Mango: su Netflix una commedia romantica come tante altre
Produzione danese, vede protagonista una manager d'albergo che deve acquistare un terreno in Andalusia, salvo innamorarsi di colui che dovrebbe venderglielo.
Lærke è un'ambiziosa manager d'albergo danese che non riesce mai a staccare definitivamente la spina, costantemente attaccata al telefono e consumata dai progetti di lavoro. Un'ossessione che ha rovinato anche la sua vita privata: l'ex marito si è risposato da tempo con una donna più giovane ora incinta e ha un rapporto complicato con la loro unica figlia Agnes, ora diciottenne.
In Mango un giorno la sua boss decide di affidarle il compito di mandarla a Malaga per comprare i terreni dove si trova una piantagione di mango, per costruirvi poi sopra un resort di lusso. La protagonista decide di portare con sé Agnes, nella speranza di rinsaldare quel legame sempre più incrinato. Ad attenderle in terra andalusa trovano Alex, ex avvocato danese loro connazionale, diventato proprietario della piantagione in seguito a un evento drammatico di qualche anno prima. L'uomo si rifiuta categoricamente di vendere il terreno ereditato e tra lui e Lærke scatta un'inaspettata scintilla che complica tutto.
Mango: dolce e stucchevole come previsto
Il nuovo film Netflix diretto dal regista iraniano-danese Mehdi Avaz, che ricordiamo tra l'altro per il mediocre Toscana (2022) e per la più gradevole rom-com a sfondo musicale A beautiful life (2024), è l'ennesima commedia romantica preconfezionata, pronta a seguire più o meno pedissequamente ogni singolo cliché del genere, senza aggiungere nulla di minimamente originale.
Una storia d'amore in divenire prevedibile fin dal primo fotogramma, condita con la classica sottotrama del rapporto madre-figlia da (ri)sanare, il tutto ambientato in scenari patinati che sembrano curati ad hoc per esaltare l'anima turistica dell'ambientazione. Un'operazione usa e getta che si dimentica nell'arco di poche ore, pensata per riempire il catalogo della piattaforma di streaming piuttosto che per lasciare un'impressione duratura nella mente e nel cuore dello spettatore, ben conscio di quell'epilogo già scritto che chiuderà il racconto.
La protagonista workalcolic che ha tralasciato ogni cosa in nome della carriera, il nuovo "uomo dei suoi sogni" che cela una tragedia nel suo passato, la figlia adolescente alla ricerca del proprio posto nel mondo e la nuova amica (o forse qualcosa di più, ma questo viene lasciato colpevolmente inesplorato) che completa quel quadretto idilliaco. Poco importa se il telefonatissimo malinteso dell'ultima mezzora rischi di rovinare tutto, giacché il pubblico avrà intuito come nessuna minaccia possa mettere realmente in discussione il classico lieto-fine.
Opposti che si attraggono
Naturalmente non manca nemmeno il dualismo tra la sana vita di campagna, con quella piantagione di mango quale rifugio sicuro dallo stress della città, e quel mondo degli affari senza scrupoli pronto a tutto pur di calpestare quell'oasi salvifica. La sceneggiatura sembra scritta tramite la logica degli algoritmi, senza nessuno spunto effettivamente nuovo che cerchi almeno in minima parte di regalare qualche effettiva sorpresa.
A conti fatti Mango, un titolo che va detto è già un programma, sembra uno di quei tipici film cartolina, realizzato unicamente per sfruttare ed esaltare le bellezze paesaggistiche inserendo all'interno una love-story di routine. Love-story che in quest'occasione non può nemmeno contare sull'alchimia passionale tra i due protagonisti: la sintonia tra i pur altrove convincenti Josephine Park e Dar Salim è ai minimi storici, con tutto ciò che consegue in una confezione dove i sentimenti dovrebbero essere il focus principale dell'insieme.