Death Howl: Recensione di un gioco tattico dal gusto retro

di Simone Marcocchi

Ro, una madre devastata dal lutto, intraprende un viaggio nel mondo degli spiriti per riportare in vita il figlio Olvi, incontrando creature mistiche, rituali criptici e uno spirito ancestrale che incarna il ciclo della morte e della rinascita; la narrazione, ispirata al folklore neolitico scandinavo, è volutamente frammentata e silenziosa, lasciando spazio all’interpretazione ma mantenendo una tensione emotiva palpabile che accompagna ogni sacrificio e incontro (scontro).

I tratti essenziali 

La grafica di Death Howl è un elemento chiave per trasmettere la sua identità cupa e disturbante. Il team ha scelto una pixel art volutamente imperfetta, con linee spezzate e glitch visivi che evocano instabilità e tensione. Le palette cromatiche sono dominate da toni scuri, con contrasti violenti che sottolineano la desolazione dei paesaggi e la fragilità dei personaggi. Ogni ambiente (perfino la mappa da consultare) è studiato per raccontare qualcosa: foreste spettrali, altari rituali e creature deformi si fondono in scenari che sembrano usciti da un incubo folkloristico. L’uso di effetti dinamici, come distorsioni e vibrazioni, amplifica il senso di inquietudine, mentre le animazioni, pur essenziali, riescono a trasmettere emozioni forti, soprattutto nei momenti di sacrificio e combattimento. Il lavoro artistico ha lo scopo di ampliare un senso di inquietudine, oltre a costruire un mondo che respiri dolore e mistero, in cui ogni pixel diventa parte di una narrazione visiva che accompagna il giocatore in un viaggio tanto estetico quanto emotivo. 

Due passi sulla griglia

Il cuore del gameplay di Death Howl è una fusione raffinata tra strategia tattica e costruzione del mazzo, che si sviluppa su una griglia dove ogni movimento e ogni carta giocata hanno un peso così fondamentale che la differenza può cambiare le sorti degli scontri. Il sistema di combattimento non si limita a essere un semplice scambio di colpi: richiede pianificazione, gestione delle risorse e un’attenta valutazione del posizionamento, perché la disposizione dei personaggi e l’uso dei punti azione influenzano direttamente l’esito dello scontro.

La varietà di carte disponibili, oltre 160, introduce una profondità notevole, permettendo di creare sinergie complesse e adattare il proprio stile di gioco alle sfide proposte dai diversi biomi, ciascuno con costi e condizioni variabili. A questo si aggiunge la tensione costante generata dai boss, che non sono solo ostacoli ma veri e propri test di strategia, capaci di mettere alla prova la capacità del giocatore di sfruttare ogni carta e ogni movimento con precisione chirurgica. La curva di apprendimento è ripida e si muore spesso (in media ogni due incontri, almeno all'inizio), ma si raccolgono in questo modo risorse che possono essere usate per potenziare le carte e rendere così gli scontri successivi più arrivabili.

La sua ripetitività non è un punto necessariamente debole, ma la poca varietà degli incontri e delle logiche tattiche, portano via una buona parte della voglia di rigiocare. Sicuramente interessante la parte di gestione delle risorse-carte, ma poche di queste sono particolarmente stimolanti, per quanto sul campo offrono comunque divertimento. Altro neo è rappresentato dalla quantità di nemici e pattern, però è comunque sufficientemente ispirato, soprattutto nei livelli più avanzati.