Stygian: Outer Gods, abbiamo provato l'Early Access di un promettente survival horror lovecraftiano

Abbiamo spolpato il gioco, ancora in Early Access, e al netto di qualche imperfezione le premesse sono ottime

Stygian Outer Gods abbiamo provato lEarly Access di un promettente survival horror lovecraftiano

L'orrore cosmico ha profondità che non smetteranno mai di essere esplorate, capaci di fornire spunti per incubi e follie sempre nuovi. Proprio da questi abissi emerge Stygian: Outer Gods, un titolo che non si limita a esplorare i Miti lovecraftiani ma promette di trascinare i giocatori in un turbinio di pazzia e terrore primordiale, immergendoli nelle sfaccettature più oscure dell'universo lovecraftiano.

Pur essendo ancora in Early Access, le premesse per un incubo in piena regola ci sono tutte: dal mettere alla prova le abilità di sopravvivenza fino alla promessa di sfidare la nostra stessa sanità mentale, questo prequel ambientato nell'universo di Stygian: Reign of the Old Ones mira a esplorare gli eventi che hanno preceduto il cataclisma noto come il Giorno Nero. Una scelta narrativa interessante, che offre uno sguardo inedito sugli antefatti di un mondo già segnato dalla disperazione, permettendo di comprendere meglio le forze in gioco e la natura della catastrofe imminente. Si esplorano le prime crepe nel tessuto della realtà, i sussurri che hanno iniziato a corrompere le menti e gli oscuri rituali che hanno aperto varchi verso dimensioni aliene, gettando le basi per la caduta che chiunque abbia giocato al precedente titolo già conosce.

L'incubo di Kingsport

Come ogni opera che si rispetti ispirata ai Miti di Cthulhu, la narrazione è un pilastro fondamentale dell'esperienza, intessendo una tela di mistero e terrore cosmico che avvolge e soffoca il giocatore. Stygian: Outer Gods ci catapulta nella nebbiosa e decadente cittadina costiera di Kingsport (tutt'altro che estranea a disastri di questa portata): un luogo che trasuda un senso palpabile di inquietudine fin dai primi istanti, dove si può quasi percepire sulla propria pelle la patina viscida di un orrore che si fa lentamente strada nella nostra mente. Non è una semplice ambientazione, bensì un'entità viva e malata, le cui strade tortuose si snodano brulicano di minacce e i cui edifici fatiscenti sembrano gemere sotto il peso di secoli di segreti innominabili e rituali blasfemi, pervaso da un'aria densa e putrida che soffoca ogni speranza e alimenta un senso di disperazione tangibile.

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La trama vede il giocatore nei panni di Jack, la cui identità iniziale è avvolta nel mistero, accompagnare una misteriosa giovane donna, la cui conoscenza dell'occulto si rivelerà fondamentale quanto pericolosa, nel suo tentativo di svelare gli oscuri segreti della sua famiglia e ritrovare il padre scomparso, la cui ricerca si trasforma presto in una discesa nell'incubo. Kingsport stessa può essere vista gradualmente come un'entità a sé e non più una semplice città, un palcoscenico ideale per l'orrore Lovecraftiano che si manifesta non solo attraverso creature mostruose e aberranti, ma anche nella progressiva disintegrazione della realtà percepita, nel sospetto che si insinua tra gli abitanti e nella sensazione che il mondo stesso stia impazzendo.

Come ormai vi sarà chiaro, il gioco attinge a piene mani dall'immaginario di Lovecraft, presentando luoghi iconici che gli appassionati non tarderanno a riconoscere: fari solitari che scrutano un mare ostile e indifferente, inquietanti magioni dove si sono consumati atti indicibili e dove l'aria stessa sembra carica di presenze, miniere abbandonate che si addentrano nelle viscere della terra, forse troppo vicino a qualcosa di antico e terribile che dorme da ere e sarebbe opportuno non svegliare. La narrazione si dipana attraverso l'esplorazione meticolosa di questi luoghi e l'interazione con gli enigmatici abitanti di Kingsport, molti dei quali sembrano aver già ceduto all'influenza delle entità ultraterrene: i loro discorsi frammentati, le azioni inspiegabili e gli sguardi vuoti aggiungono ulteriori strati di inquietudine e suggeriscono una verità ben più spaventosa di quanto si possa immaginare - sebbene non estranea a chi mastica questo genere narrativo.

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Le scelte del giocatore non sono banali, poiché ciascuna (in termini di dialogo) può avere conseguenze significative sul corso degli eventi, aprendo o chiudendo percorsi narrativi, influenzando il destino dei PNG e mettendo a dura prova la sanità mentale del protagonista. Questo aspetto, mutuato in parte da Stygian: Reign of the Old Ones, sebbene in una veste differente e adattata a una prospettiva in prima persona per aumentare l'immersione, aggiunge un livello di profondità e rigiocabilità non indifferenti, spingendo a esplorare percorsi narrativi alternativi e a confrontarsi con le inevitabili ripercussioni delle proprie azioni in un mondo dove la moralità umana ha perso ogni significato e la sopravvivenza spesso richiede compromessi che superano qualsivoglia morale. La ricerca della verità, come spesso accade in queste storie, è un percorso pericoloso lungo il quale la conoscenza porta soltanto a una maggiore disperazione e, passo dopo passo, alla follia.

Sopravvivenza della carne e della mente

A differenza di Stygian: Reign of the Old Ones, un CRPG isometrico a turni che poneva l'accento sulla strategia e sulla gestione del party in combattimenti più strutturati, Stygian: Outer Gods si presenta come un survival horror in prima persona con elementi RPG, spostando il focus sull'immersione diretta, sulla vulnerabilità del singolo individuo e sulla sensazione costante di essere braccati. L'enfasi è posta sulla sopravvivenza pura e cruda, sulla gestione oculata delle risorse limitate (munizioni scarse, oggetti curativi difficili da trovare e una sanità mentale messa costantemente a dura prova dagli orrori che ci circondano), nonché sulla costante sensazione di essere in balia di forze soverchianti e incomprensibili. L'esplorazione gioca un ruolo cruciale e spesso vitale: Kingsport è un labirinto interconnesso con aree sbloccabili tramite la risoluzione di enigmi ambientali, la scoperta di passaggi segreti o l'utilizzo di abilità specifiche del personaggio, come lo scassinare serrature o la capacità di interagire con l'ambiente in modi inaspettati. La capacità di trovare percorsi alternativi, magari sfruttando l'ambiente per aggirare i pericoli, è spesso più vantaggiosa e necessaria di un confronto diretto, data la letalità dei nemici e la fragilità del protagonista.

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Il combattimento è un aspetto che vive di alti e bassi. Anzitutto, non aspettatevi l'azione frenetica e gratificante di altri titoli horror o sparatutto (pensiamo a Forgive Me Father), dove la potenza di fuoco è la soluzione a ogni problema: Stygian: Outer Gods predilige un approccio più lento, tattico e, per certi versi, disperato, dove ogni scontro è un rischio calcolato e la fuga è spesso l'opzione più sensata. I nemici sono spesso potenti, resistenti e letali, in grado di abbattere il giocatore con pochi colpi ben assestati, trasformando ogni scontro in una lotta per la sopravvivenza piuttosto che un'opportunità per dimostrare la propria abilità. Il sistema di combattimento corpo a corpo, in particolare, è piuttosto macchinoso e punitivo, forse un riflesso della vulnerabilità del protagonista di fronte a orrori innaturali e fisicamente superiori: richiede una gestione attenta della stamina, che si esaurisce rapidamente, e un discreto tempismo per schivare o bloccare gli attacchi, azioni che tuttavia non sempre garantiscono la salvezza.

Ciò detto, ci sono due aspetti fondamentali da considerare: il primo è l'hitbox, nostra come dei nemici, che si è rivelata generosa al punto tale da costringere a rivalutare il nostro posizionamento; è un aspetto su cui ritengo si debba lavorare un po' di più, perché a livello visivo è evidente come i colpi siano spesso ben lontani dal bersaglio eppure vadano a segno - sebbene una volta compreso, possa essere sfruttato a nostro vantaggio. Il secondo è invece il cosiddetto "fuoco amico", perché i nemici umani (in particolare) possono ferirsi e uccidersi a vicenda; un aspetto cruciale da considerare, soprattutto a fronte di un'intelligenza artificiale non proprio sul pezzo, facile da ingannare con un approccio "esca" per farla attaccare a vuoto affinché colpisca qualche nemico vicino. Non è una tattica che funziona con tutti, beninteso, ad esempio i cani rimangono i nemici più odiosi come da tradizione di ogni survival horror e non conviene assolutamente affrontarli anche solo in due. Nel complesso, il combattimento corpo a corpo ha una discreta base e in generale dare addosso ai nemici è una scelta da considerare molto bene, dunque con le giuste accortezze potrebbe diventare un aspetto soddisfacente.

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Il gunplay è più diretto e familiare per chi ha esperienza con gli sparatutto in prima persona, tuttavia la scarsità di munizioni rende ogni proiettile prezioso e ogni colpo sparato una decisione da ponderare attentamente, spesso mirando ai punti deboli dei nemici o, negli azzardi più estremi, accettare di sprecare dei colpi per guadagnare tempo prezioso e fuggire. Non c'è vergogna in una ritirata strategica, anzi, combinata con l'uso dell'ambiente a proprio vantaggio, se proprio non si vuole evitare del tutto il confronto, risulta fra le tattiche più efficaci per preservare risorse e sanità mentale.

Gli elementi RPG si manifestano fin dall'inizio con la personalizzazione di Jack. Un aspetto fondamentale che definisce l'esperienza fin dalle prime battute, infatti, è proprio questa: all'inizio dell'avventura siamo chiamati a plasmare la sua identità e le capacità rispondendo a una serie di domande o compiendo determinate scelte. Questo processo non si limita alla distribuzione di punti abilità in modo tradizionale, bensì introduce un sistema di tratti distintivi che conferiscono a Jack sia attributi positivi sia negativi. All'atto pratico, vanno a influenzare direttamente le sue statistiche, le sue abilità (come la capacità di scassinare, la conoscenza dell'occulto, la resistenza ai danni) e persino le opzioni di dialogo disponibili, aprendo o precludendo determinate interazioni. Per esempio, un tratto positivo potrebbe garantire un bonus permanente a una specifica abilità o una maggiore resistenza mentale, mentre un tratto negativo potrebbe comportare una penalità in combattimento, una maggiore vulnerabilità alla perdita di sanità mentale o limitare le interazioni sociali. Questo approccio alla costruzione del personaggio fin dall'inizio enfatizza la vulnerabilità e le imperfezioni tipiche dei protagonisti lovecraftiani, rendendo ogni partita potenzialmente unica e costringendo i giocatori a confrontarsi con i limiti e le debolezze scelte per Jack.

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Stabiliti i tratti di Jack, il sistema di progressione nel corso del gioco si basa su carte abilità che ne influenzano le capacità negli ambiti succitati: dallo scassinare serrature per accedere a nuove aree o risorse nascoste, al convincere i PNG tramite il dialogo per ottenere informazioni cruciali o evitare scontri pericolosi fino a un incremento della stamina o un minor consumo della stessa quando si combatte. Una simile varietà permette approcci diversi alle sfide e incoraggia la sperimentazione in partite successive, tuttavia occorre sottolineare come alcune di queste abilità andrebbero bilanciate per essere equilibrate rispetto alle altre, poiché il rischio è che risultino fin troppo blande in un'esperienza dove ogni singola scelta ha il suo peso.

Un elemento distintivo e cruciale, e senza dubbio il più Lovecraftiano di tutti, è la gestione della sanità mentale: l'esposizione a eventi traumatici, alla vista di orrori innominabili che sfidano la comprensione umana o semplicemente la permanenza prolungata in luoghi intrisi di male cosmico eroderà inesorabilmente la stabilità mentale del protagonista, manifestandosi con effetti devastanti sul gameplay. Allucinazioni che distorcono la percezione della realtà, attacchi di panico che paralizzano l'azione nel momento peggiore, o l'incapacità di utilizzare determinate abilità nel momento del bisogno sono alcune delle conseguenze cui si andrà incontro se si sottovaluta questo aspetto. La lotta contro la follia diventa una battaglia non meno costante e tangibile di quella contro gli orrori in carne e ossa che popolano Kingsport e i dintorni. Trovare modi per preservare o recuperare la sanità mentale, spesso tramite oggetti specifici o il riposo in luoghi sicuri (rari e preziosi), diventa quindi un aspetto cruciale quanto la gestione della salute fisica.

Atmosfera e design approvati da Cthulhu

Dove Stygian: Outer Gods eccelle, distinguendosi nel panorama dei titoli a tema Lovecraftiano, è nella creazione di un'atmosfera densa, opprimente e genuinamente terrificante che si insinua sotto la pelle. Il design di Kingsport, con la sua architettura fatiscente che sembra piegarsi sotto il peso dei suoi stessi segreti e l'aria perennemente nebbiosa che limita la visibilità nascondendo pericoli in agguato, contribuisce in modo magistrale a creare un senso di claustrofobia e disagio che pervade l'intera esperienza, nonostante l'apparente apertura di alcune aree esplorabili. Ogni vicolo buio, ogni edificio abbandonato, ogni scorcio sulla costa ostile contribuisce a dipingere un quadro di decadenza e terrore. L'orrore non si basa su jump scare a buon mercato, o su un gore che a tratti non è meno gratuito degli spaventi telefonati, quanto su una tensione costante e insidiosa, su ciò che non si vede o si percepisce ai margini del campo visivo, su suggerimenti inquietanti lasciati in note sparse o nei deliri dei PNG, e sulla progressiva erosione della sanità mentale del protagonista, che mette in dubbio la stessa realtà percepita. Le creature incontrate non sono solo semplici mostri da abbattere con la forza bruta: sono entità bizzarre, disturbanti e spesso incomprensibili, la cui sola forma e i cui movimenti innaturali, fedeli all'estetica contorta e aliena dei Miti, bastano a turbare Jack e influenzare la sua sanità mentale.

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Il sound design è un altro pilastro fondamentale dell'atmosfera: forte di inquietanti rumori ambientali, di sussurri incomprensibili che sembrano provenire dal nulla, di lamenti lontani e soprattutto complice l'assenza di una colonna sonora invadente che lascia, piuttosto, spazio al silenzio carico di minaccia, il gioco raddoppia la la sensazione di isolamento, vulnerabilità e pericolo imminente. Ogni scricchiolio, alito di vento, o lamento lontano che sia contribuisce a tenere il giocatore costantemente sul filo del rasoio, rendendo l'esperienza uditiva importante quanto quella visiva.

Ombre e luci di Unreal Engine 5

Sviluppato con Unreal Engine 5, Stygian: Outer Gods mostra un potenziale visivo lodevole, sfruttando le capacità del motore per creare ambienti e modelli dettagliati che contribuiscono in modo significativo all'immersione nel suo mondo raccapricciante. Tuttavia, essendo attualmente in Early Access, il comparto tecnico presenta ancora delle criticità che non possono essere ignorate e rappresentano una delle principali sfide per gli sviluppatori nell'ottica di finalizzazione del gioco: l'ottimizzazione è un punto dolente, con cali drastici del frame rate che possono compromettere la fluidità dell'esperienza in momenti cruciali e aumentare la frustrazione. Gli sviluppatori hanno riconosciuto il problema e hanno incluso miglioramenti all'ottimizzazione nella roadmap per l'Early Access, segno di un impegno a perfezionare le performance prima del lancio completo.

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Questa roadmap prevede anche l'aggiunta di nuove aree esplorabili (come la Casa delle Nebbie, un luogo che promette di sfidare la percezione stessa della realtà, e la Magione della famiglia Brasko, epicentro degli oscuri rituali), nuovi personaggi con cui interagire (o da cui fuggire), nemici ancora più terrificanti e aberranti, missioni che approfondiranno ulteriormente la lore e oggetti utili alla sopravvivenza, incluse nuove armi e ricette di creazione. Anche il bilanciamento, in particolare del combattimento e di alcune abilità RPG, è un'area su cui si sta attivamente lavorando, basandosi anche sul feedback dei giocatori, essenziale quando si tratta di Early Access. Nonostante questi intoppi iniziali, la base tecnica e i piani di sviluppo suggeriscono che Stygian: Outer Gods ha il potenziale per diventare un'esperienza visivamente e tecnicamente stabile al lancio del gioco completo, capace di sfruttare a dovere le potenzialità di Unreal Engine 5 per creare un mondo di gioco non solo terrificante ma anche visivamente sbalorditivo.

Versione Testata: PC

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Stygian: Outer Gods si presenta come un titolo dal potenziale considerevole, un'immersione coraggiosa e profonda negli abissi dell'orrore Lovecraftiano, particolarmente indicato per i fan tanto dei survival horror quanto delle esperienze con una forte componente narrativa e psicologica che mettono alla prova la resistenza mentale del giocatore. L'atmosfera è indubbiamente il suo punto di forza, grazie alla capacità di catturare con maestria l'essenza dell'orrore cosmico e della follia strisciante che caratterizzano i Miti, mentre l'esplorazione meticolosa di Kingsport e la gestione parsimoniosa delle risorse offrono momenti di tensione genuina e gratificante, dove ogni scoperta è un piccolo trionfo in un mondo ostile. Gli elementi RPG aggiungono un gradito strato di personalizzazione e rigiocabilità, permettendo di affrontare le sfide in modi diversi e di plasmare l'esperienza in base alle proprie preferenze e alla propria tolleranza alla follia. La meccanica della sanità mentale, in particolare, è un'aggiunta riuscitissima che eleva il gioco oltre il semplice survival fisico, rendendo la battaglia contro la propria mente una parte integrante e terrificante dell'esperienza. Ciò detto, lo stato di Early Access è evidente in alcuni aspetti che necessitano ancora di cura e rifinitura prima che il gioco possa esprimere appieno il suo potenziale, in particolare il combattimento e l'ottimizzazione, entrambi aspetti che gli sviluppatori hanno riconosciuto e dei quali si stanno occupando.

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