Warhammer 40,000: Chaos Gate – Daemonhunters, la recensione

Il videogioco sviluppato da Complex Games ci riporta nel difficile mondo della tattica su console

di Fabio Canonico

Warhammer 40,000: Chaos Gate – Daemonhunters è una produzione imponente, come gli Space Marine che ne sono protagonisti, e solidissima, come le armature che li proteggono. Complex Games dà la propria interpretazione del bellicoso e terribile futuro del quarantunesimo secolo attraverso uno strategico a turni che fa un gran bel lavoro nel portare su schermo il furioso immaginario del gioco di miniature firmato Games Workshop.

C'è dentro esattamente tutto quello che gli appassionati potrebbero desiderare: una storia di guerra, con al centro uno dei capitoli degli Space Marine più affascinanti, i Cavalieri Grigi, l'intransigenza dell'Inquisizione e le bieche macchinazioni del Chaos; un'estetica sapiente, per quanto non troppo elaborata, che bene omaggia il materiale di riferimento; e, ovviamente, un impianto di gioco che ben restituisce quella sensazione di combattimento incalzante, viscerale, opprimente. Il tutto, al netto di qualche imperfezione nel modo in cui la sostanza ludica strategica viene distribuita, tra noiosi tempi morti e una certa ripetitività di fondo.

Warhammer 40,000: Chaos Gate – Daemonhunters, meccaniche e dinamiche

Warhammer 40,000: Chaos Gate – Daemonhunters è, come detto, principalmente uno strategico a turni, e come tale funziona benissimo. Non c'è niente di particolare nella sua proposta, che assomiglia nelle meccaniche e nelle dinamiche più basilari a quella di molteplici altri congeneri. Si schierano sul campo di battaglia un certo numero di Cavalieri Grigi, ognuno con una propria specializzazione e un equipaggiamento personalizzabile, e si affrontano intense battaglie contro nemici presenti in numero sempre soverchiante. D'altronde gli Space Marine sono tra i guerrieri più letali dell'universo, pochissimi nemici sono in grado di affrontarli testa a testa; ludicamente, questo si traduce in plebaglie del Caos, demoni, Space Marine del Chaos, anche, dalla cospicua presenza.

Sul campo occorre muoversi secondo certi dettami, che prevedono l'ottimizzazione dei movimenti e il sapiente utilizzo del proprio arsenale. L'utilizzo delle coperture è fondamentale, così come capire quando è il caso di ingaggiare i nemici da lontano, con le armi da fuoco, e quando nel corpo a corpo. Si fa presto a prendere confidenza con un sistema semplice ma abbastanza profondo. Inizialmente sembra tutto persino un po' troppo basilare, ma mano a mano che si affrontano missioni, che il numero dei nemici cresce, e che aumentano le possibilità di azione e personalizzazione delle proprie unità, le cose cambiano sensibilmente.

Warhammer 40,000: Chaos Gate – Daemonhunters è un videogioco impegnativo, anche al livello di sfida più basso, che richiede al giocatore pianificazione e attenzione. Da ogni zona del campo di battaglia possono sbucare nemici, e allora meglio muovere sempre il proprio pugno di uomini in maniera compatta; i nemici, ancora, per quanto non intelligentissimi, usano senza remore il proprio arsenale, quindi è sempre il caso di avere contromisure adeguate, attraverso equipaggiamenti ben differenziati; ci si può ritrovare contro orde inarrestabili o contro imponenti boss, e allora sfruttare i non troppo vari elementi ambientali può segnare la differenza tra una vittoria e una sconfitta (prendete questo pilastro in testa, demoni!).

Il gioco funziona a livello tattico, pur senza particolari guizzi, perché fucili potenziabili, granate, kit di soccorso, teletrasporti, scudi e chi più ne ha più ne metta, da utilizzare secondo quanto prevedono punti azione e simili, fanno ormai parte della tradizione del genere. Quello che esalta maggiormente, che eleva a potenza una ludica godibile ma familiarissima, è, prevedibilmente, la dose di Warhammer 40,000 infusa nella produzione. Che non è elevatissima, perché per esempio molte volte i nemici sono sempre gli stessi, o perché le ambientazioni in nemmeno tanto tempo finiscono con l'assomigliarsi un po' tutte, ma bastevole a intrigare l'appassionato. Nel modo in cui funzionano le armi per esempio, facendo a fette o a brandelli progenie purulente; o anche, semplicemente, nel particolare modo di muoversi che hanno gli Space Marine, dentro le loro terribili armature, dai passi pesanti ma sicuri.

Se il nucleo del gioco funziona bene, dunque, c'è un contorno che però non è ugualmente all'altezza. C'è una fase gestionale, a bordo della nave che ospita i Cavalieri Grigi, che non è del tutto centrata. Bene fin quando si tratta di utilizzare in essa certe risorse, per sbloccare nuovi armamenti, armature e così via; male nel momento in cui è attraverso essa, spesso, che avviene la progressione. Non si procede infatti di missione in missione, completando una per accedere all'altra, ma secondo una scansione del tempo in giornate. Si porta in avanti il tempo, nel frattempo il Caos si diffonde e occorre intervenire sul campo, ma quasi sempre quelle battaglie estemporanee, che si assomigliano tutte, sono un banale riempitivo, in attesa che, per esempio, sia pronto il potenziamento della nave che permette alla storia di procedere. Non è un dialogo proficuo, quello tra parte gestionale e parte strategica, ma un inciampo che il più delle volte costringe a scontri senza mordente e impone una progressione lenta e artificiosa.