I Roses non è il remake che ci aspettiamo, anzi, non è nemmeno un remake e va benissimo così

I Roses è così lontano dal film degli anni ‘80 da non poter nemmeno essere definito un remake, ma è comunque un’ottima visione. La recensione.

I Roses non e il remake che ci aspettiamo, anzi, non e nemmeno un remake e va benissimo cosi

C’era d’aspettarselo che sarebbe finita così, ovvero che la scarsa attenzione del pubblico ai prodotti originali avrebbe indotto Hollywood a vendere come remake, sequel o comunque titoli derivativi ciò che potrebbe essere tranquillamente una novità, un titolo originale. I Roses è talmente lontano dal classico del 1989 La guerra dei Roses con Michael Douglas e Kathleen Turner che viene da chiedersi che senso abbia legare i destini di questo film a quel successo. L’appeal del lungometraggio basato sul romanzo di Warren Adler stava nel vedere due star piacenti e fascinose, all’apice del successo, farsi a pezzi psicologicamente, verbalmente e persino fisicamente mentre attorno a loro i frammenti del loro matrimonio andato in frantumi venivano affilati dai due protagonisti per confinarli più in profondità l’uno nel petto dell’altro. La fascinazione di quel film insomma stava proprio nel vedere due star glamour farsi le cose più orribili a vicenda, senza perdere quell’allure ma anzi sfruttando il loro status di star per ampliare la magnitudo della crudeltà delle loro parole.

I Roses non è il remake che ci aspettiamo, anzi, non è nemmeno un remake e va benissimo così

Nei panni di Ivy (Olivia Colman) e Theo (Benedict Cumberbatch), una coppia di professionisti molto apprezzati nei rispettivi campi professionali, due degli intepreti britannici oggi più noti a livello internazionale si muovono in direzione opposta. I Roses in versione 2025 punta innanzitutto a ricreare in maniera molto verosimile la domesticità di un matrimonio di lungo corso e con figli, in cui le parti in causa si amano e hanno già affrontato piccole crisi e litigi lungo il percorso, dimostrando un’intensa e una disponibilità emotiva di persone che si amano davvero e reciprocamente. Sul tavolo i due non portano tanto l’allure ma la capacità d’incarnare quel tipo di professionista molto bravo, molto ambizioso, che vive anche della gratificazione che gli dà essere riconosciuto come tale. Lui come architetto, lei come chef, sanno di essere al massimo livello nei loro reciproci settori e in un certo senso si amano e ammirano anche per questo. Una tempesta perfetta ribalta però gli equilibri della coppia, sbloccando la carriera di uno mentre quella dell’altro viene rovinata in maniera irrimediabile.

I nuovi Roses sono molto diversi da Michael Douglas e Kathleen Turner

I nuovi Roses sono una coppia brillante che tutti vorremmo a cena in casa (almeno finché non litigano), grazie a quell’uso cristallino, fulminante, seducente del pungente humour inglese di cui entrambi gli interpreti in questione sono sopraffini utilizzatori. Colman e Cumberbatch sono quel genere di interpreti che più che per il loro aspetto o il loro essere glamour viene scelto perché sa concentrare su di sé l’attenzione della cinepresa alzando l’intensità di una scena. Con un diluvio di parole sempre più taglienti una sorta di monologo nevrotico e geniale in crescendo (la vera specialità di Cumberbatch) o magari tirando bruscamente una cesura su uno scambio con una battuta che fa terra bruciata, seguita da uno sguardo, un’espressione, un’occhiata perfetta (quella di Colman).

I Roses non è il remake che ci aspettiamo, anzi, non è nemmeno un remake e va benissimo così

Vederli sfidarsi a questo tennis verbale è genuinamente una delizia, anche perché a fornire loro le munizioni con cui ferirsi a vicenda è uno dei migliori scrittori di coppie contorte nel loro modo di amarsi e geniali in quello di odiarsi: lo sceneggiatore Tony McNamara. Uno che ha sotto la cintura prove di scrittura come Povere Creature! ma soprattutto la serie The Great, un nome che insomma sa sviscerare l’umanità sofferta dientro il carisma di grandi menti e soprattutto metterci al centro un sentimento che anche quando va nelle direzioni peggiori, è innegabilmente il distorto punto di partenza. 

I Roses è un film molto differente da come viene raccontato dalla sua promozione

Il problema di I Roses è che tutta la campagna promozionale promette una commedia di dispetti e frecciate che sono in realtà lontane dalla natura del film, che forse sarebbe più corretto definire una dramamedy. Diretto con grande piglio da un fuoriclasse delle commedie come Jay Roach (il regista della trilogia dei film su Austin Power) è un’efficace disamina delle difficoltà di tenere insieme un rapporto oggi, in una società che chiede a entrambi i componenti di essere ambiziosi e realizzati professionalmente, che istiga la concorrenza a livello di performance anche tra amanti, che suggerisce come fare un passo indietro per dedicarsi alla famiglia sia un sacrificio e un demansionamento.

McNamara poi è particolarmente bravo a evitare gli stereotipi di genere, creando due personalità slegate dal loro essere femminile o maschile, ma unite da un bisogno di realizzazione comune, che porta per esempio Theo a prendere in mano e gestire la conduzione famigliare e la crescita dei figli come se fosse una performance lavorativa, con un’efficienza che pare fredda ma in qualche modo funziona a livello emotivo con i due ragazzi, tanto da far sentire estraniata Ivy. D’altro canto Ivy ha un approccio anarchico e anticonformista sia al lavoro sia alla famiglia. Svuotata da un’istinto materno tradizionale spesso dato per scontato, diventa un personaggio enormemente più interessante per come il successo arrivi tardi e inaspettato e la trasformi in una versione molto simile al marito, tutta conti, scadenze, obiettivi molto rigidi, anche se per indole sarebbe differente.

I Roses non è il remake che ci aspettiamo, anzi, non è nemmeno un remake e va benissimo così

Alla base di tutto c’è però un deteriorarsi molto graduale della coppia, che cade in una spirale distruttiva in cui riesce sempre a ritrovarsi, a perdonarsi, e rinegoziare, perché quel colpo di fulmine iniziale ha dato il via a un sentimento profondo e a lungo coltivato, che i due tentano continuamente di rinegoziare ma è costantemente minato da problemi tangibili, veri, concreti: la dipendenza alcolica di lui o comunque la tendenza a fissarsi ossessivamente su un obiettivo (la performance sportiva dei figli che sostituisce l’alcol) per scacciare la propria infelicità, ma tentazione continua di lei di bastare a sé stessa, di farsi bastare i successi lavorativi come surrogato di relazioni umane.

Insomma, I Roses è l’opposto della Guerra dei Roses, in cui il punto era anche la lenta realizzazione che l’amore sottointeso al legame coniugale era morto e da tempo, mentre qui i litigi e le contese, così come il perfetto finale, sono proprio figli della realizzazione che si sta facendo a pezzi qualcuno che si ama. L'energia comica nel film sta nei comprimari che circondano i protagonisti, dove troviamo dei veterani del Saturday Night Live come Kate McKinnon e Andy Sandberg, che possono spingere sul lato caricaturale della coppia speculare ai protagonisti (lei molto arrapata, lui estremamente depresso, entrambi uniti da una sorta di convenienza routinaria reciproca che a suo modo funziona) proprio perché Theo e Ivy sono così quotidiani, realistici, veri. 

I Roses

Rating: Tutti

Nazione: Stati Uniti

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I Roses

È comprensibile perché la promozione dei nuovi Roses cerchi di raccontarli in modo differente da quel che il film è nella sostanza: più drammatico, più realistico, capace di inquadrare come uno specifico tipo di personalità molto competitivo e realizzato sul lato professionale fatichi a trovare un equilibrio in una relazione, specie quando subentrano le logiche domestiche e famigliari.

I Roses parla con grande puntualità e precisione di cosa significhi essere una coppia monogama e realizzata professionalmente oggi, andando a fondo di un certo tipo di sacrificio in nome dell'altro che la società con i suoi giudizi di valore rende sempre meno attrattivo. Oltre a uno splendido, taglientissimo humour inglese dal tempismo perfetto, i due protagonisti riescono a creare una chimica che va oltre l'attrazione reciproca e li rendono realistici come interpreti di un legame quotidiano, rodato, assodato, ma ancora capace di rompersi e riaggiustarsi, diventando ogni volta più fragile. 

Per scrittura e interpretazioni, I Roses vale la visione anche in sala, ben più di quello che la sua presentazione lascia a intendere. 

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