Fort Solis: la recensione!

Tensione e esplorazione nell'opera prima del team Fallen Leaf

di Fabio Fundoni

Diffidate sempre delle richieste d'aiuto arrivate da Marte!

Dopo essere stato accostato a titoli come Dead Space e The Callisto Protocol, per il lavoro di esordio del team Fallen Leaf arriva il momento del giudizio, ecco quindi la recensione di Fort Solis, avventura dalla forte componente narrativa con tematiche thriller immerse in una ambientazione fantascientifica. Siamo nell'anno 2080 e ormai l'umanità ha saputo colonizzare Marte che non sarà certo diventato un luogo di villeggiatura, ma è un importante sito minerario perfetto per procurarsi risorse di valore e per studiare l'atmosfera circostante. Durante una operazione di routine, Jack e Jessica, due addetti alla manutenzione degli impianti, ricevono una richiesta di soccorso proveniente dalla zona di scavo di Fort Solis, motivo per cui decidono di abbandonare i loro impegni e rispondere alla chiamata.

Prendiamo così il comando di Jack e ci avviamo verso Fort Solis che, come da copione, troviamo apparentemente deserto e in situazione di lock down, insomma inaccessibile. Inizia così la nostra avventura che ci porterà alla ricerca di un ingresso alternativo e, una volta penetrati a Fort Solis, all'investigazione per trovare risposte alle nostre domande. Non è un mistero che l'incipit e la struttura dietro a Fort Solis siano ben poco originali: si esplora l’ambientazione a disposizione cercando indizi per trovare nuovi tasselli da aggiungere al puzzle, recuperando informazioni che, via a via, andranno a ricomporre un quadro più grande; d’altro canto qualcuno dovrà pur aver mandato la richiesta di aiuto e un team di ricercatori non può sparire nel nulla.

Se tutto questo vi ricorda altri videogame, non preoccupatevi, il team Fallen Leaf non ha giocato tanto sulle meccaniche, quanto sulla forma e sulla storia, o almeno queste erano le sue intenzioni. Il gameplay di Fort Solis ci vede guidare il personaggio a disposizione in quello che è un sistema action in terza persona dove più che agire si deve interagire, osservando oggetti e accedendo a terminali in cui scoprire informazioni più o meno utili per accedere alle varie zone di Fort Solis, gestite tramite pass con diversi livelli di sicurezza. Ci sono alcuni enigmi ambientali da risolvere e non mancano sporadici quick time event che anche se non portati a termine non inficeranno il proseguimento della storia. Già dalle prime battute è abbastanza facile iniziare a fare paragoni con i già citati Dead Space o The Callisto Protocol, ma sappiate che non siamo davanti alla stessa tipologia di gioco. Fort Solis è più simile a un walking simulator, ma non rinuncia a strizzare l’occhio ad atmosfere dove la tensione si taglia con il coltello… peccato che dopo poco tempo si capisca che la suddetta tensione ha poco senso di esistere e i momenti in cui il giocatore dovrebbe sobbalzare dalla sedia risultano abbastanza telefonati, così come l’evoluzione della storia che via a via va a diradare la nebbia sulla verità che si cela dietro ai fatti accaduti a Fort Solis. 

Fort Solis: un bellissimo colpo d'occhio, ma dove sono i contenuti?

Poco importa che non si sia davanti a un action horror puro e che molte meccaniche siano alla walking simulator: la trama e il gameplay di Fort Solis non decollano mai e il fatto che il personaggio guidato si limiti a camminare senza mai correre (se non in specifiche cut scene) sembra essere una scelta atta a dilazionare i tempi del gioco più che mossa da scelte stilistiche. Quantomeno il design della base di Fort Solis è ben studiato e verosimigliante, con l’esplorazione alla ricerca di tutti gli elementi (diversi anche opzionali) sparsi in essa che potrebbe interessare a chi ama scovare ogni singolo segreto di una storia. Ad ogni modo anche per i più completisti la durata di Fort Solis non supera le cinque ore, ma una run normale si attesta sulle quattro. Non che una breve durata sia sinonimo di poca qualità, ma in questo caso si unisce a uno sceneggiatura con scarso mordente che termina in un finale altrettanto scialbo. Segnaliamo che Fort Solis non è disponibile in lingua italiana e che andrà quindi giocato in inglese, sia per i testi scritti sia per il parlato. Se non siete pratici con la lingua del Re Carlo potreste fare un po’ di fatica, visto che i dialoghi sono molto presenti e in tempo reale, oltre ai tanti testi che troverete nei vari terminali.

Rimanendo nel campo dei dialoghi si segnala una buona interpretazione degli attori utilizzati per rappresentare i protagonisti. Roger Clark (Arthur Morgan di Red Dead Redemption 2),Troy Baker (con un curriculum sconfinato tra cui l’interpretazione di Joel di The Last of Us) e Julia Brown hanno mostrato ancora una volta la loro enorme professionalità sia al doppiaggio che al motion capture, con proprio la Brown che a mio parere riesce a strappare applausi per come è entrata nei panni di Jessica. Tanta bravura è supportata dall’utilizzo dell’Unreal Engine 5, regalando un impatto visivo di grandissimo livello, degno di produzioni ben più blasonate, sia nella realizzazione degli ambienti, sia in quella dei protagonisti. Segnaliamo però che nella versione da me testata, quella per PlayStation 5 (prezzata 29,90 euro) il frame rate non è assolutamente stabile e sia che si scelga la modalità prestazioni, sia quella grafica, la fluidità si perde spesso, ma va anche detto che il team Fallen Leap, oltre a essere al suo esordio, è anche formato da sole dieci persone. Tecnicamente, quindi, il risultato è comunque apprezzabile. Questo non toglie che Fort Solis risulti sufficiente, ma nulla più, offrendo una esperienza di gioco breve e nemmeno particolarmente intensa, se non nell’impatto grafico (FPS a parte) e per la recitazione dei protagonisti. Il team polacco, per il futuro, dovrà unire alle capacità tecniche dimostrate una maggiore attenzione per i contenuti e il gameplay.