Dragon Quest I&II HD-2D Remake: recensione o lezione di storia?
Tutti a lezione di storia dai professori di Square Enix

Dragon Quest I&II HD-2D Remake: la storia dei JRPG è servita!
Ci sono titoli che hanno fatto la storia al punto che, nonostante molti non li abbiano nemmeno giocati, tutti ne riconoscono il valore nel panorama dei videogame. Dragon Quest I&II HD-2D Remake è l'operazione editoriale con cui Square Enix porta su tutti i mercati i primi due episodi della saga che, universalmente, è conosciuta come la principale fonte da cui tutti i JRPG si sono ispirati, per quanto i più esperti di voi sapranno che in precedenza c'erano stati alcuni “proto-JRPG” e soprattutto Dragon Slayer di Nihon Falcom, quello che forse possiamo definire come primo gioco di ruolo giapponese della storia.
Resta il fatto che Enix, nel 1986, pubblicò il primo Dragon Quest grazie all'inventiva di Yuji Horii, che voleva creare un gioco fantasy ispirandosi a GDR occidentali come Ultima (Lord British sempre nei nostri cuori) e Wizardry. Nello sviluppo misero la mano altri due nomi importantissimi che, purtroppo, non sono più in mezzo a noi: il compositore Koichi Sugiyama e Akira Toriyama che portò alla saga il suo inconfondibile character design che già all'epoca mieteva successi tra Dr. Slump e Dragon Ball. Inutile dire che entrambi diventarono due marchi di fabbrica legati a Dragon Quest e contribuirono al suo successo nell'arco degli anni a venire. Come spesso accadeva all'epoca, però, l'Europa fu snobbata dalla distribuzione e il primo Dragon Quest ad arrivare sulle nostre console senza dover scomodare il mercato import, fu l'ottavo capitolo, Dragon Quest VIII: l'Odissea del Re Maledetto che diede il via alla “Dragon Quest Mania” anche nel vecchio continente.

Dopo l’arrivo del remake del terzo episodio (ecco la nostra recensione) è il momento di giocare i primi due e la scelta editoriale di Square Enix non è un caso: Dragon Quest III è un prequel che ci riporta agli albori della saga e ci permette di impersonare il grande eroe Erdrik e fa parte dell'omonima trilogia di Erdrick che in origine seguiva la numerazione originale mentre ora ci viene proposta in ordine cronologico. Insomma, per vivere la saga così come è dislocata sull'asse temporale, prima dobbiamo giocare il terzo episodio, poi il primo e infine il secondo. Come abbiamo già visto con DQ III, Square Enix ha scelto di ricreare completamente entrambi i giochi mettendo in campo una grafica HD-2D raffinata e attenta ai particolari, donando nuova vita a due giochi che sicuramente meritavano di non finire nel dimenticatoio.
Dal punto di vista tecnico, la casa nipponica ha già dimostrato di saper padroneggiare alla perfezione questo rinascimento delle due dimensioni, ma è normale chiedersi se i primi due capitoli della saga di Dragon Quest hanno ancora qualcosa da dire dopo quasi quarant’anni. La questione è annosa e merita di essere sviscerata da diversi punti di vista, motivo per cui dovete assolutamente leggere la nostra recensione di Dragon Quest I&II HD-2D Remake, che ho giocato per voi in edizione PlayStation 5, ma è disponibile anche su Xbox e Switch e Switch 2. Dragon Quest I e II rappresentano due mattoni tanto solidi quanto importanti, su cui tutta l’industria dei JRPG ha costruito e chiunque abbia mai sviluppato un titolo appartenente a questo genere sa perfettamente quale eredità culturale abbiano lasciato ai posteri.

Dragon Quest I&II HD-2D Remake: tra nuova grafica e lasciti del passato
Dragon Quest I&II HD-2D Remake ripercorre due passi fondamentali della storia dei JRPG: il primo capitolo è la genesi, mentre il secondo è una iniziale evoluzione del sistema, dove possiamo già scorgere i semi che sbocciarono con il passare del tempo. Dragon Quest I vive in una forma embrionale, dove impersoniamo un guerriero discendente del grande eroe Erdrik che deve superare una serie di prove per riuscire a salvare il proprio mondo. Un protagonista “muto” (come da tradizione della saga) che combatte da solo, dividendosi tra spostamenti sulla mappa di gioco, momenti di relax nelle varie città e lotta senza quartiere alle forze del male nei vari dungeon. Il combat system a turni permette di utilizzare solo il protagonista e propone una infarinatura di quello che a oggi diamo per scontato: attacchi fisici, tecniche speciali, incantesimi, oggetti e via dicendo, cercando sempre di tenere sotto controllo i propri punti magia (necessari per abilità e incantesimi) e punti vita (necessari per… non morire).
Gli incontri sono casuali e c’è un prototipo di sistema di bonus, malus, variazioni di status (avvelenamento, sonno e simili), crescita di livello su base di punti esperienza, commercio presso specifici vendor e equipaggiamento. Ultima, ma non per importanza, la struttura libera del gioco, che per quanto guidata da una trama che oggi non fatichiamo a definire banale, richiede di trovare tre artefatti necessari per sconfiggere il malvagio Dragonlord, ma con la possibilità di muoversi liberamente sulla mappa e raggiungere i vari punti di interesse senza limiti o quasi: una novità non certo da poco per l'epoca.

Tutte queste sono caratteristiche che oggi diamo per scontate, ma nel 1986 rappresentavano delle innovazioni quasi assolute ed è facile capire il valore storico che oggi ha il poter riscoprire Dragon Quest I e II. Si, perché passare dal primo al secondo capitolo significa vivere una evoluzione che ancor di più ci avvicina al concetto moderno di JRPG, con la formazione di un party, anche se guidato dall'intelligenza artificiale ad esclusione del protagonista, una trama più elaborata, personaggi meglio scritti e un mondo più ampio. Un terribile pericolo del passato è tornato a turbare la pace e rischia di mettere in ginocchio i tre regni nati dai discendenti di Erdrik. Noi impersoniamo il principe del regno di Middenhall e insieme ai nostri due cugini, eredi al trono delle altre due casate, intraprenderemo un viaggio per sconfiggere il malvagio di turno. Anche qui nulla che non conosciamo già a memoria, ma nel 1987 fu un un bel passo avanti verso quello che sarà Dragon Quest III, decisamente il capitolo più riuscito e completo della cosiddetta “Trilogia di Erdrik”.
Dragon Quest I&II HD-2D Remake: ne vale la pena?
Appurato che entrambi i titoli offrono una esperienza di gioco estremamente datata, segnalo la presenza di alcune features atte a snellire l'esperienza, come la possibilità di velocizzare i testi e i combattimenti, ma anche utilizzare l’auto battle potendo dare indicazioni di massima sul da farsi. Presente anche la possibilità di vedere sulla mappa l'obiettivo della missione, scelta che aiuta a orientarsi, ma se attivata fa perdere un po' del fascino della scoperta "al buio" della versione originale. Ci sono delle novità anche dal punto di vista contenutistico e a goderne è soprattutto Dragon Quest II, con una nuova zona esplorabile, ma in generale potrete trovare personaggi, mostri e segreti che non erano presenti nei due prodotti originali.

Potrete anche scegliere tra moadalità grafica e modalità prestazioni, ma non vi nego che non ho notato sostanziali differenze tra le due. Naturalmente il grosso del lavoro è stato fatto su musiche e grafica, con la colonna sonora di Sugiyama che ne esce esaltata nel suo proporre temi che ancora oggi riecheggiano nei titoli del brand. Ho già parlato della deliziosa grafica HD-2D e segnalo animazioni nuove di zecca e una rinnovata veste dei menù (anche se rimangono abbastanza scarni). Ci sono tre livelli dì difficoltà, appositamente ribilanciati rispetto al passato e in media avrete bisogno di una quarantina di ore per finire entrambi i titoli, con il primo che ve ne occuperà circa quindici e il secondo che ne richiederà almeno una decina in più, al netto di un certo grinding da fare per riuscire a sconfiggere gli avversari più coriacei, sempre che non vogliate giocare alla difficoltà più bassa.
Quindi, nel 2025 ha senso mettere mano al portafogli per portarsi a casa Dragon Quest I&II HD-2D Remake? Senza alcun dubbio lavoro svolto da Square Enix è encomiabile, tanto per aver ricreato entrambi i titoli con una nuova veste molto accattivante, quanto per averli riproposti senza snaturarne i contenuti. Certo, l'operazione di recupero va presa per quello che è, cioè un progetto che vuole offrire ai giocatori un punto di vista privilegiato sulla storia primordiale dei JRPG. Il comparto grafico da del filo da torcere a tutti i titoli in due dimensioni che nell'ultimo periodo affollano il mercato, ma il gameplay soffre a causa di una impostazione ormai superata. Dragon Quest I&II HD-2D Remake è un prodotto dal forte valore storico e va consigliato a chiunque voglia vivere uno dei momenti più importanti nella evoluzione dei videogame, ben consci che con gli occhi del gamer moderno, molti elementi potrebbero annoiare. Nell'attesa che Square Enix decida di sfruttare l'esperienza in HD-2D che si è fatta per regalarci il tanto agognato remake di Chrono Trigger, non possiamo che consigliare Dragon Quest I&II HD-2D Remake principalmente a chi non ha paura di fare un profondo tuffo nel passato per riscoprire le fondamenta del proprio hobby preferito.
Versione Testata: PS5
Voto
Redazione

Dragon Quest I & II HD-2D Remake
Dragon Quest I&II HD-2D Remake è un'interessante opera di recupero, con i due titoli tirati a lucido dal gran lavoro di Square Enix. Abbiamo due giochi che hanno fatto la storia dei JRPG (e non solo) riproposti con una grafica HD-2D di tutto rispetto, con l'aggiunta di alcune trovate che puntano a renderli più fruibili ai gamer di oggi, senza però snaturarne l'essenza. Proprio per questo, abbiamo tra le mani due titoli che rimangono irrimediabilmente “vecchi” (passatemi il termine), ovviamente legati agli albori delle meccaniche dei JRPG. Resta il fatto che tutti gli sforzi del team di sviluppo (compreso un gran lavoro sulla colonna sonora) permettono a ogni amante del genere di potersi godere senza compromessi due pietre miliari della storia dei videogiochi, tra l'altro mai arrivati ufficialmente sul nostro mercato. Se siete ben consci che non si può chiedere a dei giochi degli anni ‘80 di avere un gameplay moderno, potete accaparrarvi questa coppia di remake e assistere a una importante lezione su due pietre miliari senza dei quali, molto probabilmente, oggi non conosceremmo i JRPG per quello che sono.

