La Recensione di Bonaparte: A Mechanized Revolution – Un’idea ambiziosa, non priva di limiti

Mech, scelte politiche e storia alternativa per uno strategico diverso dal solito.

di Simone Rampazzi

Nel panorama degli strategici a turni, dominato da serie come XCOM, Fire Emblem e dai classici più tradizionali, non è semplice trovare un progetto che provi davvero a spostare la formula su un terreno diverso. Bonaparte: A Mechanized Revolution, debutto dello studio indipendente Studio Imugi, sceglie proprio questa strada: combina gestione politica, controllo del territorio e scontri su esagoni, e li intreccia con un elemento immediatamente riconoscibile, i mech “colossi”, che trasformano la Rivoluzione francese in un’ucronia dall’identità chiara.

L’uscita dall’Early Access è arrivata il 9 novembre 2025, una data scelta con precisione perché richiama il colpo di Stato del 1799 che chiuse la stagione rivoluzionaria e aprì il percorso al potere napoleonico. Con la versione 1.0, Studio Imugi ha ampliato la struttura iniziale introducendo nuovi mech, mappe aggiuntive, brani musicali inediti, achievement su Steam e un lavoro diffuso su interfaccia e bilanciamento, costruito anche grazie al dialogo costante con la community.

L’obiettivo è quello di proporre uno strategico che non si limiti a replicare le formule note, ma provi a trovare un equilibrio tra simulazione politica, tattica a turni e un immaginario meccanizzato che riscrive la Francia del XVIII secolo con una sensibilità più contemporanea. Nei prossimi paragrafi analizzeremo la costruzione della trama, il funzionamento dei sistemi di gioco e la solidità del comparto tecnico, per capire come si articola questa particolare interpretazione della Rivoluzione.

Un "What If" rivoluzionario: cosa succede se un nuovo Bonaparte riscrive la storia?

Bonaparte: A Mechanized Revolution rilegge gli eventi del 1789 attraverso un impianto narrativo che unisce storia documentata e deviazioni ucroniche. Al centro troviamo la scelta del protagonista tra Céline e César Bonaparte, due figure immaginarie che permettono al giocatore di muoversi in una Francia in subbuglio senza ricalcare fedelmente la biografia del celebre generale corso. La loro presenza non è soltanto un espediente narrativo: i due percorsi offrono sviluppi politici, alleanze e traiettorie differenti, incrementando la rigiocabilità e permettendo di affrontare la Rivoluzione da punti di vista anche molto distanti tra loro.

La trama si apre con le tensioni che seguono la presa della Bastiglia e prosegue mostrando un Paese diviso tra spinte rivoluzionarie, tentativi di restaurazione monarchica e pressioni internazionali che osservano con attenzione ciò che accade a Parigi. La struttura narrativa è costruita per riflettere questa instabilità. Il giocatore si ritrova presto coinvolto in assemblee politiche, votazioni e incontri con figure reali dell’epoca, come Robespierre, La Fayette e Danton, ciascuno rappresentato con la propria agenda politica e con un ruolo preciso all’interno del conflitto. Le scelte compiute in queste fasi possono orientare il consenso delle diverse classi sociali, influenzare l’approvazione delle leggi e determinare l’evoluzione del rapporto tra le fazioni.

L’ucronia interviene quando la storia devia verso l’immaginario meccanizzato dei colossi, macchine da guerra che ridefiniscono sia l’equilibrio militare sia quello simbolico, ma non è l’unico elemento di fantasia. Alcuni eventi alternativi sono infatti legati a innovazioni tecnologiche introdotte direttamente dal protagonista, che possono aprire scenari diversi nelle relazioni diplomatiche o modificare gli equilibri militari anche al di fuori del campo di battaglia. In questo modo, tecnologia e ideologia si intrecciano, creando una narrazione che alterna fedeltà storica e speculazione in modo più ampio del semplice impiego dei mech.

Il risultato è un racconto ramificato che combina dialoghi, propaganda e conseguenze politiche, alternando momenti più strettamente legati alla cronaca dell’epoca a deviazioni immaginarie che permettono di esplorare traiettorie differenti. Quanto peso abbiano davvero alcune scelte varia nel corso della campagna, ma la struttura è pensata per dare al giocatore la sensazione di muoversi in un sistema complesso, dove ogni decisione riflette le tensioni di un mondo in bilico tra rivoluzione e ordine costituito.

Il gioco politico tra ucronia e storia

Il gameplay di Bonaparte: A Mechanized Revolution si sviluppa su tre livelli principali: politica, gestione territoriale e combattimento tattico. È una struttura pensata per riflettere la complessità della Francia rivoluzionaria, alternando momenti di pianificazione lenta a decisioni immediate che possono ribaltare l’equilibrio della campagna. La mappa della Francia, suddivisa in regioni, è il cuore di questa dinamica: qui si amministrano risorse, si costruiscono strutture, si consolidano alleanze e si decide come espandere la propria influenza.

La componente politica è la più caratterizzante, anche rispetto ad altri strategici a turni più tradizionali. Le assemblee, scandite da votazioni e incontri con figure storiche, obbligano a valutare l’impatto delle proprie scelte sulle varie classi sociali. Il consenso diventa una risorsa a tutti gli effetti: orientare la popolazione significa ottenere sostegno nelle votazioni, facilitare l’approvazione delle leggi e rafforzare la propria fazione. Alcuni eventi ucronici sono collegati alle tecnologie introdotte dal protagonista e possono modificare traiettorie diplomatiche o militari, aggiungendo uno strato di variabilità che si innesta direttamente nella progressione della campagna.

Sul piano gestionale, il giocatore deve bilanciare infrastrutture, popolazione, truppe e propaganda. Il sistema è accessibile nelle sue basi, ma richiede attenzione nella fase avanzata, quando gli equilibri territoriali iniziano a cambiare rapidamente. Ogni regione può fornire risorse diverse e, in alcuni casi, l’importanza strategica di un territorio pesa più del valore militare. La presenza dei colossi incide anche qui, perché la loro costruzione o manutenzione assorbe risorse e influenza direttamente il ritmo della partita.

Le battaglie adottano una struttura a turni su griglia esagonale, richiamando l’impostazione dei tattici “classici”, ma con un ritmo più immediato. Le unità sono divise per ruolo e capacità, con punti di forza e debolezza che emergono soprattutto nella gestione del posizionamento. Il livello di complessità varia: la bontà della disposizione delle truppe, il controllo delle distanze e l’utilizzo delle abilità specifiche possono determinare l’esito dello scontro anche contro forze numericamente superiori. Gli scontri tendono ad essere rapidi e leggibili, con un approccio che privilegia la chiarezza delle decisioni rispetto alla profondità estrema.

Un sistema distintivo è quello del morale, che può alterare radicalmente l’efficacia delle unità. Vicinanza ai colossi, eliminazione dell’artiglieria nemica o abilità dedicate possono innalzare lo spirito delle truppe e migliorare le loro prestazioni in combattimento. Al contrario, una gestione disattenta può portare a un indebolimento progressivo dello schieramento. È una meccanica che aggiunge un elemento dinamico ai turni, introducendo variabili tattiche che vanno oltre la semplice forza bruta.

Un mondo intrigante ma da rifinire

Dal punto di vista tecnico, Bonaparte: A Mechanized Revolution riflette la natura del progetto: un titolo indipendente con una chiara direzione artistica, alcune scelte coraggiose e una serie di limiti riconoscibili. La prima nota riguarda l’accessibilità hardware: il gioco è pensato per funzionare anche su sistemi datati, con requisiti minimi che includono Windows 7, 4 GB di RAM e GPU ormai superate. La leggerezza del motore consente un’esperienza stabile anche su portatili non recenti, e questo amplia molto il potenziale pubblico.

L’impatto visivo è definito da un’estetica 2D curata, soprattutto nelle mappe, nei ritratti dei personaggi e nell’interfaccia generale, che si distingue per stile e coerenza. Il lavoro sugli artwork è evidente, così come l’attenzione a definire un’identità visiva riconoscibile che mescoli elementi storici e componenti ucroniche. Le battaglie, invece, risultano più essenziali: le animazioni sono ridotte, il campo di battaglia appare talvolta abbozzato e alcune transizioni mancano di quella incisività che ci si potrebbe aspettare da un titolo focalizzato sugli scontri tattici. È un contrasto evidente tra front-end ricercato e resa degli scontri più minimale.

L’interfaccia è uno degli elementi più dibattuti. Da un lato, offre una buona leggibilità complessiva, con icone, parametri e indicatori che aiutano a orientarsi nelle fasi politiche e gestionali. Dall’altro, resta macchinosa in diversi punti: i menu sono stratificati, alcune azioni richiedono più passaggi del necessario e la navigazione non sempre accompagna l’utente in modo intuitivo. Le schermate politiche, in particolare, concentrano molte informazioni che talvolta faticano a emergere con ordine. La versione 1.0 ha migliorato diversi aspetti, ma alcune rigidità restano percepibili.

Sul piano sonoro, il pacchetto si arricchisce con la nuova colonna musicale introdotta al lancio: brani coerenti con l’epoca e capaci di dare un’identità specifica alla cornice storica. Gli effetti, invece, sono più essenziali e in alcuni casi avrebbero beneficiato di un maggior impatto, soprattutto nelle transizioni di turno e nei feedback delle azioni. Interessante, invece, la presenza di un doppiaggio in inglese e francese, entrambi di buona qualità, che contribuisce a rafforzare l’immersione.

Persistono alcune imperfezioni tipiche dei progetti nati in Early Access. I salvataggi in situazioni specifiche possono comportare comportamenti inattesi, alcune interazioni con le armate e con certi eventi politici non sono sempre coerenti, e a volte il gioco mostra un livello di pulizia non ancora uniforme. Sono criticità che non compromettono la fruizione generale, ma che ricordano la natura indipendente del progetto e la necessità di ulteriori rifiniture.