Pizzolatto ritorna in grande stile

La separazione tra passato, presente e futuro ha solo il significato di un’illusione, per quanto tenace.” - Albert Einstein

Dopo una seconda stagione letteralmente fatta a pezzi da pubblico e critica, True Detective torna con una nuova storia, nuovi episodi e un nuovo cast, pronto a riconquistarsi il proprio posto sulla collina dei premiati. 

Abbiamo visto in anteprima le prime cinque delle otto puntate previste per questa terza stagione e vogliamo condividere con voi le impressioni e le sensazioni che ci hanno suscitato. 

Con i nostri recap settimanali, avevamo analizzato per voi ogni episodio della stagione 2 di TD trovandone debolezze e punti di forza perché, siamo onesti, in tutto quel letame qualche fiore era spuntato (almeno per quanto ci riguarda). Non è stata però una stagione alla quale dedicheremmo un’ulteriore visione, ed è stato un peccato, perché visto il lavoro svolto da Pizzolatto con i primi 8 episodi insieme a McConaughey e Harrelson, il potenziale c’era ed era altissimo. 

Pizzolatto ritorna in grande stile

Come riportare il prodotto offerto allo standard che le persone si aspettano quando pensano alla serie tv “True Detective”? Una sfida difficile che il buon Nic Pizzolatto ha accettato ed ha (quasi) superato. Qualche problema tecnico c’è stato: il cambio di regia in corso d’opera, con Jeremy Saulnier (Hold the Dark) che lascia la produzione dopo aver diretto i primi due episodi e l’arrivo di Daniel Sackheim (X-Files), che ha completato il lavoro. 

Da come si era conclusa la seconda stagione, avevamo quasi pensato che la successiva avrebbe avuto un cast tutto al femminile -  e invece no! I protagonisti sono Wayne Hays e Roland West, interpretati rispettivamente da Mahershala Ali e Stephen Dorff. Abbandonata la mafia e la lotta contro Luke Cage, Ali diventa un detective attento, un segugio tenace, una mente che vedremo all’opera in ben tre linee temporali differenti, messa alla prova da un subdolo assassino e una ancor più subdola malattia, la demenza senile.

Complice un “trucco e parrucco” realizzato alla perfezione, avremo modo di vedere i due protagonisti, invecchiati e pieni di rimorsi, affrontare le conseguenze di quello che sembra un caso irrisolto, una storia che si dipana sotto i nostri occhi fotogramma dopo fotogramma, flashback (e flashforward!) dopo flashback. Un intreccio intricato tra passato, presente e futuro che sì, spesso ci confonde (è solo grazie al taglio di capelli dei due che ci rendiamo conto di quale epoca e momento stiamo vivendo) ma che crea un tipo di narrazione molto coinvolgente, quasi più letteraria che televisiva, e ci costringe a tenere gli occhi incollati allo schermo per non perderci assolutamente alcun dettaglio della vicenda.

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Vogliamo risolvere quel caso, vogliamo scoprire chi è l’assassino, vogliamo sapere se ci sono dei traditori tra tutte quelle facce… e l’unico modo è collegare i puntini, terminare quel puzzle mescolato tra “passato” (gli anni ‘80, il tempo in cui si avviene l’omicidio), “presente” (gli anni ‘90, in cui il caso viene riaperto) e il “futuro” (che poi sarebbe il nostro presente, anno più anno meno, dove un Wayne Hays ormai molto avanti con gli anni viene chiamato a raccontare nuovamente la vicenda ad una giornalista). Purtroppo il risultato finale è lontano dalla perfezione cui aspira e finisce per essere appunto confusionario e troppo diluito. In cinque episodi su otto, sono pochi i momenti degni di nota e ciò che ci ritroviamo in mano, a fine giornata, è un mucchio disordinato di foglietti mal scarabocchiati. Ci riserviamo di cambiare opinione (almeno in parte!) dopo aver visto l’ultima puntata, però. Non si può mai dire! 

Pizzolatto ritorna in grande stile

Vi starete chiedendo: “Sì, ok, ma la trama?”. Beh, la trama è… Un omicidio, due detective che cercano di risolverlo, il buono e il brutto della società che si intromette nel caso e nella vita dei due poliziotti. La politica, il razzismo, l’amore, la malattia… Troverete molte similitudini con la prima stagione e, da una parte, vi sembrerà un sospirato ritorno alle origini, dall’altra… beh, forse anche un po’ troppo. Sappiamo quanto i personaggi siano importanti in True Detective e lo spessore e le sfaccettature con le quali vengono creati e portati sul piccolo schermo è magistrale, ma gli avvenimenti di contorno ad essi, in questa terza stagione, sembrano un continuo riferimento alla prima, senza mai creare qualcosa di nuovo. Mentre però con Rusty e Martin trovavamo due forti presenze sullo schermo, qui sembra tutto ruotare intorno a Wayne, ai suoi pregi e ai suoi difetti, senza dare il dovuto spazio a tutti gli altri personaggi, che gravitano intorno a lui senza brillare mai di luce propria. 

In conclusione. l’atmosfera rurale, il mistero irrisolto e i personaggi che lo compongono fanno comunque presa sul nostro immaginario, ci affascinano e ci costringono ad andare avanti, a guardare per avere finalmente quelle risposte che tutti, persino lo stesso confuso Hays, stanno cercando da fin troppo tempo.

Consigliata? Certamente sì. Stiamo parlando di True Detective, no? Una possibilità, a prescindere, gliela dovete dare!