Embracer: il CEO Lars Wingefors dice la sua

Come il gruppo è cresciuto e si è sgretolato

Embracer il CEO Lars Wingefors dice la sua

Embracer Group potrebbe essere uno di quei casi in cui applicare il popolare proverbio nostrano "chi troppo s'innalza cade sovente precipitevolissimevolmente" non sarebbe errato. La holding Svedese è infatti cresciuta a dismisura negli ultimi anni, accorpando al suo interno svariate realtà legate al mondo ludico e videoludico, salvo poi sgonfiarsi in maniera più o meno esplosiva nell'arco dell'ultimo anno.

Poche ore dopo l'annuncio della scissione del gruppo in tre realtà distinte il CEO Lars Wingefors ha rilasciato un'intervista ai microfoni di GamesIndustry.biz in cui "dice la sua" sui motivi che hanno portato il gruppo al successo e poi alla caduta.

"La scissione permetterà alle compagnie di finanziare più correttamente i loro affari - spiega - È necessario avere una struttura ottimale perché queste aziende possano prosperare. Siamo una società pubblica e l'attuale struttura all'interno del gruppo Embracer nel contesto attuale non è ottimale."

Lars Wingefors tra Pandemia e Guerra

"Abbiamo avuto alcuni anni, il 2019 e il 2020, in cui il costro del capitale era molto basso e la volontà da parte degli azionisti di investire in metodi di crescita organici e inorganici [fusioni e acquisizioni] era illimatata. Abbiamo anche avuto un boom del mercato del gioco, specialmente durante il COVID, e avevamo una situazione geopolitica molto più solida, ad esempio in Russia. Tutti questi fattori sono cambiati un sacco" racconta Wingefors, attribuendo a queste cause esterne tanto il successo quanto l'insuccesso delle politiche di Embracer. Quasi a margine, il CEO ha anche accusato i giochi prodotti pubblicati dall'azienda di non essere sufficientemente buoni e dunque di non aver incontrato il successo commerciale, soccombendo alla concorrenza: "Alla fine delle fiera, a prescindere dal mercato finanziario, i prodotti che creiamo devono raggiungere i consumatori e loro devono volerli acquistare - e hanno un sacco di scelte differenti."

Che dire allora dei tre nomi - Asmodee [l'unico che persiste da prima dell'acquisizione], Coffee Stain & Friends e Middle-earth Enterprises & Friends - in cui ora il gruppo è stato riorganizzato? "Questi cambi di nome sono decisioni strategiche che permetteranno ad ogni nuova entità di sviluppare la propria unica identità di brand, ritagliato su misura per il proprio specifico focus d'affari e massimizzare il suo potenziale sul mercato."

E le responsabilità? "Come leader e proprietario, talvolta devi assumerti la colpa e devi ammettere di aver commesso degli errori e che avresti potuto fare le cose in maniera differente. Sono sicuro di meritare un sacco di critiche, ma non penso che il mio team o le compagnie meritino tutte le critiche. Posso assumermi un sacco di colpa, ma ultimamente devo credere nella missione che abbiamo scelto e che è ancora valida, e adesso lo stiamo permettendo realizzando questa nuova struttura."

In tutto questo, Wingefors non ha sprecato una parola a proposito delle numerose chiusure di team, cancellazioni di progetti e soprattutto licenziamenti di personale attraverso cui il gruppo è passato nel tentativo disperato di tenere in piedi un castello di sabbia che al rendiconto annuale potesse ancora mostrare il segno "+". Manovre che, evidentemente, non hanno permesso al colosso dai piedi d'argilla di reggersi in piedi ancora per molto...