La guerra del Vietnam nella spy-story di Sky: la recensione de Il simpatizzante

Una grande serie, con interpreti eccezionali e l'ironia che spezza la tensione

di Chiara Poli

Tutte le guerre si combattono due volte. Una sul campo di battaglia e una nella memoria.

La scritta che fa da premessa a The Sympathizer, Il simpatizzante, in prima visione assoluta in esclusiva su SKY e NOW dal 20 maggio non lascia spazio ai dubbi: questa è una storia di guerra.

Ma la guerra è fatta di tante battaglie, non necessariamente con le armi in mano. E questa serie strepitosa, in 7 episodi, combatte sul piano dello spionaggio.

La trama de Il simpatizzante

L’uso della soggettiva, le panoramiche a schiaffo, le riprese dal basso si alternano a una regia classica ed equilibrata, per restituirci il senso di una doppia prospettiva.

La colonna sonora inserisce frequentemente commenti musicali scherzosi, tesi a sdrammatizzare situazioni emotivamente impegnative. E tutto, costantemente, si svolge sotto lo sguardo ironico degli autori che, di tanto in tanto, ci ricordano che stiamo guardando una serie TV prima che le cose si facciano insostenibili.

Dopo la caduta di Saigon, i civili e i militari rimasti, membri dell’esercito sconfitto, lottano disperatamente - anche fra loro - per assicurarsi un posto sugli aerei in partenza mentre il nostro protagonista, la nostra guida in questo mondo di doppi giochi, esita.

Il Vietnam, quel Paese che secondo molto non gli appartiene davvero perché è un “mezzosangue” frutto delle colonie, è la sua casa. Tutto ciò che ha fatto, nel bene e nel male, è stato per lui, per il Vietnam, per quel Paese devastato in cui il Capitano sogna un futuro che non potrà mai avere.

In California, fra la seconda metà degli anni ’70 e gli anni ’80, gli immigrati vietnamiti lavorano nei negozi di liquori e mettono in piedi i ristoranti etnici, in un Paese - gli Stati Uniti - per cui la guerra in Vietnam ha rappresentato un conflitto lontano, mai compreso, ma che ha causato una ferita insanabile nelle famiglie americane. 150 miliardi di dollari spesi per veder morire quasi 60.000 ragazzi americani e averne visti, feriti e traumatizzati, oltre 150.000 mandati in un posto sconosciuto a combattere una guerra sconosciuta.

Costretto a compiere azioni indicibili per mantenere la propria copertura e continuare a risultare credibile, il Capitano - ed è questo il vero punto di forza del romanzo e della serie - ha una coscienza. Qualcosa che le spie sono abituate a spegnere, come se fosse un interruttore. Sono addestrate a farlo. Hanno dei metodi che consentono loro di condurre una vita di menzogne. Ma il Capitano, pur abile nel suo mestiere di doppiogiochista, soffre ogni volta che deve colpire un innocente o mandare a morire qualcuno che si fidava di lui. Perché il suo sguardo è, incredibile ma vero, spietato ma anche pieno di compassione. Al tempo stesso. Mentre guida un cast eccezionale, di cui fa parte anche Sandra Oh e che vi colpirà.