Il fornaio: quando l'imperizia di un regista rovina il lavoro del cast

Scopriamo insieme pregi e difetti del film con Harvey Keitel e Ron Perlman su Prime Video

Il fornaio quando limperizia di un regista rovina il lavoro del cast

74 anni e non sentirli. O, almeno, non dare a vedere se li si sente. Ron Perlman, interprete di innumerevoli cult - da Il nome della rosa a Sons of Anarchy, senza dimenticare la voce prestata a Fallout, il videogame - si reinventa.

A 74 anni suonati si cala nei panni di un fornaio che si trova all’improvviso a diverso prendere cura della nipote che non aveva mai visto. E per prendersi cura intendo salvarla dai gangster che le danno la caccia.

In un film rovinato da un regista incapace di valorizzare il grande lavoro del cast.

La trama de Il fornaio

Il fornaio: quando l'imperizia di un regista rovina il lavoro del cast

Un fornaio anziano e tranquillo, dal passato con luci e ombre, è costretto a tornare alla vita che pensava di aver abbandonato quando suo figlio scompare dopo essere stato coinvolto in un affare illegale.

Il fornaio, Pappi (Ron Perlman) deve fare tutto il possibile per ritrovare suo figlio e per proteggere la nipotina Delphi (Emma Ho), di cui finora ignorava l’esistenza. La ragazzina è nel mirino dei gangster e l’improvvisato nonno si rivela, costretto dalle circostanze, un uomo che nasconde un’identità passata a fare tutt’altro che panini e croissant.

Quando la regia rovina il lavoro di tutti

Il fornaio: quando l'imperizia di un regista rovina il lavoro del cast

Il fornaio finisce per essere un caso interessante per dimostrare quanto l'imperizia di un regista - in questo caso Jonathan Sobol - possa fare la differenza, arrivando a rovinare l’ottimo lavoro del cast.

Ron Perlman e Harvey Keitel - perché c’è anche lui nel cast del film su Prime Video - hanno i capelli bianchi. Elisa Koteas, altro interprete di primo piano (La sottile linea rossa), di capelli ormai ne ha pochi ma il punto è lo stesso: se la cavano tutti alla grande in questo gangster movie che costringe gente di una certa età a (ri)sporcarsi le mani. Ma non è tutto, naturalmente.

Perché il film di Sobol scritto da Thomas Michael insieme a Paolo Mancini, attore e sceneggiatore qui nei panni di un detective, ci parla di una situazione di disagio famigliare. Prendere la strada sbagliata è facile, quando non si hanno alternative. Basta un’amicizia sbagliata e tutto precipita, in un gioco di scatole cinesi in cui, prima o poi, alzi il coperchio sbagliato.

Peter Stanton (Joel David Moore, Avatar, Palle al balzo) viene da una situazione famigliare disagiata e ha creato, suo malgrado, una situazione famigliare disagiata per la figlia Delphi (Emma Ho, Star Trek: Strange New Worlds). La storia de Il fornaio è così, un loop di disagio ed errori, segreti e bugie dei padri che ricadono sui figli. il fornaio viene descritto come un action movie ma è un film drammatico mischiato con il gangster movie. Le reazioni apparentemente esasperate di Delphi hanno una spiegazione, così come la sua situazione famigliare e il suo modo di vivere. Lei, che non sapeva di essere una nipote, incontra un uomo che non sapeva di essere un nonno mentre gli eventi somigliano sempre di più a un vortice in cui tutti i personaggi finiscono per essere risucchiati.

Il fornaio: quando l'imperizia di un regista rovina il lavoro del cast

Non siamo di fronte a un capolavoro, questo è certo. Ma la presenza carismatica di Keitel, Koteas e Perlman permette a Il fornaio di scorrere senza intoppi. Con un bel grado di tensione - sempre, in presenza di uno di questi tre grandi interpreti - che trasforma i timori in modo per riflettere sulla propria esistenza, sulle proprie scelte, su quell’insieme di elementi che hanno determinato ciò che molti definiscono destino.

A qualcuno vengono concesse seconde occasioni, ad altri no. E non si tratta di un meccanismo affidabile, o giusto, o infallibile: è così e basta. Proprio come la vita che ti fa nascere in un Paese, in una famiglia, in un contesto e non in altri posti.

Sì, certo: la composizione di una certa parte delle bande criminali locali - sembra ricalcare cliché fin troppo evidente ma non è così. È semplice aderenza alla realtà della criminalità di certe parti del Paese, quegli Stati Uniti così ricchi di scenari diversificati e degradati. Il personaggio del protagonista emerge gradualmente, insieme al suo passato. Continue scoperte ci danno evidenti indizi ma dobbiamo comunque aspettare la fine per conoscere tutto di questa storia. Una storia infarcita di violenza - nelle scene degli scontri non ci vengono risparmiati i dettagli macabri- che sa di déjà-vû e che ci porta esattamente dove ci aspettiamo, ma che non è il totale fallimento lamentato da altri. Si lascia vedere. Basta capire che non sono le sorprese a funzionare nella storia de Il fornaio: sono, piuttosto, le interpretazioni. Inclusa quella della giovane Emma Ho, che si confronta con attori di grande esperienza. L’esperienza - la nostra, di spettatori - ci rende la visione del film prevedibile, e ci mette anche in grado di notare le mancanze tecniche. Il budget impiegato non è quello adibito alle grandi produzioni, ma il lavoro sul casting è davvero buono. Il problema insormontabile resta la regia, che usa a vanvera strumenti come la macchina a mano e restituisce inquadrature prive di equilibrio senza nessuna ragione.

Ma per me Il fornaio merita una sufficienza proprio per le ragioni di cui parlavo prima: il cast. Per fortuna - inspiegabilmente - hanno accettato di lavorare con un regista che non sa fare il suo lavoro. Salvandolo, nonostante tutto.

Il fornaio

Rating: TBA

Durata: 104'

Nazione: USA

6

Voto

Redazione

il fornaio coverjpg

Il fornaio

Il fornaio, disponibile su Prime Video, è un gangster movie con un cast importante. Ron Perlman, Harvey Keitel ed Elias Koteas, insieme alla giovanissima Emma Ho, ci intrattengono con una storia fatta di scelte dei padri che ricadono sui figli. Purtroppo, nonostante la sceneggiatura sia prevedibile benché priva di intoppi, l’ottimo lavoro del cast viene intralciato da una regia imbarazzante. Jonathan Sobol farebbe bene a dedicarsi ad altro - cosa che del resto ha già fatto cimentandosi nella scrittura. La sceneggiatura è firmata da Thomas Michael insieme a Paolo Mancini, attore (qui è uno dei detective) ma anche sceneggiatore e regista. Magari, affidare la regia a lui avrebbe fatto la differenza. Le basi, proprio l’ABC di come si mostra una storia per raccontarla agli spettatori qui mancano. Ed è un peccato perché Il fornaio, grazie ai suoi interpreti, si lascia vedere senza difficoltà… Salvo quelle, paradossalmente, proprio visive. Inquadrature parziali, inclinate, tagliate male… Un disastro. La dimostrazione di come un grande cast può fare un ottimo lavoro, vanificato da un incompetente dietro la macchina da presa.