Baldur’s Gate III – Esiste il gioco di ruolo perfetto? – Recensione PC

Larian riporta in auge il franchise di Baldur's Gate, creando un prodotto quasi perfetto

di Simone Rampazzi

Ci sono dei momenti precisi nella vita in cui è necessario compiere delle scelte. A volte si tratta di svincoli karmici alla “sliding doors”, altre volte, invece, bisogna solo trovare il tempo di fare bene i conti con sé stessi quando si tratta delle decisioni importanti, guardando al futuro e accettando con maturità le conseguenze delle proprie azioni. Tradotto in soldoni, usando proprio quattro parole, è che in fondo ognuno di noi è la somma delle proprie scelte.

Scritta così sembra una di quelle introduzioni da seminario di psicologia, o meglio ancora l’inizio di qualche discorso motivazionale. In realtà questo concetto, questa idea, dobbiamo averla chiara per vederla applicata quest’oggi al medium videoludico, un mondo virtuale in cui i giochi non sono solo intrattenimento, ma diventano piuttosto specchi in cui rifletterci, specchi in cui le scelte e le azioni di un personaggio virtuale possono diventare un richiamo al nostro stesso cammino nella vita reale.

All’interno degli studi di Larian questo concetto deve essere diventato un vero e proprio mantra, come la frase sopra la porta dell’Eletto in Matrix. Se non altro perché, guardando alle loro opere, si finisce spesso di avere la sensazione di essere un osservatore privilegiato di questo tipo di esperienze. Esperienze plasmate quasi a nostra immagine e somiglianza, uno specchio che riflette in qualche modo parte della nostra natura, aiutandoci contemporaneamente ad affrontare delle sfide prendendoci pure una certa responsabilità. 

Può sembrare sciocco, ma è importante sottolinearlo in funzione dell’insana credenza popolare che inserisce i videogiochi sotto l’etichetta di passatempo fine a sé stesso, incapace di portare un qualsiasi tipo di arricchimento nei confronti del suo interlocutore. 

Baldur’s Gate III – Come Argilla nelle mani del Vasaio

Creare il giusto canovaccio narrativo utile per mettere in pratica quanto scritto sopra non è facile, soprattutto se è necessario seguire un insieme di regole scritte e non, capaci in qualche modo di vincolarti sin dalla fase embrionale in cui viene creato per intero il progetto.

Baldur’s Gate, come franchise, ha più di vent’anni ed è ambientato, come videogioco di ruolo, all’interno dell’universo narrativo dei Forgotten Realms del gioco di ruolo Dungeons & Dragons. Questo aspetto è molto importante perché, come scritto poc’anzi, delinea una serie di regole o vincoli piuttosto stringenti sia per quanto riguarda la narrazione, che non può uscire troppo dal seminato, sia per quello che riguarda il sistema di gioco composto da razze, classi e abilità.

I primi due capitoli del franchise, più espansioni annesse, compirono un ottimo lavoro sotto tutti i punti di vista, proponendo dei veri e propri giochi di ruolo in cui era possibile compiere delle scelte morali, utili a delineare quel famoso percorso fatto di scelte, pensato insomma per condurci alla fine della storia con la sensazione di essere stati noi i veri artefici del nostro destino.

Baldur’s Gate III segue lo stesso filo logico alla base del franchise, solo che in questo caso gli viene applicata l’esperienza di Larian, che con la sua serie Divinity è riuscita a migliorare ancora di più il concetto alla base delle scelte, così da creare in qualche modo il -quasi- perfetto corrispettivo del cartaceo Dungeons & Dragons. In questo gioco di ruolo non esiste infatti il bianco e il nero, ma al contrario qui troviamo molteplici sfumature di grigio pensate per arricchire il background del nostro personaggio.

La nostra avventura ha inizio all’interno di un Nautiloide, in pratica un’astronave capace di viaggiare tra i piani governata dai mind flayer, luogo in cui verremo infettati da una loro larva capace di trasformarci, in pochi giorni tramite il processo di ceremorfosi, in un essere identico a loro. Il destino ha molto di più in serbo per noi, e nel corso dell’avventura, composta da tre macro capitoli che potremo sviscerare nei modi più diversi (per dirvi, la nostra prima run è di 120 ore e non abbiamo fatto tutto) verremo coinvolti nostro malgrado nel complotto ordito contro la città di Baldur’s Gate, cercando contestualmente di salvare la pellaccia contro mind flayer, Githyanki, demoni, umani e molto altro ancora.

Il canovaccio narrativo messo in piedi da Larian è davvero mastodontico, ed è composto da così tanti percorsi che è difficile mettere in piedi una run completamente uguale alla precedente, a patto di non essere dei veri e propri maniaci del controllo pronti a segnare ogni scelta, ogni dialogo od ogni azione compiuta. 

Baldur’s Gate III e l’Importanza del Gameplay 

Torniamo per un momento alle origini e partiamo dal processo di creazione del personaggio. In questo menù ognuno di noi avrà la possibilità di creare il proprio alter ego preferito, scegliendo tra una buona quantità di personalizzazioni messe in campo dagli sviluppatori, verso cui è doveroso esprimere un plauso giacché ci sono tantissime razze e sotto razze presenti, ognuna con qualche capacità passiva pronta a diversificare la nostra esperienza sul campo.

Oltre a questo, importantissima anche la scelta della classe, questo perché con i punteggi caratteristica dedicati finirà per cambiare la vostra esperienza anche in merito ai dialoghi. Un elemento piacevole aggiunto da Larian riguarda la possibilità di creare un personaggio seguendo le Origin Story, un po’ come in Divinity Original Sin 2, in cui era possibile selezionare anche uno dei companion e usarlo come protagonista della narrazione, facendo insomma le scelte al posto loro.

Noi abbiamo fatto una run interpretando Oscura Pulsione, nuovo personaggio inserito da Larian che consigliamo di approfondire, sebbene anche Shadowheart, Gale, Wyll e Lae-Zel propongono dei background estremamente interessanti, complice il loro rapporto intrinseco con personaggi famosi presenti nel mondo di Dungeons & Dragons. In merito alla storia, è giusto dirvelo senza fare spoiler, bisogna assolutamente sottolineare quanto Larian abbia avuto rispetto del franchise, inserendo citazioni, riferimenti e personaggi che hanno strappato più di qualche emozione a chi, come noi, ha avuto il piacere di giocare tutti i titoli del franchise.

Tornando al gameplay, Baldur’s Gate III per certi aspetti sembra un reskin di Original Sin 2 e questo è un bene dato che tornano in auge molteplici azioni che, alla fine, capita di fare almeno una volta anche nel cartaceo D&D. I Larian sono stati abilissimi nell'evidenziare anche gli elementi più piccoli e apparentemente insignificanti di una sessione di gioco: saltare, nascondersi, tirare un oggetto. Anche in Baldur's Gate 3 possono creare quell’esperienza così divertente da emulare in qualche modo ciò che accadeva per l’appunto nel cartaceo (in funzione della benevolenza del master, sia chiaro).

Il titolo di Larian offre proprio un’esperienza di gioco di ruolo genuina, in cui verrebbe quasi voglia di consigliarvi di giocare senza nemmeno caricare, a patto di non morire e lì tocca farlo per forza. Personalizzare l’esperienza significa anche scegliere con cura i membri del party, decidere in modo oculato chi portare e con che classe, questo perché fa sempre comodo avere maghi capaci di lanciare magie situazionali, come parlare con gli animali oppure con i morti. Ecco, potrebbe sembrarvi sciocco, ma non avete idea di quanto vi cambi il gioco utilizzando queste due abilità, o come potrebbe rivelarsi utile avere un bardo nel gruppo pronto a intrattenere i passanti per guadagnare qualche moneta in più.

Baldur’s Gate III è un gioco che, paradossalmente, si adatta sia a giocatori entry level, che potranno decidere di giocarlo alla difficoltà base godendosi tutto quasi senza impegno, sia a giocatori hardcore, quelli che vogliono proprio vederle tutte, anche esaminare continuamente i propri nemici per scoprire i loro punti di forza e debolezza.

I dettagli che fanno la differenza 

Uno dei tanti successi di Larian, guardando non solo Baldur’s Gate chiaramente, è quello di riuscire spesso a creare mondi estremamente vivi, capaci insomma di restituire al giocatore la reale sensazione di trovarsi in un luogo caratterizzato nel migliore dei modi. 

Dagli scenari di più ampio respiro, come l’acquitrino che ospita la casa di Zia Ethel o il tempio occupato dai goblin, tanto per fare due esempi, ai luoghi al chiuso, si percepisce perennemente la sensazione che ci sia qualcosa da scoprire. Ogni libro, ogni anfratto, ogni oggetto posizionato da qualche parte trova il suo scopo in qualche modo, anche se si tratta di lore come la lettura di un libro, o di sciacallaggio molesto utile a ricavare qualche moneta extra.

Il level design è pazzesco, come il comparto di illuminazione e le texture dedicate agli ambienti e ai personaggi, in una giostra di luci e ombre pronte a regalare immagini vivide e spettacolari, capaci di farci apprezzare anche le cutscene con grafica ingame. Qualche difetto emerge per colpa di compenetrazioni ambientali, o magari nelle partite in coop in cui a volte i personaggi dei nostri amici finiscono per entrare nell’inquadratura, questo perché non previsti dalla scena scriptata di quel momento. Ogni tanto fa ridere, però a volte stona un po’ e rompe il ritmo e l’enfasi della scena.

Grazie all’esperienza con Original Sin 2 è cambiata anche la gestione dell’inventario, che risulta molto più responsivo e offre tanti spunti per cose da fare, tipo portarsi una candela da usare per infondere l’arma con i danni da fuoco, oppure raccogliere barili e pozioni da lanciare ai malcapitati per creare terreni difficili da far sfruttare agli spellcaster. 

Il lavoro monumentale svolto per le linee di dialogo, tutte doppiate in modo egregio in lingua inglese, nonché sottotitolate per intero in italiano (il che non è una sciocchezza per i giochi di ruolo), garantisce al giocatore di vivere un’esperienza così genuina che vi farà persino passare la voglia di saltare i dialoghi, anche perché troviamo doppiatori del calibro di J.K. Simmons, Jason Isaacs e persino Doug Cockle.

Sulla nostra configurazione di prova il gioco non ha tentennato nemmeno per un secondo, proponendo uno spettacolo su schermo fluido anche durante le situazioni più concitate, il che non è scontato soprattutto all’interno di titoli come quelli di Larian, in cui gli effetti sommati a schermo ogni tanto creano dei sovraccarichi importanti, tipo gli effetti di stato sullo scenario. Ecco, forse un vero neo da riuscire a sistemare riguarda la telecamera, questo perché la sua gestione è un po’ vincolata al personaggio selezionato, motivo che ogni tanto vi costringe a utilizzare la visuale tattica per spostarvi da un luogo all’altro, soprattutto nei combattimenti che sfruttano la verticalità.

La longevità del prodotto potrebbe spaventarvi, in termini di ore che non scriviamo perchè non avrebbe senso, dato che l'approccio è così singolare da renderci incapaci di darvi una tempistica netta e precisa. Quello che possiamo dirvi, a discapito di ciò, è che Baldur's Gate 3 è così rigiocabile al punto da accontentare i classici completisti amanti degli achievement, sia i più curiosi vogliosi di scoprire i vari "What If" sparsi nel gioco. Ogni scelta porta a una conseguenza, perciò fate attenzione a cosa sceglierete e salvate spesso, questo è l'ultimo consiglio spassionato che ci sentiamo di darvi!