Him: un horror a sfondo sportivo dalla premessa affascinante ma dal risultato pretenzioso
Prodotto da Jordan Peele, Him vede per protagonista una giovane promessa del football che, in seguito a un'aggressione, viene "rimesso a nuovo" da un ex-campione. Al cinema.
Chi tra i moltissimi fan, anche nel nostro Paese, del cinema di Jordan Peele e di quel black horror del quale è indiscusso maestro, non ha sperato che il suo marchio di fabbrica, anche se solo nelle vesti di produttore, portasse finalmente al cinema un solido film di genere sulla cultura sportiva americana, quella religione laica che trasforma gli uomini in semidei e i corpi in armi di distrazioni di masse?
Era soltanto un bambino Cameron Cade quando, spinto dalla guida dell'ora defunto padre, aspirava a diventare come il suo idolo, il quarterback Isaiah White, giocatore di punta dei San Antonio Saviors. Cresciuto, Cade si è impegnato duramente per sfondare sul campo nel panorama universitario, al punto da farsi notare come una giovane promessa destinata a un sicuro successo. Ma una sera viene aggredito da un individuo mascherato, riportando un grave trauma cranico che potrebbe porre fine per sempre alla sua carriera. Gli viene in soccorso proprio White, che gli propone di trascorrere un periodo di riabilitazione in una sua tenuta in pieno deserto, dove sottoporsi a un rigido allenamento per tornare più forte di prima. Ma non tutto è come sembra...

Him: il football come ragione di vita...e di morte
Nel corso dell'ora e mezzo di Him pare di assistere ad un susseguirsi di spot televisivi affastellati alla rinfusa, all'interno di una narrazione che vorrebbe farsi portatrice di diversi messaggi sul mondo dei mass media e su quell'idolatria nei confronti dello sport che, cambiando discipline a seconda delle latitudini, è diffusa largamente in ogni angolo del pianeta. Ed è un peccato, perché le idee non mancano affatto in una sceneggiatura che intende riflettere proprio sulla fama e sulle conseguenze che da essa ne derivano, con l'ossessione di essere il migliore - quel GOAT che tanto spesso sentiamo nominare in ambito competitivo - declinata in una verve horror dai toni via via sempre più psichedelici e assurdi.

Si spreca così un'affascinante premessa di partenza in una narrazione che "svacca" e la fa fuori dal vaso in diverse occasioni, con personaggi secondari usciti da un immaginario dark di routine e situazioni inutilmente violente che lasciano il tempo che trovano, fino a quell'epilogo dai toni ulteriormente surreali che fa sembrare quanto visto in precedenza una grossa presa in giro.
Fiammate in una narrazione che dice poco
Come detto non mancano gli spunti positivi, la regia di Justin Tipping - al suo secondo lungometraggio dopo la convincente avventura d'esordio Kicks (2016) - ha una certa personalità e diverse sequenze dal punto di vista estetico e stilistico lasciano indubbiamente il segno. Ma gli eventi si susseguono senza un'effettiva coerenza e continuità, in un flusso di situazioni che esasperano la rivalità tra i due personaggi principali, una sorta di allievo e maestro alle prese con un confronto via via senza esclusione di colpi.

In un immaginario r&b e di black power, immersi quindi nella cultura afroamericana, ha luogo l'acceso confronto tra la stella che fu e quella che forse sarà, interpretate rispettivamente da Marlon Wayans e da Tyriq Withers, ognuno calatosi nel relativo ruolo con la giusta motivazione, pronto a quella resa dei conti che sfalderà certezze e metterà fisico e mente a dura prova.
Ma il gioco regge poco, giusto il tempo di quella prima mezzora che stabilisce le regole, salvo poi o non rispettarle o deragliare su contenuti progressivamente sempre più ambiziosi e incoerenti, in un meltin'pot di suggestioni ed emozioni a confezionare un confuso calderone di genere.
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Nazione: Stati Uniti
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Redazione

Him
Him è film che vive su una singola idea, per quanto accattivante sulla carta, allungata a dismisura per un'ora e mezza di visione che inevitabilmente si perde, accartocciandosi su se stessa. E se il football fosse letteralmente una religione? Il detto Dio, famiglia e football inverte gli estremi in un film che affascina a sprazzi, ma si smarrisce nella sua totalità, tra sacro e profano, indagando nei meandri dello show business e dell'ossessione sportiva condotta all'estremo, dando vita ad una rivalità feroce e truffaldina, dove l'inganno lo subisce anche lo stesso spettatore.












