russia, la disfatta a Waterloo: registicamente raccontate con grande accortezza da Scott, ma narrate male da una sceneggiatura che sembra proprio non aver capito o trovato l’essenza del condottiero, senza nemmeno averlo in simpatia, oppure trovarlo interessante ancorché odioso.

Napoleon, recensione: l’imperatore di Scott è troppo vecchio, in tanti sensi

No, Joaquin Phoenix non funziona come Napoleone

Phoenix non c’è: non è magnetico, non somiglia particolarmente all’immaginario iconografico che leghiamo a Napoleone, non sembra nemmeno troppo convinto. In Joker, altra interpretazione che chi scrive non ha amato dell’attore, si percepisce il trasporto, l’entusiasmo. Qui invece Phoenix è spento, inadatto e con poco da dire e dare al personaggio.

Sbilanciato com’è a dare tutte le colpe a Bonaparte facendo passare quasi per eroi l’imperatore di Russia, quello d’Austria e ovviamente Wellington - un trio che incarna proprio ciò che l’Europa ha superato e archiviato per smettere di essere com’era e diventare come la conosciamo, nel bene e nel male - il film lascia una amarissima sfumatura reazionaria in bocca. Parte da un personaggio controverso, di cui non si può negare l’impatto, e finisce per ritrarlo come poco più di un despota che nonostante le proprie debolezze ha fatto la storia.

Con un altro attore, più calzante e più entusiasta, Napoleon sarebbe stato differente, migliore? Mi sento di dire di sì. C’è però un problema di fondo e forse irrisolvibile: Napoleon è un film scritto da un americano e girato da un inglese, due professionisti che per passaporto sembrano genuinamente incapaci di cogliere il punto, posizionandosi, diffidenti, al fianco del duca di Wellington che spera che arrivino i rinforzi in tempo dei prussiani per schiacciare l’odiato generale francese a Waterloo.

Napoleon, recensione: l’imperatore di Scott è troppo vecchio, in tanti sensi

Napoleon

Rating: V.M. 14

Durata: 157'

Nazione: Stati Uniti d'America, Regno Unito

5

Voto

Redazione

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Napoleon

Una visione tanto esterna, tanto scettica, potrebbe anche essere interessante, ma l’impressione che è sia mancata una comprensione basilare dell’uomo storico. Senza dare a Cesare quel che è di Cesare e a Napoleone quel che è di Napoleone, è difficile risolvere un film così convenzionale nei modi e ottuso nei contenuti.