I segreti di Yellowstone, un thriller dove tutto è prevedibile

Nella produzione Lifetime per il piccolo schermo, una madre è alla disperata ricerca della figlia, scomparsa nel parco nazionale. Stasera su Rai2.

di Maurizio Encari

Jessie è in fuga da un marito violento e si mette in viaggio a bordo della sua auto con sua figlia Michelle, diciassette anni. Le due donne sono in viaggio verso il Canada, con l'obiettivo di allontanarsi il più possibile da quell'incubo quotidiano. Si fermano a un diner nel quale Michelle scende per ordinare qualcosa da mangiare, mentre la madre la aspetta al volante: proprio all'interno del locale la ragazza scambia qualche parola con un giovane ranger, che sembra voler flirtare con lei.

Rimessesi in viaggio, sono costrette a fermarsi nel bel mezzo del nulla in una strada che costeggia il Parco Nazionale di Yellowstone. Mentre l'adolescente decide di rimanere seduta in macchina e attendere l'arrivo dei soccorsi, Jessie opta pr raggiungere a piedi l'officina più vicina, dove ad attenderla trova il premuroso meccanico Grant. Ma quando torna alla vettura scopre che sua figlia è svanita nel nulla e per lei sarà l'inizio di un incubo.

I segreti - per modo di dire - di Yellowstone 

Il canale televisivo Lifetime è specializzato in produzioni a basso costo pensate per il mercato televisivo, dove spesso i protagonisti si ritrovano in balia di pericolosi stalker o assassini pronti a complicar loro la vita. Una serie di titoli spesso oggetto di (auto)parodia, indirizzati a uno specifico target che non ha grosse aspettative di sorta. I segreti di Yellowstone è solo uno dei tanti film a tema realizzati dalla compagnia americana, e non certamente tra i migliori.

Come già anticipato dal titolo, che sia quello nostrano o l'originale Disappearance in Yellowstone, la storia è ambientata proprio nell'iconico parco americano, con le incontaminate foreste dai colori autunnali a fare da sfondo alla disperata ricerca di risposte di una donna in cerca della figlia, scomparsa misteriosamente nel nulla. Misteriosamente almeno per lei, in quanto il pubblico sa già fin da subito che a rapirla è stata proprio quel giovane ranger apparentemente affabile conosciuto nel ristorante.

Su una premessa relativamente semplice, con la corsa contro il tempo prima che sia troppo tardi e timide suggestioni orrorifiche citanti la saga di Non aprite quella porta - ma il pubblico più impressionabile non ha nulla da temere, in quanto di sangue non ne sgorga manco una goccia - a caratterizzare ottanta minuti di visione segnati da soluzioni narrative via via più inverosimili.

Un racconto senza senso

Basti pensare che lo sceriffo invece di ascoltare la versione di Jessie la ritenga la principale sospettata della sparizione, arrivando ad ammanettarla violentemente senza darle il tempo di spiegare. Una delle tante assurdità di una sceneggiatura che si trascina stancamente su step prefissati, in attesa di quell'inevitabile resa dei conti finale, dove è la natura selvaggia a giocare un ruolo importante per lo scontatissimo happy end.

Non manca nemmeno un'irrazionale sottotrama romantica, con la nascita di una potenziale nuova coppia proprio in una fase in cui nessuno sano di mente penserebbe all'amore, ma d'altronde la credibilità dei personaggi è pari a zero, anche per via di un cast non particolarmente in forma e centrato nei rispettivi personaggi. Aren Buchholz è assolutamente improponibile come villain, mentre Lucie Guest sembra tutto tranne che una madre affranta; va un po' meglio alla giovane Cassandra Sawtell, che ben si adatta al ruolo di ipotetica vittima da salvare.

Il regista Tony Dean Smith, la cui carriera per farsi un'idea vanta pellicole come Il killer del piano di sotto (2019) e Il killer della porta accanto (2020), varia parzialmente lo schema delle classiche produzioni Lifetime, solitamente girate quasi totalmente in ambienti chiusi, sfruttando il suggestivo palcoscenico ambientale di questi immensi boschi, ma a livello di stile la qualità rimane assai bassa, con un approccio totalmente piatto e impersonale. La tensione è così soltanto un lontano ricordo, anche nelle scene sulla carta più ansiogene che risultano involontariamente ridicole