Alessandro Nivola su Lo strangolatore di Boston: “Nella mia famiglia le donne avevano paura”

Nel prepararsi per il suo ruolo in Lo strangolatore di Boston, Alessandro Nivola ha scoperto che nella sua famiglia qualcuno ricordava quel periodo di paura in città.

di Elisa Giudici

Il nome è italianissimo, l’accento da bostoniano doc. Alessandro Nivola mi accoglie con un sorriso nella nostra video-intervista. Lo studio casalingo da cui è collegato un po’ ricorda certe case italiane di un tempo: uno schedario dall’aspetto militare alle spalle con un adesivo della bandiera sarda, la parte superiore ricoperta di foto di familiari e amici in cornici importanti, tutte differenti, dall’aspetto antico.

Proprio in famiglia Nivola ha scoperto che qualcuno ricordava quell’epoca di paura a Boston, sua città natale. Nivola infatti interpreta il detective Conley in Lo strangolatore di Boston, il film di Matt Ruskin con protagonista Keira Kightley che racconta la caccia all’uomo dell’omonimo serial killer. Il film è un thriller che tenta di ricostruire fedelmente la lunga caccia a un assassino seriale noto come lo Strangolatore di Boston, che violentò e uccise 13 donne in due soli anni, dal 1962 al 1964.

Nel film Nivola interpreta un poliziotto frustrato dalle indagini condotte con metodi antiquati dai suoi colleghi. Conley decide di allearsi con Loretta, una reporter locale che sembra essere l’unica persona oltre a lui sinceramente interessata a quanto sta succedendo in città.

Una città che è protagonista del film tanto quanto Loretta e il detective. Lo strangolatore di Boston è stato girato in città, cercando gli scorci e gli edifici che più avevano conservato l’aspetto che la metropoli statunitense aveva negli anni ‘60. Per Nivola è stato motivo d’orgoglio poter finalmente girare un film nella sua città natale e interpretare un personaggio di Boston.

Com’è stato girare a Boston? Tu sei nato e vissuto nelle zone raccontate dal film.

È strano realizzarlo, ma in effetti è la prima volta nella mia carriera che mi capita di interpretare qualcuno di Boston. In quanto cittadino, poter interpretare un personaggio originario di Boston per me è motivo di un orgoglio particolare.

Sai, l’accento di Boston è molto difficile da replicare per chi non è di qui. Per noi bostoniani è sempre un po’ una sofferenza vedere gli attori di altre città tentare senza troppo successo di replicarlo su schermo. Quindi sono stato davvero molto, molto felice di poterlo fare io in prima persona.

Avevi mai sentito parlare dello strangolare di Boston prima di accettare il ruolo?

In realtà no. Mi spiego meglio. Ovviamente sapevo della sua esistenza, anche solo per il fatto che il suo soprannome ha un riferimento diretto alla città dove vivo. Lo strangolatore di Boston è un assassino seriale noto a livello internazionale, quindi il nome mi era familiare. Nel concreto però tutte le indagini e gli eventi successi e raccontati nel film proprio non li conoscevo.

Ho cominciato a informarmi a riguardo dopo aver accettato il ruolo del detective Conley. A quel punto ne ho parlato in famiglia e tra le donne più anziane di casa, quelle che frequentavano il college a Boston all’inizio degli anni ‘60, le memorie erano ancora vivide.

Mi hanno raccontato che all’epoca in città c’era un’atmosfera particolare, si percepiva la paura, il terrore. Loro stesse se la sera capitava di dover tornare a casa a piedi da sole avevano molto timore.


Parlaci un po’ del detective Conley. 

Alcuni giornalisti mi hanno chiesto cosa pensassi del mio personaggio, che fa taglia la corda sul più bello. Io penso che lui faccia la cosa giusta in quello specifico momento, anche se in chiave carrieristica lo danneggia. Penso sia una persona cinica ma consumata dall’ambiente in cui ha dovuto lavorare per anni. Quando dice a Loretta che non è più interessato al caso lo interpreto come un meccanismo per difendersi, non penso sia la verità.

Penso che il mio personaggio e il suo abbiano legato proprio perché hanno quest’energia ostinata, l’ossessione per questo caso è un tratto che li lega. Il fatto di essere gli unici a non riuscire a rassegnarsi al fatto che il killer non sia stato identificato li rende compagni di viaggio e un po’ complici. È sulla base dell’ossessione comune che hanno che finiscono per flirtare un po’.

Loretta e Conley hanno un’ottima intesa…tu e Keira Knightley invece? Com’è stato lavorare con lei?

È stato fantastico. Non avevo mai avuto modo d’incontrarla e parlarci di persona in maniera vera e propria, ma abbiamo alcuni amici comuni. Conoscevo persone che avevano lavorato con lei tempo fa. Cosa posso dire? È stato meraviglioso dividere il set con Keira.

Tra l’altro penso che questa sia una delle sue migliori interpretazioni. Il modo in cui incarna Loretta e la sua tenacia è il motore del film. La sua intelligenza, la sua forza…emana un’energia particolare in ogni scena, capisci?