Katanaut: Recensione di un gioco che ci dà un taglio

Katanaut è un gioco action e frenetico a base di katane e armi da fuoco

di Simone Marcocchi

Katanaut è il debutto di Voidmaw, alias Eugene, un one-man studio che ha scelto di lanciarsi nel panorama indie con un roguelite d’azione ambientato in una stazione spaziale infestata da zombie e creature aliene. Pubblicato da Acclaim, tornata in scena dopo anni di silenzio, il gioco di fatto è un mix molto particolare tra metroidvania, soulslike - ben gestito - e horror sci-fi, con una forte impronta cyberpunk - nei colori e nelle ambientazioni - e una pixel art che non cerca il nostalgico ma il disturbante, come per altro è tipico di questo genere. L’estetica è elaborata, pur restando nel minimal: corridoi illuminati da neon, pareti sporche di sangue, creature grottesche che fondono carne e metallo, e una colonna sonora synthwave che riesce a sottolineare i momenti inquietanti anche con silenzi elettronici. L’atmosfera è opprimente, ogni run è una discesa nell’incubo, e la narrazione frammentata in stile souls-like invita il giocatore a ricostruire la storia attraverso registri audio, frammenti di memoria e resti digitali disseminati nei livelli. La trama, seppur non originale, riesce a coinvolgere grazie a una buona costruzione ambientale e a una giustificazione narrativa elegante per il ciclo di morte e rinascita: ogni volta che Naut muore, i suoi biomarcatori vengono ricostruiti grazie ai dati accumulati, rendendo il respawn parte integrante del mondo di gioco.

Il gameplay di Katanaut: un colpo al cerchio e un colpo alla Katana

Questo titolo è quasi tutto gameplay, ovvero il cuore pulsante di Katanaut. Si tratta di un action 2D brutale, dove la katana è protagonista assoluta. I fendenti sono rapidi, brutali, e lasciano dietro di sé scie di sangue che spesso rendono difficile distinguere nemici e oggetti sullo schermo. La pistola iniziale è debole e va ricaricata infliggendo danni con la spada, creando un ciclo di gioco aggressivo e appagante. Con il progredire delle run si sbloccano armi più potenti come fucili laser, railgun e lanciagranate, ognuna con abilità uniche che permettono di costruire build sempre diverse. Il sistema di perk e potenziamenti è vasto e profondo, con sinergie spettacolari che però, in alcuni casi, risultano sbilanciate: cooldown troppo brevi e combinazioni troppo potenti possono trasformare l’esperienza da survival claustrofobico a passeggiata. La possibilità di equipaggiare due abilità contemporaneamente, come rallentare il tempo o evocare globi esplosivi, aggiunge ulteriore varietà e strategia. Ogni run è diversa grazie alla generazione procedurale dei livelli, che alterna sezioni disegnate a mano a zone casuali. Tuttavia, proprio la proceduralità è uno dei punti deboli del gioco: spesso si traduce in corridoi lineari o aree vuote, con un level design che non stimola l’esplorazione e un’intelligenza artificiale nemica che fatica a sfruttare le piattaforme in modo convincente. Di tutto va detto che in una decina di ore potrete dire di aver completato il gioco.

Gli aspetti tecnici di Katanaut: pixel che uccidono

Dal punto di vista tecnico, Katanaut gira bene anche su configurazioni modeste e su Steam Deck, sebbene siano stati segnalati alcuni cali di frame rate, leggevo, ma non ho provato la cosa direttamente. L’hub centrale, dove si torna dopo ogni morte, ospita NPC utili come il Keeper, lo Specialist e il Weaver, che permettono di conservare, migliorare e installare potenziamenti. La progressione è tangibile e attenua la frustrazione del ripartire da zero, incentivando la sperimentazione continua. La difficoltà è elevata, quasi spietata, e il gioco non fa sconti: ogni errore può essere fatale, ogni boss fight è una prova di abilità e pazienza. Non è stato pensato per tutti, non vuole esserlo e ve lo dimostra fin dalle prime battute, ma per chi cerca una sfida vera, per chi ama i roguelike punitivi e le atmosfere cupe. La sua rigiocabilità è altissima, grazie alla varietà di build, alla casualità delle run e alla progressione costante. Nonostante qualche bug e una curva di apprendimento ripida, ha una direzione artistica potente, un combat system raffinato e una visione autoriale chiara. È un titolo che premia la perseveranza e che, pur non perfetto, merita attenzione da parte degli appassionati del genere.