La recensione di Victoria Beckham, la docuserie targata Netflix tra confessioni e fragilità
Una serie che svela la vita e la personalità di Victoria Beckham, tra disturbi alimentari, bullismo e successi, ma con una narrazione poco coinvolgente.
Era il 1996, un anno in cui le case delle persone erano disseminate di videocassette nere con etichette scritte a penna, lettori CD e televisori a tubo catodico. Tra colossi come i Nirvana o gli Oasis, un nuovo gruppo pop era pronto a conquistare milioni e milioni di fan da tutto il mondo: le Spice Girls. Il motto? Il Girl Power. I codini biondi, gli abiti neri aderenti e i vestitini pastello celavano in realtà un significato molto forte. Le canzoni e le coreografie, tra balletti e look scintillanti, gridavano alla leggerezza e – soprattutto – alla libertà. Erano tempi in cui le donne cominciavano a mostrare una piccola ribellione.
“Yo, I'll tell you what I want, what I really, really want”, si sente in Wannabe, uno dei brani più celebri di sempre e che, perfino oggi, continua a essere iconico. Ebbene, tra quelle cantanti spiccava una Posh Spice affascinante e magnetica, ma quelli che erano i suoi anni d’oro, in realtà, non rappresentavano realmente la sua essenza. Ecco la nostra recensione della serie Netflix dedicata a Victoria Beckham.
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La storia di Victoria Beckham
Quella di Netflix è una docuserie di 3 episodi, dalla durata di 45-50 minuti, che ripercorre la storia di Victoria Beckham. Tra accenni all’infanzia, a una piccola e dolce bambina che amava ballare e cantare canzoni tratte dai musical, Victoria Adams vuole raccontare in particolar modo il suo percorso nell’industria musicale. Un mondo tanto affascinante e adrenalinico quanto profondamente angusto e ingiusto. Se da un lato un esercito di fan gridava il suo nome e ballava le canzoni delle Spice Girls, magari collezionando poster da tappezzare in camera, dall’altro lato un profondo senso di vuoto e inadeguatezza si insinuava dentro di lei come un tarlo.
Disturbi alimentari e ricerca della propria identità
Vogliamo fare una premessa: la docuserie risulta fin da subito poco immersiva, molto fredda e artificiosa. Pertanto, i nostri giudizi si basano esclusivamente sulla struttura narrativa e sull’impostazione della serie, piuttosto che sulle vicende raccontate dalla protagonista. Ciò che abbiamo apprezzato è stata la sincerità, quasi affilata come un coltello, di Victoria. La stilista e imprenditrice racconta di aver sofferto tanto i giudizi e le critiche della stampa e delle persone. Si sentiva giudicata qualsiasi cosa facesse, si irrigidiva vedendo una fotocamera e ha iniziato a indossare una sorta di corazza per difendersi.

Sebbene abbia imparato a non far trapelare alcuna emozione dal suo viso, ha raccontato di come le critiche abbiano avuto un profondo impatto su di lei, al punto da sviluppare disturbi alimentari. “Ero grassa? Ero magra? Non lo sapevo nemmeno io “, ha detto. Un vortice di insicurezza che l’ha inghiottita soprattutto durante e dopo la gravidanza, con vere e proprie umiliazioni gratuite e senza senso. Umiliazioni che poi, a lungo andare, possono trasformare le persone in semplici corpi che agiscono meccanicamente. Da qui prende forma quell’apparente freddezza glaciale che, altro non è, che una corazza dura e apparentemente irremovibile costruita nel tempo.
Una donna ambiziosa, forse troppo
Nonostante le varie difficoltà, Victoria Beckham racconta di essere stata sempre ambiziosa, a volte anche troppo. Per lei non esiste il fallimento o la resa, esiste solo la lotta: combattere per ciò che si vuole, ad ogni costo. Un modus operandi che le ha causato dolore più volte, ma che l’ha condotta dove si trova oggi. La Posh Spice ha infatti lottato per essere la professionista che aspirava a diventare, ovvero una stilista e imprenditrice, e ha dovuto “uccidere” una parte di sé per affrontare quel nuovo inizio.
Fondare il suo brand di moda è stato tutt’altro che facile: ha dovuto affrontare perdite per decine di milioni di sterline e la difficile ricerca di investitori disposti a credere nel suo progetto. Troppe critiche, tante insicurezze, infinite sfide da affrontare, ma la Fashion Week di Parigi (protagonista della serie) mostra i frutti del suo lavoro e i retroscena.
La relazione con David Beckham e le amicizie
La docuserie presenta i commenti di alcune persone, tra cui ovviamente il marito David Beckham. Il suo supporto nei confronti di Victoria si è rivelato cruciale in più circostanze, sebbene in generale - almeno a primo impatto - la struttura narrativa non è riuscita a far empatizzare pienamente con entrambi. Da un lato, però, è anche giusto così: i riflettori dovevano essere puntati su Victoria, tutto il resto doveva restare in secondo piano, dato che per troppo tempo è stata etichettata semplicemente come la moglie di un calciatore. L’amicizia con Eva Longoria, in particolare, ha rappresentato una parentesi dolce nella serie e ha permesso di conoscere Victoria nella sua dimensione più intima, insieme ovviamente alla sua famiglia.

Una storia emozionante ma noiosa
Come vi abbiamo anticipato, la storia raccontata da Victoria è molto interessante e ci permette di conoscere aspetti inediti della sua personalità. Quelli che potevano essere dei pregiudizi iniziali o delle convinzioni, come la sua apparente freddezza, in realtà si rivelano infondati mostrando una profonda fragilità. Diversi argomenti e tematiche sono di grande importanza, come il bullismo e i disturbi alimentari, ma anche il costante senso di inadeguatezza, la voglia di brillare e trovare la propria identità come singolo individuo.
Tuttavia, Netflix non è riuscita pienamente nel suo intento: se da un lato abbiamo conosciuto una personalità interessante, dall’altro la struttura degli episodi annoia fin da subito. Anche i flashback, che avrebbero in realtà dovuto dare una certa dinamicità alle scene, in realtà si sono rivelati molto piatti e poco convincenti. Solo l’ultimo episodio sembra aver preso ritmo permettendoci di empatizzare maggiormente non solo con i personaggi secondari, ma soprattutto con una Victoria che finalmente è stata mostrata nella sua dolce fragilità, con le sue emozioni pure e genuine, senza alcuna maschera (e finalmente con qualche lacrima).
La recensione di Victoria Beckham, conclusioni
Victoria si è mostrata senza freni e ha esposto le sue fragilità e le sue problematiche con grande coraggio. Quella che apparentemente può apparire come una donna troppo rigida e impostata, in realtà ha celato e represso una quantità impressionante di emozioni. Ha dovuto ingoiare critiche squallide e si è dovuta rimboccare le maniche da sola, nonostante tutto. È una personalità molto interessante: se siete curiosi di conoscerla meglio, questa serie può fare al caso vostro, ma non aspettatevi episodi particolarmente dinamici o coinvolgenti. In tal senso, purtroppo, la docuserie potrebbe annoiarvi molto presto.
Voto
Redazione

La recensione di Victoria Beckham, la docuserie targata Netflix tra confessioni e fragilità
Victoria Beckham è una docuserie targata Netflix che ci permette di scoprire un lato inedito dell'ex Posh Spice. Tra vita privata, successi e momenti intimi, emerge una donna che ha lottato per essere se stessa, “uccidendo” una parte di sé per affrontare nuove sfide e scoprire la sua vera identità. Tuttavia, la struttura narrativa della serie si rivela noiosa e ingrana la marcia troppo tardi. Una buona visione se volete conoscere meglio il percorso della protagonista, ma non aspettatevi episodi particolarmente dinamici.

















