Amsterdam Empire, recensione: segreti e tradimenti nell'impero della cannabis
Serie in sette episodi, vede per protagonista il losco gestore di un locale, alle prese con una moglie vendicativa e con nuove insidie. Su Netflix.
Un prologo che vorrebbe spiazzare quello di Amsterdam Empire, iniziando con il protagonista Jack van Doorn che viene raggiunto da dei colpi di pistola su un ponte della capitale olandese. Lì la storia ci accompagna a ritroso, optando per un flashback - lungo diverse puntate, prima di ricongiungersi all'evento di apertura - nel quale scopriamo chi è quest'uomo e le motivazioni che lo hanno portato a ritrovarsi in tale, drammatica, situazione.
Jack è il proprietario del The Jackal, gestendo un vero e proprio impero di coffee shop legali che vendono cannabis di alta qualità. Un uomo ricco e potente che per vent'anni ha costruito la sua fortuna mentre tradiva sistematicamente Betty, sua moglie ed ex stella della musica, che ha abbandonato la carriera per diventare una sorta di casalinga dell'alta società locale. Quando la donna scopre l'ennesima relazione fedifraga e Jack le annuncia di volere il divorzio per sposare la conduttrice televisiva Marjolain, qualcosa in lei si spezza definitivamente. Betty ora non vuole soltanto vendetta, ma intende definitivamente rovinare il marito e soffiargli la sua lucrosa attività.
In Amsterdam Empire la perdizione è vicina
Sembra che la parola d'ordine per la serialità contemporanea sia quella non tanto di curare la qualità della storia ma di complicarla il più possibile, con un tourbillon di eventi e colpi di scena nel tentativo di mantenere sempre alto l'interesse del pubblico. E Amsterdam Empire, nuovo original Netflix di produzione olandese in sette episodi, non fa eccezione, inserendo un notevole numero di sottotrame e figure secondarie a ingarbugliare inesorabilmente la vita del protagonista. Protagonista che di per sé non è certo uno stinco di santo, così come quella - non ancora ufficialmente - ex moglie che intende fargliela pagare ad ogni costo per le sue "marachelle" extra coniugali: dinamiche familiari tossiche nell'era post Succession, qui però declinate in chiave più leggera e grottesca rispetto al solito.
D'altronde l'ambientazione in quel di Amsterdam e la cannabis al centro della vicenda quale gallina dalle uova d'oro rappresentata dal The Jackal, locale iconico e storico che diventa teatro e oggetto di contesa tra i due amanti di un tempo, non lasciava molto spazio all'immaginazione. Ma quando entrano in ballo gli altri figli di Jack avuti da un precedente matrimonio, chi più chi meno coinvolto nel business, e poi bande criminali varie e assortite, la sceneggiatura sbulacca e rischia di perdere di vista cosa volesse effettivamente raccontare, tanto che il finale parzialmente aperto non è ormai più una sorpresa per nessuno.
Menti e volti
Non è un caso che la genesi dietro alla serie sia merito del trio formato da Nico Moolenaar, Piet Matthys e Bart Uytdenhouwen, già responsabili dei successi internazionali Undercover (2019-2021) e Ferry (2021). Operazioni con le quali Amsterdam Empire ha diverse cose in comune, a cominciare proprio dalla caratterizzazione dei vari personaggi, protagonista in primis, e dei succitati toni, sempre in bilico tra il dark humour e una tensione più amara in certi passaggi. Il cast può contare sull'indole sbruffona di Jacob Derwig, faccia giusta al posto giusto per il ruolo di Jack, sul fascino nervoso e âgée di una ritrovata Famke Janssen, anche se a spiccare è la "terza incomoda" di Elise Schaap.
Non mancano nemmeno un paio di flashback con gli attori ringiovaniti digitalmente - un de-aging va detto alquanto credibile e riuscito - a infoltire ulteriormente una trama che si perde spesso nel corso delle sette puntate, e che avrebbe necessitato di una notevole falciatura in fase di montaggio. Qui invece il racconto si fa alquanto ridondante e, cosa peggiore, nell'epilogo non si risolve pressoché nulla, tornando a quel punto di partenza appositamente indirizzato per aprire alla probabile continuazione, visualizzazioni permettendo.