Tales of Kenzera Zau – Un Viaggio Emotivo Attraverso il Lutto – Recensione XBOX

Esplora il processo di lutto attraverso gli occhi di Zau mentre affronta il suo viaggio per riportare in vita il padre. Un'avventura coinvolgente che mescola mitologia bantu e metafore personali.

di Simone Rampazzi

Arriva per tutti il momento nella vita di affrontare un lutto. Potremmo disquisire ore su come e quali potrebbero essere le condizioni migliori per farlo, ma sappiamo tutti fin troppo bene che si tratta di un percorso intimo, personale, incapace per definizione di essere catalogato all’interno di un insieme di regole da seguire passo dopo passo.

Ognuno segue un percorso diverso, cercando nel frattempo di fare i conti con i propri demoni interiori non solo per colmare la perdita, ma anche e soprattutto per finire con l’accettarla. Iniziare così una lettura potrebbe non essere facile, ma la storia scritta dallo studio di intrattenimento fondato dall'attore Abubakar Salim parla proprio di questo.

Parla di una perdita e del modo in cui il protagonista, Zau, cerca di porvi rimedio ispirandosi alle vicende che hanno coinvolto lo stesso Abubakar.


In Tales of Kenzera Zau  La Morte è solo l’Inizio

Come accennato poc’anzi, il titolo di Surgent Studio inizia parlandoci di Zuberi, un giovane che suo malgrado deve affrontare la morte di suo padre. Il rifiuto della perdita si trasforma presto in odio e uno dei modi per sanarlo sembra essere contenuto in un libro: un’ultima storia scritta dal padre per il figlio, che racconta del viaggio di uno sciamano -per l’appunto, Zau- che si reca dal dio della morte Kalunga per chiedere indietro l’anima del padre.

Le ovvie similitudini diventano quindi un pretesto, una normale immedesimazione che, come per Zuberi, diventano per il giocatore aldilà dello schermo un naturale strumento per avvicinarsi lentamente a un argomento così spinoso. Durante il corso dell'intera avventura, questo tema viene affrontato con una delicatezza e spontaneità incredibili, un pregio che ha bisogno di essere sottolineato proprio perché, come detto all'inizio, non esiste un unico metodo "giusto" per affrontare il lutto.

E quindi Zuberi, anzi Zau, diventa un mezzo. Uno sciamano giovane, arrabbiato e impetuoso, disposto a tutto per ottenere il tanto agognato premio alla fine del viaggio, ovvero l’anima del padre in cambio del ravvedimento di tre spiriti rinnegati. Di per sé già è intuibile che il viaggio debba ripercorrere una reinterpretazione delle cinque fasi dell’elaborazione del lutto, ma è interessante come tutto questo avvenga in modo spontaneo e naturale, praticamente senza proclami.

Zau perciò affronta il rifiuto, si lascia andare alla rabbia, cerca più volte di negoziare con Kalunga e finisce perfino, in un momento del viaggio, a perdersi nella paura, come trascinato nell’abisso della depressione, solo per risalire a galla più forte, alleggerito dall’essere sceso a patti con il dramma.

La storia narrata da Surgent Studio è semplice quanto efficace. Non cerca di complicare o addolcire la pillola, ma piuttosto attinge alle storie della tradizione della civiltà bantu, creando un universo quasi onirico, ricco di quella mitologia che caratterizza le oltre quattrocento etnie che ne condividono tratti, usi e costumi.


Tales of Kenzera Zau è un Metroidvania “Semplice”

Inserire nella stessa frase “metroidvania” e “semplice” potrebbe in qualche modo stonare, soprattutto ragionando sulle molteplici offerte appartenenti al genere, tutte molto articolate quanto ricche di meccaniche di gameplay solitamente difficili da padroneggiare, anche da un pubblico più hardcore legato al contesto.

Tales of Kenzera, forse perché opera prima, non sembra creato con l’intenzione di impensierire il giocatore. Anzi, se vogliamo, accompagna tutti per mano creando un sistema di gioco decisamente abbordabile, pensato forse solo verso la fine con l’intento di alzare la difficoltà.

Zau può fare affidamento su due poteri elementali, quello del sole e della luna. Le due maschere ereditate dal padre sono create per suddividere il pattern di gioco tra attacchi in mischia e attacchi a distanza, introducendo anche alcune abilità aggiuntive più interessanti, come un ampliamento delle combo nel primo caso, o il caricamento dei colpi per creare una raffica nell'altro.

L'interfaccia di gioco è estremamente minimale, così come i menu, il che è positivo perché il giocatore deve solo prestare attenzione alla vita del proprio personaggio. Incredibilmente, in Tales of Kenzera non esistono pozioni: Zau può curarsi infliggendo danni ai propri avversari, il che è estremamente funzionale soprattutto durante le boss fight, che potrebbero comunque risultare impegnative a difficoltà più elevate.

Interessante la scelta di dotare Zau sin dall'inizio del doppio salto e dello scatto, poiché conferisce fin da subito una sensazione di libertà difficile da trovare in altri giochi simili. Per fare un confronto, vi ricordate l'esperienza con Prince of Persia: The Lost Crown? Mentre la progressione di Sargon prevedeva un discreto numero di passaggi, con combo articolate, qui con Zau le cose diventano molto più semplici e lineari.


Ovviamente, come prima esperienza dello studio di sviluppo, nel gioco troviamo delle meccaniche più rudimentali, come il sistema di abilità di Zau, che appare molto elementare nella sua realizzazione. Tuttavia, abbiamo trovato interessante il sistema messo in atto per sbloccare le abilità accessorie, come la possibilità di planare o di creare o distruggere alcune strutture necessarie per superare gli ostacoli imposti dalla mappa. Ognuna di queste abilità è corredata dalla storia di uno sciamano del passato, un modo appropriato e onesto per aggiungere pathos al racconto, oltre che per "aiutare" Zau nel suo percorso di crescita interiore.

Purtroppo, sembra che la stessa cura nei dettagli non sia stata riversata nella creazione dei nemici che popolano la storia di Kenzera, poiché questi appaiono molto simili tra loro, differenziandosi soltanto per tipologia di attacco e, occasionalmente, colorazione utile per identificare una debolezza rispetto a una delle maschere utilizzate da Zau. Questo è un punto a sfavore non solo per quanto riguarda la trama, supportata da un contesto mitologico interessante ma poco conosciuto (come funzionò con Nioh per la parte giapponese, vi ricordate?), ma anche per quanto riguarda la caratterizzazione dei boss, che prova a riprendere il tiro senza però riuscire completamente nell’intento.

Tales of Kenzera Zau vive in un Mondo Fiabesco 

Sul fronte del comparto tecnico, Tales of Kenzera riesce a creare un mondo di gioco che non ha nulla da invidiare alle controparti di settore: è colorato e ricco di fondali che ricordano molto da vicino anche ambientazioni più familiari. Si possono notare chiare ispirazioni dal mondo afrofuturistico del Wakanda di Black Panther, unito al piano onirico in cui T'Challa entra in contatto con i propri antenati prima di entrare in comunione con la dea pantera Bast.

Le ambientazioni create da Surgent Studios cercano anche di aumentare l'empatia tra giocatore e protagonista. Durante l'avventura, ci troveremo spesso ad affrontare luoghi più ostici, contemporaneamente a momenti in cui il povero Zau perde momentaneamente la bussola, dominato dalla rabbia. Questo approccio aggiunge profondità al personaggio e rende l'esperienza di gioco più coinvolgente e avvincente.

Un plauso va espresso per il comparto sonoro, dove il doppiaggio in lingua inglese (con Abubakar Salim dietro al protagonista) e le musiche composte da Nainita Desai riescono a rendere l'intero prodotto intrigante, perfettamente in linea con gli intenti della produzione.