The Callisto Protocol, la recensione del gioco che mamma mia, no.

Troppe chiacchiere e poca sostanza fanno di Callisto Protocol un gioco dimenticabile.

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Forse nessuno ha mai parlato a Glen Schoefield del test dell’anatra. Banalmente: se starnazza come un’anatra, cammina come un’anatra e vola come un’anatra, allora è un’anatra. Per cui è inutile che il nostro Glen insista con il dire che il suo The Callisto Protocol dovrebbe essere giudicato disassociandolo a Dead Space, perché è lui stesso che ne ha creato un clone depotenziato e praticamente privo di tutte le buone idee di cui era riuscito a dotare il titolo etichettato Electronic Arts del 2008. Il paragone nasce spontaneo fin dalle prime battute: visuale, gameplay, tecnica e narrazione sembrano un po' fatte con lo stampino, ad eccezione dell’effetto paura.

Perché se è vero che in Callisto Protocol ci troviamo di fronte a litri e litri di sangue, altrettanto vero è che quel sotterraneo clima di tensione continua e di disagio che Dead Space riusciva a infondere al giocatore, qui sembra essersi del tutto dissolta. Ed è forse proprio per controbilanciare questa piattezza di fondo che Striking Distance ha cercato di portare in primo piano gli elementi più gore del gioco. Ma sangue e frattaglie divertono alla prima, forse alla seconda o alla terza, ma alla lunga l’occhio inizia a fare l’abitudine e l’effetto “sorpresa & disgusto” si dissolve.

The Callisto Protocol, la recensione del gioco che mamma mia, no.

Tutte le morti di Jacob Lee

A questo punto subentrano anche le spettacolari morti del nostro personaggio, a cui sono state assegnate diverse animazioni di morte, in moda da rendere scenicamente significativa anche la nostra uscita di scena. Un dettaglio talmente importante, secondo Schoefield, da meritare anche un incremento importante nelle versioni “gold” del gioco. Un vero spasso, insomma.

Ma il gioco? Sembra che quello rimanga quasi un dettaglio sullo sfondo. Poco importa se la struttura delle missioni sembra essere copincollata da altre centinaia di survival horror (trova il fusibile, apri il cancello, riattiva l’elettricità, apri il cancello….) o che la trama stessa sia un deja vu di mezzo secolo fa. Come un mago che cerca di compiere una magia, il team di sviluppo cerca di far concentrare il giocatore verso i particolari meno importanti, con buona pace del divertimento.

Un inciso per gli sceneggiatori: per favore, BASTA con i fusibili che saltano! L’avventura si svolge nel 2320, l’umanità ha colonizzato le lune di Giove, siamo in possesso di una tecnologia all’avanguardia. Per favore fatevi venire in mente altre idee che non coinvolgano i maledetti fusibli. Per favore. Grazie.

C’è da dire che Callisto Protocol cerca di portare qualcosa di nuovo a favore del nostro povero Jacob. Una buona parte dell’incipit della nostra avventura vede il protagonista armato solo di strumenti di fortuna e della sua abilità nello schivare i colpi avversari. Ed è anche un inizio incoraggiante, se non fosse che il sistema di schivata a volte è molto erratico e la mossa riprodotta sul pad per evitare il colpo del mostro turno si riveli invece un utile movimento che ci porta dritti dritti ad una nuova, spettacolare, uscita di scena.

Una volta fatta la mano, comunque, si riesce a prendere adeguatamente le misure ai nemici di turno e si riesce ad arrivare dritti al momento in cui si riesce a procurarsi un armamentario degno di questo nome. Un set continuamente espandibile grazie alle varie stazioni adibite allo scopo sparse in giro per gli ambienti di gioco e che potranno essere acquistati grazie ai “crediti Callisto”, una speciale tessera a punti della colonia terrestre su Giove.

The Callisto Protocol, la recensione del gioco che mamma mia, no.

Sta di fatto, però, che anche armati fino ai denti, a volte si faccia fatica a portare a casa la pellaccia, ed è qui che interviene uno speciale potere assegnato ad un particolare guanto in dotazione a Jacob. Grazie ad un potere molto simile alla “stasi” di Dead Space potremo far levitare i nostri avversari, lanciandoli poi verso il vuoto, o direttamente su particolari pareti dotate di spuntoni che da un certo punto in poi faranno parte dell’allestimento di scena di Callisto. Una soluzione divertente e creativa, che ha un costo in termini di batterie che in alcuni frangenti del gioco acquisiscono un’importanza addirittura superiore alle stesse armi di cui Jacob è dotato.

L’avventura si dipana quindi senza particolari scossoni, tra i combattimenti con i biofagi di turno, l’incontro con altri sopravvissuti, e il ritrovamento dei classici “diari di bordo” che ci aiuteranno a capire cosa sia effettivamente successo su questo sperduto avamposto terrestre (ma scopriremo che il problema si sta diffondendo anche altrove). Insomma, tutto molto canonico, già visto e non particolarmente ispirato.

I seri problemi della

A incidere ulteriormente sul problema arrivano anche problemi di natura tecnica non indifferenti, perché in un titolo che vorrebbe porsi come fortemente guidato dalla trama, l’impossibilità di seguire i dialoghi per un missaggio fatto davvero con i piedi diventa davvero un problema importante. Più volte siamo stati costretti ad aumentare il volume del televisore per seguire un dialogo, per poi doverlo abbassare repentinamente quando prendeva parola un altro personaggio sullo schermo. Un effetto davvero antipatico che fa il paio con le ripetute chiusure forzate del gioco e successivo reload del checkpoint, che comunque sono sparsi in modo piuttosto intelligente.

Errori e problemi così imbarazzanti che fanno scoppiare in faccia a Schoefield la sua sparata sul gioco “quadrupla A” che tanto aveva sbandierato nel corso della sua presentazione di Callisto Protocol. Per carità, graficamente il gioco Striking Distance non è certo da buttare, ma considerando le tecnologie a disposizione e che è un gioco si incanala lungo corridoi molto poco aperti ci si sarebbe dovuto aspettare davvero molto di più, in particolar modo sul versante del frame rate, che su Xbox Series X è davvero molto ballerino (dai 30 frame in giù, intendiamoci). Voci positive arrivano dalla versione PS5, dove quantomeno i 30 frame costanti sembrano essere garantiti, mentre la versione PC sembra essere davvero un disastro, tanto da richiedere una patch immediata per risolvere i problemi di stuttering, così come vi abbiamo riportato in questa news 

Non tutto è da buttare, intendiamoci, perchè a fronte di scenari e livelli non propriamente memorabili per costituzione e struttura, ci sono alcuni dettagli tecnici, specialmente quelli legati alla costruzione del nostro protagonista che sicuramente non ci hanno lasciato indifferenti, rendendo il nostro Jacob assolutamente identico alla sua controparte reale, che per chi non lo sapesse è l'attore Josh Duhamel.

Insomma, a discapito delle “sboronate” iniziali, The Callisto Protocol naviga nel mare magnum dei survival horror che proprio non ce la fanno. Troppo piatto, privo di mordente e narrativamente scarico per essere messo anche solo lontanamente a confronto con “chi sapete voi”. Certo, una volta presa la giusta confidenza con il sistema di controllo e con le possibilità non certo infinite del gameplay, potrete avere tra le mani un gioco tutto sommato gradevole ma davvero ben distante dalle iniziali mire di conquista. Sicuramente non è un gioco da day one, se proprio vogliamo dirla tutta. E forse si dovrebbe iniziare a centellinare il concetto di “derivativo” che si vede usato a piene mani in giro per il web, perché scopiazzare di sana pianta è davvero un’altra cosa che niente ha a che vedere con il prendere spunto.

Gallery

The Callisto Protocol

Versione Testata: Xbox Series X

7

Voto

Redazione

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The Callisto Protocol

Chiaro e tondo: Callisto Protocol non ce la fa. Una trama piatta, un gameplay che di certo non brilla per originalità fanno da sfondo ad un gioco che di sicuro riesce ad intrattenere ma è incapace di regalarci atmosfere uniche e dinamiche memorabili. Inoltre tutta una serie di problematiche tecniche che hanno afflitto il nostro test non ci hanno permesso di goderci appieno questo slavato survival horror. Merita solo una carezzina sulla testa, come quella che si dà a chi ci prova ma avrebbe fatto meglio a fare altro (e soprattutto a non fare troppo lo sborone)