Griselda: storia vera e recensione della miniserie Netflix con Sofia Vergara

La storia vera della boss della droga Griselda Blanco, e la recensione della miniserie Netflix in cui Sofia Vergara le dà vita. Con un'interpretazione magistrale.

di Chiara Poli

Nel 1983 Brian De Palma diresse il remake in chiave moderna di un classico del 1932, intitolato Scarface. La sceneggiatura portava la firma di Oliver Stone e il protagonista era Al Pacino. Scarface, con la storia di Tony Montana, è diventato uno dei migliori gangster-movie di tutta la storia del cinema.

Griselda, drammatizzazione della storia vera di Griselda Blanco, è incredibilmente simile alla storia di Scarface. Perché gli inizi poveri, l’ascesa, l’ambizione spietata, l’arrivo al vertice, la lente distorta da uno smodato uso di droga e l’immancabile caduta, sono i passaggi attraversati da Tony Montana al cinema e da Griselda Blanco nella vita reale. Perché la storia è sempre la stessa: si arriva in cima, si perde il controllo e poi si cade. Rovinosamente.

Ci sono moltissime citazioni da Scarface - nella miniserie di Netflix in 6 episodi disponibile dal 25 gennaio - che ricostruisce grazie alla straordinaria interpretazione di Sofia Vergara, la vita e la carriera criminale di Griselda Blanco. Ma partiamo dall’inizio.

La vera storia di Griselda Blanco

Non è la prima volta che la storia di Griselda Blanco viene portata sullo schermo. Nel 2017 Catherine Zeta-Jones le diede vita nel film Cocaine Godmother, diretta da Guillermo Navarro, ma il film ebbe un’accoglienza negativa sia da parte del pubblico che da parte della critica.

Poi è arrivata Sofia Vergara. L’attrice colombiana, che in Modern Family (4 nomination agli Emmy e 4 ai Golden Globes per il ruolo) prendeva in giro le sue origini parlando della violenza esasperata del suo Paese, firma come produttrice esecutiva Griselda. E fa un lavoro incredibile come interprete.

Certo: per quanto truccata, con tanto di applicazioni di protesi in lattice, la Vergara resta sempre comunque troppo bella per somigliare alla vera Griselda Blanco. E a un’attrice della sua età, prossima ai 52 anni, non si poteva certo chiedere una trasformazione fisica per ingrassare e poi riperdere i chili come si fa con gli attori giovani. Quindi dovremo accontentarci: Sofia Vergara non somiglia molto a Griselda Blanco, ma certamente ci regala un’interpretazione memorabile - con ampie parti nella sua lingua madre - e forse, finalmente, una delle prossime nomination si trasformerà in un premio.

La storia di Griselda, nella miniserie, parte quando la donna è già adulta. Il racconto, per chiara volontà degli autori, viene costruito come vi dicevo con molti omaggi alla storia di Tony Montana raccontata da De Palma, tanto che ci sono delle inquadrature di Griselda ai vertici che ricordano quelle dedicate a Pacino.

C’è tanto di vero nella miniserie, inclusi l’accidentale omicidio di un bambino, il sicario Jorge Ayala - noto come Rivi - e la crudeltà di una donna che, pur essendo madre, sceglie il ruolo di Madrina che i suoi sottoposti le hanno assegnato.

Si dice sempre che il motivo per cui le donne raramente raggiungono i vertici di organizzazioni criminali spietate sia perché una madre non può essere anche un mostro, facendo uccidere donne e bambini. Ma Griselda ci racconta l’esatto opposto. Ci parla di una donna così ambiziosa da mettere tutto, inclusi i suoi figli, dopo la sete di denaro e potere.

Griselda è il mezzo con cui la storia dedica a una figura spietata un ritratto reale.

Proprio come in Scarface, la miniserie esplora il tema della corruzione, del potere e della violenza, dell’ascesa e della caduta attraverso uno sguardo crudo e spietato sul mondo del crimine.

Un mondo in cui Griselda si confronta sempre e solo con uomini, più spietati e più crudeli di lei. Almeno fino a quando Griselda mantiene ancora un vago controllo di sé. Quando lo perde, niente e nessuno sembra più turbarla, com’era invece accaduto in passato.

I paralleli fra la storia di Griselda Blanco e quella, fittizia, di Tony Montana si vedono fin dal principio, con la differenza che Griselda - essendo una donna - nel mondo degli anni ’60 e ’70 non viene presa sul serio da nessuno. Forse per questo deve mostrarsi capace di tutto. Forse per questo, almeno nella miniserie, si trasforma nel mostro che non le è difficile diventare.

Nella realtà, sappiamo che Griselda aveva iniziato a uccidere prima ancora di compiere 12 anni.

Ma la Griselda di Sofia Vergara non ci racconta la storia di una bambina che faceva semplicemente ciò che vedeva fare o che sentiva raccontare. Ci racconta, piuttosto, la storia di una donna che nella vita ha sempre dovuto lottare per conquistare qualsiasi cosa, fosse anche solo il diritto di bersi una birra. E che aveva sempre dovuto lottare contro degli uomini, per ottenere ciò che agli altri uomini spettava di diritto.

Ecco quindi che il punto di vista di Griselda è sì quello di un’aspirante boss della droga, ma anche e soprattutto quello di una donna che rinnega la sua stessa natura di madre perché, semplicemente, finisce per essere attratta più dal denaro e dal potere che da qualsiasi altra cosa.

La trasformazione di Sofia Vergara, episodio dopo episodio, diventa sempre più marcata. La sua violenza e il suo odio per il mondo che l’ha rifiutata e umiliata crescono un po’ alla volta, fino a esplodere. All’inizio di ogni episodio, viene scelta un’inquadratura, di solito un primo piano, della protagonista. Destinato a diventare un’immagine iconica, sulla quale compare il titolo della miniserie, il suo nome: Griselda.

La miniserie su questo insiste parecchio, così come insiste su come Griselda debba faticare anche solo per farsi ascoltare. E poi, quando è lei a dover ascoltare, non ne è più capace. Ha perso la sua stessa identità.

È talmente concentrata a sospettare che l’informatore della polizia sia vicino a lei che smette di guardare le persone con obiettività, ignorando i segnali che noi abbiamo colto con chiarezza.

Esattamente come Tony Montana, quando inizia ad abusare eccessivamente di ciò che le ha fatto fare i soldi, perde il controllo. Nello stesso, identico modo. Perché non c’è via di scampo, quando si esagera. Non si riesce più a comunicare con nessuno, nemmeno con i propri figli.

Anche dall’altra parte della barricata viene evidenziato il punto di vista femminile, ma soprattutto le difficoltà che anche i “buoni” trovano a farsi ascoltare.

La detective June Hawkins, ottimamente interpretata da Juliana Aidén Martinez (The Blacklist, Prodigal Son), nel dipartimento di polizia viene considerata come una segretaria dai colleghi uomini. Fino all’arrivo di un uomo, latino come lei, che quando viene messo a capo della neoformata CENTAC riconosce il valore del lavoro di June e le dà l’opportunità di fare il necessario per arrivare a incastrare Griselda.

Ci sono due donne, una contro l’altra, che si scontrano nella guerra della giustizia - spesso corrotta - contro il crimine.

C’è un ambiente ostile in tutto e per tutto alle donne, ma attenzione. Qui non siamo né nel politically correct né nella famigerata “lotta al patriarcato”: in Griselda siamo semplicemente immersi nella realtà di un’epoca che alle donne non concedeva spazio. Così, in un ambiente o nell’altro, le donne dovevano cercare di guadagnarselo in qualche modo.

La storia ci ricorda come venivano considerate le capacità imprenditoriali - e figuriamoci quelle necessarie per entrare in polizia - negli anni ’70: nulle.

Così, Griselda sceglie di raccontarci una storia vera con un doppio punto di vista femminile e una comune lotta di due donne contro un mondo creato dagli uomini per gli uomini.

Senza retorica, perché è semplicemente storia. Ricostruzione del contesto storico. Realtà.

Nel racconto dell’ascesa criminale di una donna che era più intelligente, scaltra e lungimirante di tanti uomini.

Griselda lo ripete spesso:

Ho un piano.

Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi difficoltà arrivi, lei ha sempre un piano. Perfino nelle condizioni più disperate. E anche quando tutto sembra perduto, è talmente potente da riuscire ancora ad avere ciò che vuole.

Fino all’inevitabile finale, vero come la storia raccontata e come tutte le storie fittizie che abbiamo visto al cinema e in TV quando si tratta di imperi criminali.