RuneQuest: Warlords è davvero lo strategico che i fan di Glorantha aspettavano? - La Recensione
Analizziamo punti di forza, limiti tecnici e potenziale di uno strategico a turni che punta tutto su tattica pura, worldbuilding solido e una forte identità gloranthiana.
Nel panorama dei giochi di ruolo da tavolo, RuneQuest costituisce un caso esemplare di disallineamento tra la qualità del suo impianto teorico e la sua fortuna mediatica. Pur avendo esercitato un’influenza sotterranea ma riconoscibile su opere come King of Dragon Pass e, in modo più indiretto, su alcuni presupposti sistemici di The Elder Scrolls III: Morrowind, l’universo di Glorantha non ha mai ricevuto un adattamento videoludico ufficiale in grado di rappresentarne la complessità antropologica, mitica e rituale. È precisamente in questa lacuna che si inserisce RuneQuest: Warlords, strategico a turni sviluppato da Virtuos, con l’ambizione di tradurre un immaginario bronze-age denso di magia quotidiana in un dispositivo tattico coerente e leggibile.
L’operazione dichiarata non è mimetica, ma comparativa: Warlords assume come modello di riferimento una reinterpretazione fantasy della grammatica ludica di Warhammer 40,000: BattleSector, da cui eredita il rigore posizionale, la gestione degli Action Points, la centralità dell’eroe e una struttura sistemica orientata alla lettura dello spazio. L’obiettivo non è replicare una formula di successo, bensì costruire una dignità videoludica autonoma, capace di sostenere un mondo in cui magia, tecnologia arcaica e responsabilità collettive costituiscono un unico tessuto narrativo.
È in questa prospettiva che Warlords si configura come un tentativo non solo adattativo, ma ibridativo, volto a utilizzare il genere strategico per ordinare un immaginario che, altrimenti, rischierebbe di eccedere le proprie possibilità rappresentative. Per una community che attende da decenni una declinazione videoludica credibile di Glorantha, la domanda che emerge è inevitabile: fino a che punto questo titolo sarà in grado di sostenere il peso culturale, mitologico e sistemico di RuneQuest, traducendolo in un’esperienza tattica realmente incisiva?
Una campagna lineare ma ricca di worldbuilding: Talastar, Dorastor e il peso del Chaos
La campagna di RuneQuest: Warlords struttura la propria dimensione narrativa attraverso una progressione lineare di missioni consequenziali, adottando una forma che privilegia ritmo operativo e leggibilità sistemica rispetto alla complessità dei rami narrativi. Pur configurandosi come una sequenza di scenari, il titolo mostra una cura significativa nella messa in scena: ogni missione si apre con una descrizione testuale estesa, che contestualizza eventi, genealogie e tensioni tribali, seguita da brevi cutscene in grafica in-game. Queste ultime adottano una regia essenziale, fondata su movimenti delle unità sulla mappa e su dialoghi statici con portrait, funzionali a identificare il personaggio parlante più che a costruire un linguaggio cinematografico. È una scelta coerente con l’economia produttiva, anche se meno evocativa rispetto a tradizioni CGI consolidate.
L’azione si sviluppa tra Talastar e i territori corrotti di Dorastor, nell’anno 7/37 (1608) della cronologia gloranthiana, una fase storica caratterizzata da fratture politiche e pressioni mitiche. Le missioni non si limitano a collegare gli eventi, ma operano come vettori di worldbuilding, introducendo progressivamente rituali, eredità tribali e tensioni religiose. Il testo introduttivo di ciascuna missione, spesso articolato e ricco di riferimenti culturali, supplisce efficacemente alle eventuali lacune di familiarità del giocatore con il lore gloranthiano.
Il protagonista, Hahlgrim Ironsward, rappresenta il fulcro della narrazione e della struttura tattica: le unità eroe, costantemente presenti in battaglia, costituiscono sia l’asse narrativo della campagna sia il perno meccanico attorno al quale ruotano le decisioni del giocatore. Le sue interazioni con elfi, Lunari e figure storiche quali Ketill Whiteye, Halcyon Var Enkorth, e Gudmund the Golden non fungono da semplice elemento coloristico, ma ancorano ogni scenario a un contesto coerente con la tradizione gloranthiana, contribuendo alla costruzione di un climax narrativo progressivo che culmina nel confronto diretto con le forze del Chaos.
La varietà delle 18 missioni si esprime attraverso la gestione dello spazio, con percorsi alternativi, scenari polifrontalizzati ed elementi di verticalità, come alture e piattaforme naturali che modulano la precisione delle unità a distanza e ampliano le possibilità di controllo del campo. La struttura rimane lineare, ma tali scelte topografiche conferiscono alla progressione un carattere tattico più stratificato.
Infine, la campagna offre tre livelli di difficoltà più una modalità personalizzabile, basati su parametri che incidono sull’aggressività dell’intelligenza artificiale, sul numero di rinforzi e sul potenziamento delle unità nemiche (Enemy AI Difficulty, Enemy Reinforcements, Enhanced Enemy Units). Questi elementi, pur non trasformando la struttura globale, aggiungono una dimensione calibrabile che valorizza la rigiocabilità.
Nel complesso, la campagna di Warlords si configura come una sequenza compatta e ben orchestrata di episodi tattici, sorretta da una narrazione essenziale ma accurata, capace di restituire l’identità culturale di Glorantha senza interrompere la continuità strategica.
Gameplay tattico a turni come quelli di una volta, una manna per gli appassionati
Il sistema di combattimento di RuneQuest: Warlords adotta una struttura tattica a turni basata su griglia, nella quale gli Action Points determinano ogni singolo movimento e abilità. La lettura dello spazio assume un ruolo centrale: le Zone of Control limitano gli spostamenti e producono conseguenze immediate quando un’unità tenta di oltrepassare un settore controllato dal nemico. Il fiancheggiamento diventa così una risorsa strategica essenziale, poiché colpire ai lati o alle spalle incrementa precisione e penetrazione dell’armatura, trasformando la geometria del campo in un elemento decisionale primario.
La morfologia delle mappe introduce variazioni significative attraverso elementi di verticalità, che incidono sulla resa delle unità a distanza. La gestione della linea di vista (LOS) si traduce in un’analisi continua della copertura e degli ostacoli naturali, i quali modulano la precisione e delimitano gli spazi realmente controllabili. A ciò si affianca il sistema di Op Fire, che consente di predisporre fuoco di opportunità attivato esclusivamente quando un’unità nemica entra in una casella adiacente a quella sorvegliata, assumendo così una funzione di controllo di prossimità più che di interdizione a lungo raggio.
La dimensione magica aggiunge ulteriori strati decisionali. Accanto agli incantesimi ad area e ai rituali alimentati dal sistema di Battle Rush, il gioco introduce abilità di controllo — debuff, rallentamenti e forme di immobilizzazione — che consentono di modellare il ritmo del combattimento senza ricorrere esclusivamente al danno diretto. Le opzioni Empower e Surge, rispettivamente dedicate all’intensificazione di abilità chiave e all’ottenimento di Action Points aggiuntivi, permettono al giocatore di modulare il turno in base a esigenze emergenti, agendo tanto sulla microgestione quanto sulla struttura complessiva dello scontro.
La varietà ludica delle fazioni si esprime pienamente nelle modalità Skirmish e multiplayer. Se nella campagna il controllo rimane ancorato ai Talastar, il Chaos introduce elementi di imprevedibilità meccanica e mutazioni funzionali, mentre il Lunar Empire propone una configurazione più disciplinata, fondata su sinergie regolari e sulla gestione ordinata dello spazio. Tale differenziazione non altera il nucleo del sistema, ma ne amplia la profondità comparativa.
La composizione dell’esercito è regolata dagli Army Points, che impongono scelte ponderate e conferiscono un peso crescente alla veterancy, determinante per la sopravvivenza nelle missioni avanzate. L’assenza di capacità di cura rende la pianificazione pre-missione particolarmente incisiva: unità leggere come ricognitori e felini necessitano di un impiego disciplinato della distanza e della copertura, pena un’erosione rapida della loro efficacia tattica.
Particolarmente significativo è il ruolo dell’eroe, che con le Fame Tokens può sbloccare armi, abilità e rituali capaci di influenzare intere sezioni del campo di battaglia. A difficoltà standard, l’incidenza degli eroi è tale da consentire in alcuni casi la risoluzione autonoma di porzioni rilevanti di missione, un elemento interpretabile sia come conseguenza della tradizione mitica gloranthiana sia come un possibile sbilanciamento per chi ricerca una sfida più simmetrica o collettivamente distribuita.
Nel complesso, il gameplay di Warlords privilegia la precisione decisionale rispetto alla spettacolarità, proponendo un modello tattico in cui posizionamento, gestione delle risorse e controllo dello spazio convergono in un sistema riconoscibile, accessibile e progressivamente più profondo. È nella coerenza interna di tali strutture che emerge l’identità ludica del titolo.
Un comparto tecnico che non chiede troppo
L’impianto tecnico di RuneQuest: Warlords si colloca nella fascia media degli strategici contemporanei, adottando una soluzione visiva orientata alla funzionalità tattica più che alla spettacolarità. Le mappe risultano curate nei dettagli ambientali ma la resa estetica complessiva resta misurata, coerente con un linguaggio grafico che privilegia la leggibilità. Le animazioni di combattimento mantengono coerenza e chiarezza, pur senza ambizioni cinematografiche, confermando un’impostazione visiva che favorisce l’analisi operativa del campo.
Sul piano audio, il quadro è più sfumato. Gli effetti sonori funzionano regolarmente, ma alcuni risultano meno incisivi o insufficientemente caratterizzati rispetto alle aspettative di un feedback tattico robusto. Il risultato è una percezione acustica talvolta attenuata, che non compromette la giocabilità ma riduce la sensazione di peso materiale del combattimento. Si tratta di una questione di intensità e definizione, più che di assenza, e rappresenta comunque uno degli aspetti che potrebbero beneficiare di ulteriori rifiniture.
L’interfaccia costituisce invece uno dei punti più solidi della produzione. La UI privilegia ordine, leggibilità e chiarezza informativa, consentendo un accesso immediato a statistiche, Action Points, aree di controllo, abilità e stato delle unità. La mancanza di una minimappa è mitigata dalla possibilità di consultare una mappa completa tramite il tasto M, soluzione che richiede un’interazione attiva ma garantisce comunque una buona visione d’insieme. Lo zoom dinamico, inoltre, consente di modulare la distanza di osservazione e migliorare la leggibilità delle unità e della loro disposizione tattica, contribuendo alla fluidità dell’esperienza.
Per quanto riguarda la presentazione narrativa, il titolo utilizza cutscene in-game accompagnate da prefazioni testuali narrate per introdurre e concludere le missioni. Tale scelta, pur rinunciando alla forza evocativa delle cinematiche CGI, mantiene una continuità estetica coerente con l’approccio sobrio dell’opera e supporta senza interruzioni il passaggio tra narrazione e gameplay.
Nel complesso, l’aspetto tecnico di Warlords riflette un approccio equilibrato: grafica funzionale, UI eccellente, audio migliorabile ma solido, e una presentazione narrativa essenziale. Pur non aspirando ai vertici spettacolari del genere, il titolo offre un impianto tecnico stabile e leggibile, in grado di sostenere con coerenza la sua vocazione tattica e strategica.