84m²: un thriller sulla paranoia, dove le quattro mura di casa diventano una prigione
Al centro del film sudcoreano, nuova esclusiva Netflix, un uomo che si ritrova ad avere a che fare con un inquietante vicinato.
Pagare un mutuo come in tanti purtroppo sanno può diventare un vero e proprio incubo, con i tassi di interesse in continuo aumento e un clima internazionale non certo roseo, che porta a ulteriori incertezze economiche. Ma anche chi dopo tanto è riuscito finalmente ad avere una casa tutta sua può incorrere in altri problemi, come i rumori molesti provenienti dagli altri appartamenti o vicini poco accomodanti.
Abbiamo messo insieme queste due realtà poiché la trama che va a sorreggere l'impalco narrativo di 84m² si basa proprio su relative premesse, con la vita del malcapitato protagonista che si ritrova davanti ad una situazione del tutto imprevista, causata anche da suoi sbagli ma soprattutto da quell'anima thriller e cospirazionista che prende il sopravvento con lo scorrere dei minuti. Questa produzione coreana esaspera, con alcuni stilemi tipici del cinema nazionale, un argomento che almeno nell'incipit può assumere valenza universale.
La trama di 84m²
Ma andiamo con ordine e scopriamo di cosa parla la storia di 84m². Il giovane Woo-seong, impiegato in una grande azienda, rincorre il sogno di comprare una casa perfetta. Si indebita fino al collo pur di acquistarla, con le spese di un mutuo che continua ad aumentare che lo lasciano senza tregua e sull'orlo della bancarotta. Rimasto solo e allo sbando, con un casa in completo disordine e abbandono, comincia a sentire degli strani rumori provenienti, almeno lui pensa, dal piano di sopra.
Ma i vicini negano dando sempre la colpa a chi abita ancora più su, fino a quando Woo-seong non incontra una misteriosa amministratrice che sembra voler nascondere qualcosa. Nel frattempo il protagonista, in possesso di una "soffiata" su delle azioni, pensa di poter diventare ricco tramite una vendita da realizzare in un determinato giorno, ma anche lì la situazione prende una piega imprevista, mentre il palazzo in cui vive si adombra di ulteriori strani eventi.
Il gioco delle parti
"Chi sta sopra è sempre in vantaggio": in questo dialogo che esemplifica per l'ennesima volta la lotta sociale e la disparità tra ricchi e poveri, si racchiude quell'anima da Squid Game che trova un sunto ideale in questo thriller via via più paranoico e claustrofobico, che ha lo scopo di creare un crescente disagio nello spettatore. Un obiettivo parzialmente riuscito, anche se le quasi due ore di visione non sono esenti da difetti e da uno scavo a tratti fin troppo grossolano nelle psicologie dei personaggi.
L'attore Kang Ha-neul, per altro curiosamente proprio tra i personaggi chiave dell'ultima stagione delle succitata serie cult, veste il ruolo di quest'inquilino perso e smarrito, risucchiato in un qualcosa di assurdo e pericoloso, con una certa efficacia e anche il resto del cast ben si adatta ai relativi stereotipi. Ma se le facce funzionano, lo stesso non si può dire per una storia che forza la mano in molteplici occasioni pur di innescare quelle sortite tensive che caratterizzano soprattutto la seconda metà, quando infine tutti i nodi sono destinati a venire al sanguinoso pettine.
Gli spunti pur interessanti in fase di sceneggiatura, con le critiche relative agli scandali edilizi che lasciano molte persone in mezzo a una strada e il discorso relativo all'ingerenza delle banche nel colpire le famiglie che non riescono a stare al passo con le rate, vengono sacrificati all'altare della violenza e del sangue, nel più classico modello delle "coreanate" moderne: un approccio che per funzionare a dovere ha bisogno però di maggior equilibrio e autoironia, cosa che qua non sempre avviene. La mano del regista Kim Tae-joon, che ricordiamo per il godibile Unlocked (2023), è infatti spesso pesante, più alla ricerca dello shock e della soluzione facile e ad effetto, dilapidando quanto di buono costruito nelle prime fasi.
Ad un certo punto emerge anche qualche sussulto horror / mystery, ben presto sacrificati agli altari di una materialità più esibita, che cerca di trovare fondamenta in casi di cronaca reali. Ma di verosimile a conti fatti vi è ben poco e per apprezzare al meglio un'operazione come 84m² bisogna accettare di stare al gioco, consapevoli che dietro la mattanza di genere vi è uno sguardo metaforico, certo non finissimo, sui mali di un mondo ormai così modernizzato.