I.S.S., recensione: un thriller spaziale intrigante ma prevedibile
Astronauti russi e americani si trovano a gestire una situazione complicata quando sulla Terra scoppia una guerra atomica tra le due superpotenze. Su Netflix.
Mentre sulla Terra è un mondo ancora pieno di conflitti e attriti, la Stazione Spaziale Internazionale rappresenta uno dei simboli più iconici della cooperazione tra Stati Uniti e Russia, un avamposto dove la scienza trascende la geopolitica e dove astronauti di nazioni rivali lavorano fianco a fianco per il progresso dell'umanità. Quando la dottoressa Kira Foster e l'astronauta Christian Campbell arrivano alla stazione per unirsi al loro comandante Gordon Barrett, vengono accolti calorosamente dai tre cosmonauti russi già presenti a bordo: Weronika Vetrov e i fratelli Nicholai e Alexey Pulov.
In I.S.S. la convivenza nata e continuata all'insegna dell'armonia viene brutalmente interrotta quando attraverso le finestre della stazione gli astronauti assistono a uno spettacolo apocalittico: una serie di devastanti esplosioni nucleari che illuminano il nostro pianeta. Le comunicazioni con il controllo a terra si fanno frammentate e confuse, ma il messaggio che arriva è cristallino: è scoppiata la guerra nucleare tra Stati Uniti e Russia. E i due equipaggi ricevono degli ordini inequivocabili, che rischiano di mettere gli uni contro gli altri in maniera del tutto imprevedibile.
I.S.S.: nello spazio nessuno può sentirti urlare
La sceneggiatura di Nick Shafir era comparsa all'interno della prestigiosa Black List del 2020, ovvero la lista annuale degli script non ancora prodotti più apprezzati dall'industria hollywoodiana. E difatti il concept di I.S.S. è indubbiamente intrigante e incredibilmente attuale: in un'epoca in cui le tensioni tra Stati Uniti e Russia sono tornate quasi ai livelli della Guerra Fredda - pur con repentini cambi di umore - l'idea di trasportare questo conflitto nella località più lontana possibile possiede un'immediata carica tensiva, capace di fondere gli archetipici della fantascienza realistica con interessanti diramazioni geopolitiche.
Dietro la macchina da presa troviamo Gabriela Cowperthwaite, documentarista pluripremiata nota soprattutto per Blackfish (2013), che scatenò un dibattito mondiale sul trattamento delle orche in cattività nei parchi acquatici. I.S.S. rappresenta il suo esordio in territorio sci-fi, un salto alquanto pindarico derivato dal suo dichiarato amore per il cinema di genere.
Per ambientare la vicenda son stati utilizzati dei set ricostruiti ad hoc atti a replicare fedelmente gli interni della vera Stazione Spaziale Internazionale, con alcun trucchetti per simulare la gravità zero e dare l'idea di un titolo effettivamente ambientato nello spazio.
Fiducia infrante alla fine del mondo
Una premessa accattivante e un contesto altrettanto affascinante, un palcoscenico limitato dove i protagonisti si muovono secondo logiche inedite, derivanti da qualcosa di spaventoso e mai visto prima di allora, ovvero una guerra atomica che ha devastato gran parte della superficie terrestre. Peccato che non tutte le sfumature drammatiche derivanti da una situazione di tale portata siano state sfruttate pienamente, con il pensiero rivolto alle persone care rimasta su quel mondo in fiamme che fa velocemente capolino nei primi istanti, salvo poi diventare elemento scomodo da dimenticare progressivamente nello scorrere degli eventi.
Eventi che almeno inizialmente pendono sul versante americano - la produzione batte bandiera a stelle e strisce - tanto che il primo tradimento arriva proprio da parte sovietica, innescando quel climax tra segreti e bugie che finirà ben presto per mettere tutti contro tutti. Quando l'incertezza sul da farsi è di così ampia portata, l'unica certezza è nel trovare un nemico e al contempo un nuovo scopo, ma ben presto alleanze e divisioni sono destinate a declinarsi in inedite collaborazioni. E quel finale dal futuro incerto, con il domani che attende i superstiti, è una sorta di summa ideale di un film che ha sicuramente degli spunti avvincenti, ma non trova sempre la giusta forma per metterli in mostra.
Il cast, che può contare tra gli altri sulla presenza del premio Oscar Ariana DeBose, vincitrice per il remake di West Side Story (2021), è eterogeneo quanto basta, pur convivendo con personaggi che si trovano spesso vittima degli eventi e non reali fautori, con almeno un paio di sequenze che risultano inutilmente gratuite al fine di generare un'ipotetica suspense a tema. Ma I.S.S. offre il suo meglio quando non si rivolge a facili soluzioni, giocando bensì sul mistero di quanto attende i protagonisti al loro ipotetico ritorno a casa, da conquistare comunque con le unghie e con i denti contro quel nemico dell'ultimo minuto, schiavo del diktat "cane mangia cane".