The Equalizer - Il Vendicatore

Correvano gli anni '80 ed un giustiziere a New York, soprannominato The Equalizer, cercava con il volto di Edward Woodward di rimettere in linea delinquenti di ogni sorta, sorpassando i confini che la polizia non era in grado di sconfinare. Di acqua sotto i ponti ne é passata tanta e quest'oggi il regista Antoine Fuqua cerca di portare sul grande schermo la sua interpretazione del temibile giustiziere, dandogli per l'occasione il volto di Denzel Washington.

Come molti di voi ricorderanno, Fuqua e Washington lavorarono a stretto contatto nel film “Training Day”, pellicola che nel 2002 fece ottenere l'Oscar al secondo come Miglior Attore Protagonista. Questa odierna “reunion” sarà riuscita a ricreare la giusta mistura esplosiva di quel tempo, così da scatenare una buona reazione del pubblico? Vediamolo insieme.

The Equalizer - Il Vendicatore


L'abito non fa il monaco



Robert McCall sembra l'uomo più normale del mondo. Ha un lavoro onesto in un centro commerciale, aiuta i suoi colleghi nel momento del bisogno ed ama leggere tanti libri. Unico difetto, se così si può dire, non riesce proprio a starsene seduto con le mani in mano quando qualcuno é in difficoltà.

Sarà infatti il suo incontro/scontro con la piccola Teri (Chloe Moretz), una prostituta al soldo della mafia russa, a far partire la brocca al temibile giustiziere, trascinandolo in una spirale di morte che coinvolgerà spietati sicari, ed ogni possibile promotore della criminalità di Boston. Servirà questo esercito di addestrati assassini a fermare il nostro impiegato modello? Nemmeno per sogno!

Questo perché il copione prevede che il suddetto sia nientemeno che il più “cazzuto” degli agenti della CIA, ritiratosi dal lavoro dopo aver finto la sua morte per cause personali, che non stiamo qui a raccontarvi. Fatto sta che il mestiere del killer é come andare in bicicletta, a ricominciare serve solo un po' di pratica. Ed ecco che film incomincia ad animarsi, richiamando il tipico cliché vissuto in tantissime altre pellicole (tanto per citarne una, Man of Fire, ma sarebbe anche pertinente Io vi Troverò) dove il protagonista é paragonabile ad una macchina da guerra inarrestabile, nel caso odierno munito della freddezza ed abilità di poter uccidere degli spietati criminali in ben 22 secondi e spiccioli.

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Questo elemento, acuito dalle innumerevoli scene di rallenty durante le fasi d'azione, rendono lo script del film decisamente poco credibile, tanto da castrarne la genuinità, che va perdendosi nei soliti stereotipi dell'eroe invincibile senza macchia e senza paura. Non a caso la sceneggiatura di Richard Wenk, tra l'altro coinvolto nel secondo capitolo dei Mercenari, ci mostra un prodotto che facciamo fatica ad inquadrare non tanto come genere, quanto più per l'intera resa estetica un po' vuota che non é riuscita a procedere, di pari-passo, con la trama, anch'essa un po' cadente nei contenuti.

Certo, un po' di filosofia dietro alla costruzione della storia c'é, soprattutto quando viene richiamata una delle frasi di Mark Twain citata all'inizio del film. Il concetto che cerca di farsi strada é che una persona può scegliere il suo ruolo nella storia, solo però quando si rende effettivamente conto per quale motivo la medesima vuole combattere determinate battaglie. Il problema é che tale concetto fa fatica a reggere tutto il plot della vicenda, lasciandosi spesso andare irrimediabilmente nel momento in cui entrano in gioco le scene d'azione.

Va benissimo che un uomo tenti di fare il possibile per impedire qualsiasi tipo di sopruso, ma che il medesimo riesci a scorrazzare in città come una sorta di supereroe (quanto piace agli americani questo stereotipo?!), così abile da far impallidire anche l'uomo pipistrello, ecco, a lungo andare ci ha reso la visione un po' pesante e particolarmente lontana da pellicole dello stesso genere, due delle quali vi abbiamo citato poc'anzi.

Quando il troppo storpia..



Il problema di Fuqua é stato probabilmente osare troppo, o forse faremmo proprio meglio a dire esagerare, visto che il protagonista non fa altro che salire la catena alimentare della criminalità assediando qualsiasi avamposto, bettola o qualsivoglia povero cristo si trovi in mezzo al suo cammino, tra l'altro senza ricevere alcun tipo di ferita ragguardevole che potesse donare, allo spettatore, un minimo di suspense in più.

Senza raccontarvi la fine, che comunque é così palese da poterla immaginare, ci siamo trovati ad uscire dalla sala con uno strano senso di inquietudine addosso, accompagnato dalla tristezza per l'aver visto un attore portato come Denzel Washington rattoppato in un ruolo “nonsense” e molto estemporaneo, tanto da farci rimpiangere il detective Alonzo Harris. Un vero peccato.

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