Solo: a Star Wars Story

Storia complessa quella di Solo: A Star Wars Story. Guardando le due ore offerte dalla pellicola è impossibile non portare alla mente le notizie circolate nei mesi che hanno preceduto la sua uscita. Phil Lord e Chris Miller (The Lego Movie) inizialmente alla regia di questo spin-off, dopo circa il 70% di riprese effettuate mollano per incongruenze con Disney; a prendere il loro posto ci pensa il veterano Ron Howard che si occupa di girare (o rigirare) le scene mancanti e del montaggio.

Un piccolo Frankenstein che, unito ad un Alden Ehrenreich che non ha mai fatto breccia come Han Solo, ha creato più di una preoccupazione ai fan, soprattutto quelli storici, già scottati da un Episodio VIII che ha fatto molto parlare di sé.

Dopo la première di Cannes avvenuta il 15 maggio (prima volta storica al Festival per un film della saga!) abbiamo avuto anche noi la possibilità di vedere in anteprima la pellicola diretta dall’ex Happy Days. Salite insieme a noi sul Falcon!

Solo: a Star Wars Story

Origini da enciclopedia

Solo: A Star Wars Story ci racconta nientemeno che le origini di Han Solo, personaggio interpretato da Harrison Ford sia nella trilogia originale che nella trilogia sequel. Un film che scava nel passato dell’eroe della ribellione e futuro amante di Leia, portando sul grande schermo la nascita di una vera e propria icona.

Partiamo con il rincuorare coloro che pensavano al disastro o alla disfatta. Solo non è un brutto film, anzi, ha dei passaggi interessanti, un discreto ritmo, delle trovate che faranno piacere ai fan ( e che si incastrano con la continuity) e più in generale un incedere che intrattiene dall’inizio alla fine.

Il problema di Solo sta nel suo essere eccessivamente “scolastico”, portando su schermo in maniera piuttosto asciutta e consequenziale i vari momenti chiave del film, legandoli tra loro senza quella voglia di osare o proporre qualcosa in grado di catturare la magia del franchise. Manca una vera e propria anima a questo film, qualcosa in grado di folgorare e restare impresso. Tutto scorre in maniera piuttosto timida, vacillando tra momenti action e il comedy in maniera confusa (e qui, sicuramente,ha inciso la differente visione dei registi).

Gran parte di questi problemi sono anche da ricercare all’interno di un cast che tolti i personaggi di Lando Calrissian (Donald Glover) e Dryden Vos (Paul Bettany), non riescono mai ad emergere per carisma. Peccato soprattutto per Woody Harrelson e il suo Tobia Beckett, un personaggio molto interessante ma in parte limitato da una sceneggiatura che non riesce a valorizzarlo nel modo corretto, l’impegno da parte dell’attore però si è visto. Bocciato invece lo Han Solo di Alden Ehrenreich che non riesce proprio a convincere sia per mimica facciale che per movenze.

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Anche in questo caso bisognerebbe andare ad esplorare se parte delle cause arrivano dallo script, ma in generale rimane un no abbastanza convinto per il ragazzo. A livello visivo invece, come dicevamo, il titolo mostra dei momenti interessanti sotto l’aspetto della fotografia e delle inquadrature (e qui la mano di Howard si sente eccome) ma in linea generale, anche in questo caso, ci troviamo davanti ad una serie di momenti che creano il giusto grado di tensione, ma tenendo sempre ben distaccato lo spettatore da quello che sta osservando. Non c’è pathos, drammaticità, esaltazione.

E a questo punto sono sicuro che vi starete chiedendo “come fate a dire che non sia un disastro?”. La risposta è piuttosto semplice: c’è intrattenimento. Nei difetti palesi sopra esposti c’è comunque una certa fedeltà all’universo di Star Wars, ma soprattutto una serie di momenti action ben realizzati. Inoltre, l’incontro tra “Chube” e Han o la prima salita a bordo del Millenium, sono momenti che faranno davvero piacere ai fan. Se siete tra coloro che sono alla ricerca del passato dell’eroe, sotto questo punto di vista non rimarrete sicuramente delusi.