Mantis, recensione: un action-movie coreano tra assassini e codici d'onore

Spin-off di Kill Boksoon (2023), l'action coreano vede un giovane ma già esperto killer cercare di cambiare le regole nella società degli assassini. Su Netflix.

di Maurizio Encari

Han-ul è un giovane ma già esperto sicario alle dipendenze della MK ENT, conosciuto con il nome in codice di Mantis. Dopo alcuni anni si sente limitato dalle regole dell’organizzazione e manifesta l’intenzione di rescindere il contratto, con l'obiettivo di mettersi in proprio. Per trattenerlo, il suo boss Min-kyu decide di mandarlo in vacanza e gli promette che al suo ritorno garantirà anche "un'audizione" alla sua cara amica Jae-yi, della quale Han-ul è da sempre innamorato.

Quando scopre che Min-kyu è stato ucciso e la MK ENT si trova nel caos, la situazione rischia di precipitare. Con le regole ormai infrante, Han-ul decide di fondare una propria compagnia di assassini a pagamento. Inizialmente tutto procede per il meglio, ma una serie di eventi finisce per mettere Han-ul e Jae-yi l'uno contro l'altra, in una sfida senza esclusione di colpi per comprendere finalmente chi tra i due sia il migliore.

Mantis: a tutta azione

Soltanto un paio di anni fa era sbarcato su Netflix un interessante action-movie di produzione coreana, dal suggestivo titolo Kill Boksoon (2023), la storia di una sicaria professionista - e madre single - al servizio di una misteriosa compagnia. Un film per certi versi debitore del post-modernismo action di John Wick, che ottenne un buon successo sulla piattaforma di streaming, tale da garantirgli la realizzazione dello spin-off di cui vi parliamo in quest'articolo.

Mantis è ambientato nel medesimo universo narrativo e la stessa Boksoon appare in un fugace cameo, anche se la storia si concentra su nuovi personaggi, pronti a salire alla ribalta nel mondo dei killer su commissione. Come avrete potuto notare dalla sinossi sopra esposta, la trama è ricca di spunti e può apparire potenzialmente complessa, anche se poi nel relativo svolgimento si muove su un paio di linee guida abbastanza semplici da sbrogliare. Una narrazione propedeutica alla resa dei conti finale, con un tutti contro tutti a tre sulla scia de Il buono, il brutto, il cattivo (1966). 

Qua non sono le pistole o i fucili, bensì le armi bianche a caratterizzare i duelli: siano queste lame più o meno affilate, spade, bastoni o ancora i falcetti usati da Mantis -  a ricordare l'insetto a cui si ispira il nome - l'anima action si basa proprio su coreografie dove i corpi sfuggono, cercando al contempo di sferrare il colpo risolutore. Sequenze veloci e scattanti, tra brevi piano sequenza e luci al neon, per quello che è l'esordio alla regia dell'attore Lee Tae-sung, subentrante al più esperto Byun Sung-hyun rimasto però nelle vesti di co-sceneggiatore.

Un divertimento indolore

Il film riesce a intrattenere per quasi due ore di visione, anche se a tratti l'eccessiva leggerezza - che lo distingue dal predecessore, indirizzato su toni più cupi - rischia di depotenziare i personaggi, alcuni dei quali finiscono per risultare delle involontarie macchiette. Allo stesso modo la forzata relazione romantica tra i due amici / amanti poi rivali potenzialmente mortali attraversa una serie di step prestabiliti, tra sentimenti che ritornano e l'attaccamento a quell'onore tipico della cultura orientale, coreana inclusa.

Il ruolo principale è affidato a Im Si-wan, membro della band k-pop ZE:A non nuovo a esperienze su grande schermo, in grado di attirare con quel viso pulito i favori del pubblico femminile; ad affiancarlo Park Gyu-young, diventata internazionalmente nota per via della partecipazione all'ultima stagione di Squid Game. Il cast in generale funziona, anche se come detto si ritrova confinato in personaggi che in più occasioni sfiorano la caricatura, mitigando eccessivamente i toni per una narrazione che finisce poi per incupirsi bruscamente nella spettacolare "final battle".