Mrs Playmen: la rivoluzione sessuale in una serie poco rivoluzionaria

I sette episodi della serie Netflix raccontano la storia di Adelina Tattilo, prima editrice di una rivista erotica nell'Italia bacchettona e patriarcale degli anni Settanta.

di Maurizio Encari

Roma, ottobre 1970. Il Piper Club, leggendario tempio della vita notturna capitolina, si prepara a ospitare una festa che farà epoca: sulla copertina di Playmen, la prima rivista erotica italiana, appare Brigitte Bardot con un copricapo da suora e un reggiseno a rete che lascia poco all'immaginazione. È uno scandalo calcolato, una provocazione che accende i riflettori su Adelina Tattilo Balsamo, la donna dietro a quello che Time definirà "Hugh Hefner con la gonna", pronta a sfidare l'Italia cattolica e conservatrice con una rivoluzione fatta di nudi eleganti, tematiche audaci e dibattito intellettuale.

Come vi raccontiamo nella recensione di Mrs Playmen, nuova miniserie Netflix in sette episodi diretta da Riccardo Donna - già autore tra gli altri di Io sono Mia (2019) e Questo piccolo grande amore (2009) - ci troviamo di fronte a un'operazione che sulla carta aveva tutti gli ingredienti per rivelarsi un racconto avvincente di emancipazione femminile e trasgressione culturale. La storia vera di Adelina Tattilo - giornalista, editrice, produttrice cinematografica che osò portare il sesso e la libertà femminile nelle edicole di un Paese dove il divorzio non era ancora legalizzato e il matrimonio riparatore era all'ordine del giorno - meritava un trattamento più coraggioso e articolato di quello qui ricevuto.

Mrs Playmen: paura di osare

Il potenziale va detto c'era tutto, con le potenzialità per scardinare le idiosincrasie tutte italiane di una società casta e pura a convenienza, con l'ambientazione negli anni Settanta quale ulteriore elemento di disgregazione sociale e le ingerenze del bigottismo e del cattolicesimo nella vita comune e nel bisogno di eccessi. A conti fatti però il risultato è una serie patinata e superficiale, non priva di spunti va detto ma che finisce spesso per ridurli a una sequenza di situazioni e scenette preconfezionati, dove ogni ostacolo viene superato con una semplicità disarmante anche nei passaggi più controversi, in una narrazione a ritmo velocissimo che poco tempo concede per riflettere su quanto appena visto.

La profondità dell'assunto, con l'omosessualità da sdoganare, lo scontro tra polizia e anarchici, l'emancipazione femminile e così via, viene sistematicamente sacrificata in favore di un'estetica pulita e forzatamente cool, che sembra più interessata a celebrare aprioristicamente la protagonista che ad esplorarne le pur insite ed evidenti contraddizioni, poi risolte tramite soluzioni ad effetto più o meno schiave di una retorica moralizzatrice. Un'occasione sprecata che trasforma quello che avrebbe potuto essere un affresco sociale rigoroso in un prodotto streaming standardizzato, pensato per il consumo rapido piuttosto che per lasciare un'impressione duratura.

Ed è un peccato giacché Carolina Crescentini nel ruolo principale mette in mostra in quest'occasione un'indubbia presenza scenica, che ruba spesso la scena al numeroso cast di supporto. Ma quest'idea di una donna forte e decisa, pronta a riprendere in mano la propria vita e a ottenere una progressiva indipendenza dal marito / proprietario, dongiovanni e latitante, non va di pari passo con una sceneggiatura che si fa invece spesso timida, quasi mai capace di pungere a dovere nonostante i millimetrici assist concessi dalla sceneggiatura: si sbagliano parecchi gol a porta vuota, con un contesto incandescente sfruttato poco o nulla.

Di tutto e di più ma senza verve

Scandali internazionali - con tanto di Onassis e Jacqueline Kennedy coinvolti - le ingerenze della Chiesa pronta a reprimere quella rivista considerata immorale e indecente, i raid fascisti contro i locali gay, lo stupro e il conseguente matrimonio riparatore, i tribunali sempre pronti a trattare i casi di violenza, domestica e non, contro le donne con estrema sufficienza, per la serie "se la sono cercata". Ce n'era di materiale scottante, ma è stato depotenziato in favore di un racconto da prima serata televisiva, pensato per quel pubblico generalista che facilmente si ritroverà in volti ed eventi qui resi stancamente accomodanti.

L'impressione è che la serie abbia come avuto timore di sporcarsi le mani, di mostrare i personaggi alle prese con scelte veramente difficili dove non esiste una risposta "giusta o sbagliata", impoverendo drasticamente l'intero senso dell'operazione. Mrs Playmen perde così quell'ambigua complessità che avrebbe potuto rendere la storia genuinamente interessante, limitandosi a un resoconto più o meno fedele dell'Italia di cinquant'anni fa.