Confini e dipendenze: il film che vuole costringerci a vedere la realtà

Scopriamo insieme il film con Evangeline Lilly e Gary Oldman arrivato su Netflix

di Chiara Poli

Titolo del film: Crisis. Titolo italiano: Confini e dipendenze. Perché in effetti siamo sul confine fra Canada e Stati Uniti, e in effetti un ragazzo sta trasportando illegalmente un’enorme quantità di pillole che danno dipendenza, ma viene arrestato.

Crisis, però, rende molto meglio l’idea alla base del film di Netflix con Evangeline Lilly (Lost), Gary Oldman (Premio Oscar per L’ora più buia) e Armie Hammer (Chiamami col tuo nome).

Crisis. La crisi. Nello specifico, la crisi degli oppioidi - di cui abbiamo parlato anche nella recensione di Pain Hustlers - Il business del dolore

Stiamo parlando di un milione di morti per overdose fra gli anni ’90 e il 2022, tutti diventati dipendenti in seguito a prescrizioni mediche. E dei morti di overdose negli USA fra il 2019 e il 2021, il cui numero ha ampiamente superato quello di tutti i morti americani in Vietnam.

Il Fentanyl, infinitamente più potente dell’eroina, è il farmaco che - insieme all’ossicodone - è al centro della trama di Confini e dipendenze.

Una trama ispirata a fatti realmente accaduti, che vi terranno con il fiato sospeso.

La trama di Confini e dipendenze


Claire (Evangeline Lilly) ha avuto un incidente ed è diventata dipendente dagli antidolorifici che ha iniziato a prendere in ospedale. Mentre lotta contro la tentazione quotidiana, si trova a combattere un’organizzazione internazionale responsabile della morte della persona che più ama al mondo.

L’agente della DEA Jake Kelly (Armie Hammer) cerca di salvare la sorella (Lily-Rose Depp) dalla tossicodipendenza mentre lavora sotto copertura, infiltrato nella stessa organizzazione in cui s’imbatte Claire. Intanto il dottor Bower (Gary Oldman) conduce una ricerca universitaria per conto di una grande casa farmaceutica, pronta a lanciare un nuovo antidolorifico sul mercato. Ma i risultati riscontrati da Bower sono in contrasto con quelli dichiarati dall’azienda produttrice…

Una storia ad alta tensione ci mette di fronte a drammi reali

L’approccio di questo film è diametralmente opposto a quello di Pain Hustlers, che ci mostrava la storia dal punto di vista delle case farmaceutiche arricchite grazie alla crisi degli oppioidi.

Qui sono tre le trame che s’intrecciano nel disegno narrativo di Confini e dipendenze. Ci sono una madre disperata, un agente della DEA sotto copertura e uno scienziato che lavora per una grande industria farmaceutica.

Tre storie, tre personaggi, un unico grande disegno. Con un grande cast.

Evangeline Lilly, Armie Hammer e Gary Oldman, i nostri tre punti di riferimento in questa storia complessa, avvincente ma anche piena di dolore e ingiustizie, sono affiancati da molti volti noti.

Greg Kinnear (Qualcosa è cambiato), Michelle Rodriguez (Lost), Luke Evans (Dracula Untold), Lily-Rose Depp (Il re), Mia Kirshner (24), Indira Varma (Roma), Martin Donovan (Amateur)… Non è comune trovare tutti questi nomi insieme.

Ma la sceneggiatura di Nicholas Jarecki (anche regista e interprete del film e già sceneggiatore di The Outsider e La frode) li ha spinti a impegnarsi tutti insieme. E tutti insieme contribuiscono alla storia che ci parla di dipendenza, sfruttamento, bugie delle case farmaceutiche.

La crisi degli oppioidi da molto tempo ha spinto alla ricerca del santo Graal: un antidolorifico che non dia dipendenza. Qualcosa che possa prendere il posto dell’ossicodone e del Fentanyl. Il farmaco che tutte le industrie del settore cercano di sviluppare da anni. E quando una di esse ci è molto vicina, una ricerca indipendente - commissionata dall’azienda stessa a uno scienziato e docente universitario - ne mostra il fallimento.

In un racconto così verosimile da spaventare, i dati non graditi vengono ignorati. Com’è accaduto un’infinità di volte nel mondo reale.

Uscito nel 2021, il film non ha ottenuto un grande consenso da parte del pubblico. Ed è comprensibile, visto che il pubblico principale è quello americano: l’America non vuole sentire parlare della crisi degli oppioidi, dei morti per overdose e degli imbrogli delle case farmaceutiche. Non più. Non quando continua a contare i morti per le prescrizioni fatte da medici corrotti, di cui ai pazienti ormai già dipendenti non importa più.

La quasi totalità dei casi di dipendenza da oppioidi nasce all’interno del sistema sanitario. Una caduta, un incidente, una frattura ed ecco che il paziente si ritrova sotto antidolorifici. Farmaci che da noi si usano con molta, moltissima parsimonia e solamente nei casi più gravi. Ma che negli Stati Uniti vengono prescritti anche per condizioni banali.

Il paziente si ritrova nel tunnel della dipendenza. E quando guarisce, passa ad altre sostanze, le droghe che si procura illegalmente, ma senza difficoltà. Si possono trovare a ogni angolo di strada, come da noi del resto.

Difficilmente si esce dal tunnel della dipendenza farmaceutica senza un aiuto specialistico. E difficilmente se ne esce una volta per tutte.

Guardare la verità


Anche Matthew Perry, prematuramente morto lo scorso ottobre, era diventato dipendente dai farmaci in seguito a un incidente sugli sci nel 1997. Farmaci che gli erano stati somministrati e prescritti in ospedale.

Inserendo in questa storia vera anche l’esito delle conclusioni tratte dalla FDA - l’agenzia del farmaco statunitense - Confini e dipendenze ci restituisce un quadro tanto spaventoso quanto realistico.

Gli interessi, lo sappiamo fin troppo bene, vanno oltre qualsiasi cosa. Oltre la salute pubblica. Oltre le vite delle persone. Il profitto è l’unico, grande motore del nostro mondo. E chiunque provi a contrastarlo, a denunciarlo, a fermarlo, finisce per essere schiacciato da una macchina più grande di lui.

Trasferito. Denunciato con accuse fasulle. Distrutto nella reputazione e nel lavoro.

Confini e dipendenze è un film drammatico ricco di suspense. Ma il suo valore si spinge molto, molto oltre la superficie di una storia i cui protagonisti vedono la realtà di un orrore che il pubblico statunitense conosce fin troppo bene… Perché lo ha vissuto sulla propria pelle o ha visto qualcuno che amava viverlo sulla sua.